bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

venerdì 10 maggio 2019

Lei non aveva parlato spinta dall’odio contro mio padre o il suo; aveva solo riso di loro, stesa sul mio letto circondata dai suoi capelli dorati.

Rebecca West è una meravigliosa scrittrice.
certamente, questa volta, Alessandro Baricco ha avuto ragione.
non so se La famiglia Aubrey è il migliore romanzo del 900 ma certamente è un bel romanzo.
ci si muove sull'onda di una narrazione intelligente e ricca, colma di spirito e di musica, in moto continuo tra un tempo della narrazione e il tempo immaginato di chi scrive, con un'andatura piacevolissima che punteggia la lettura di domande sul passato, poi sul presente, sul tempo del romanzo e di chi legge, tra annotazioni argute e dialoghi audaci.
una splendida inaspettata scoperta.

«Che papà giudiziosi devono aver avuto quelle signore». 
«Ma come fai a dirlo?», chiesi. 
«Non avrebbero potuto avere tutti quei meravigliosi vestiti e quei gioielli e quelle piume e quei mantelli, né avere quell’aria così serena e soddisfatta, se i loro papà non fossero state persone tranquille e non avessero provveduto a tutte queste cose». 
Questa era un’idea nuova per me, e ne fui colpita. Per temperamento ero portata ad accettare il patriarcato come qualcosa di naturale. «Ma i papà hanno così tante cose a cui pensare», dissi vagamente. «Davvero?», ribatté lei. «Si riservano poco tempo per pensare, fanno una tale questione di ogni cosa. Oh, davvero», disse ridendo, «sono così stanca di tutto questo. È come con i tori. Perché mai un toro dovrebbe muggire e battere a terra gli zoccoli e soffiare dalle narici e inseguire i poveretti che attraversano il campo solo perché è un toro? Non credo ci siano più difficoltà a fare il toro di quante ce ne siano a fare la mucca». Sollevò i piedi e si sdraiò sul letto, i ricci dorati che si riversavano sul mio cuscino, e rise rivolta a me. «Sciocchi papà, davvero sciocchi». 
«Ma la mamma dice che la mente degli uomini è completamente diversa dalla nostra, non migliore, ma diversa, e sanno fare delle cose che noi non siamo in grado di fare». «Oh, non sto parlando del loro lavoro», disse Rosamund, «sono le situazioni in cui si mettono. Tuo padre continua ad agitarsi per il mondo che è destinato alla rovina. Ma cosa significa se non che un mucchio di gente vivrà come lui ha fatto vivere te e la tua famiglia? E se mio padre è così cupo perché la vita è terribile, perché fa così poco per renderla meno terribile per la mia mamma e me? Se è così indignato al pensiero di tante brutture, come mai non gli viene in mente che la mamma e io abbiamo le stesse probabilità di esserne toccate di chiunque altro e non fa in modo di farci vivere serenamente?». «Sì, sono orribili, se ci pensi davvero», dissi io. «Ma non possono fare altrimenti. Nessuno insegna ai tori a muggire e a scalpitare, è una cosa innata. Ora però dobbiamo andare. La mamma ci sta chiamando». Non diede il minimo accenno ad alzarsi, e continuò: «E pensa a quanto sembreranno stupidi col passare del tempo». «Quando? Perché?», chiesi, con una certa asprezza. Avevo l’impressione che fossero discorsi irriverenti. «Be’, stando a quel che dicono il mondo è destinato ad andare sempre peggio», spiegò. «Sia il tuo papà che il mio sono molto intelligenti. Quindi la vita non è così dura oggi come lo sarà quando saremo cresciute. Ma i nostri papà se la stanno cavando molto bene nel presente. Qualcuno arriva sempre a salvare tuo padre all’ultimo momento, e il mio guadagna un mucchio di soldi. Ma per quel che riguarda te e me, e Cordelia e Mary e Richard Quin, tutti i problemi che i nostri padri hanno previsto si abbatteranno su di noi. Saremo noi che dovremo sopportare le prove più dure e compiere gesti eroici». Proruppe in una risata che era maliziosa, ma aveva una nota di dolcezza. «E allora i papà sembreranno solo dei gran pasticcioni». 
Ero stupefatta mentre scendevamo le scale. Non era una conversazione tanto sorprendente per un periodo in cui il femminismo si stava diffondendo come un incendio in una foresta, anche in famiglie come la nostra, dove veniva violentemente contestato dai padri e le madri avevano troppo da fare per pensarci, famiglie nelle quali non arrivava alcun genere di letteratura di propaganda. Dopo tutto, solo un anno o due ci separavano dall’età in cui saremmo potute andare all’università, se ne avessimo avuta l’intenzione, ed era probabile che molte universitarie all’epoca parlassero dei loro padri con la stessa mancanza di rispetto, anche se non con quella noncuranza. Ma io ero sbalordita come alla festa di Nancy, quando Rosamund, che tutti credevamo priva d’orecchio musicale, si era voltata verso di me facendomi notare che il piano era leggermente scordato. Non criticava mai nessuno. I suoi commenti erano invariabilmente benevoli. Quando noi ci eravamo scagliati contro Cordelia per il suo modo di suonare il violino, lei ci aveva sempre fatto notare (cosa che in seguito si dimostrò essere il vero nocciolo della questione) che era molto affascinante quando suonava, e quasi nessuno aveva dei bei gomiti mentre i suoi erano bellissimi. Ma ora Rosamund aveva inferto un colpo d’ascia alla radice di un albero che io non mi curavo di identificare; e mi dava anche fastidio che lei si prendesse gioco di quel che provocava il suo sdegno. Nella nostra famiglia, quando si odiava lo si faceva senza alcun senso dell’umorismo, e ora penso che quello sia l’unico modo leale di combattere. Non si colpiscono le persone sotto la cintola né le si priva della loro dignità. Ma dovevo ammettere che in questo caso era diverso. Lei non aveva parlato spinta dall’odio contro mio padre o il suo; aveva solo riso di loro, stesa sul mio letto circondata dai suoi capelli dorati. 

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