bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

sabato 29 novembre 2008

a un padre, da una figlia



Il Figlio
di Pablo Neruda

Ahi figlio, sai, sai
da dove vieni?

Da un lago di gabbiani
bianchi e affamati.

Vicino all'acqua d'inverno
io e lei sollevammo
un rosso fuoco
consumandoci le labbra
baciandoci l'anima,
gettando al fuoco tutto,
bruciandoci la vita.

Così venisti al mondo.

Ma lei per vedermi
e per vederti un giorno
attraversò i mari
ed io per abbracciare
il suo fianco sottile
tutta la terra percorsi,
con guerre e montagne,
con arene e spine.

Così venisti al mondo.

Da tanti luoghi vieni,
dall'acqua e dalla terra,
dal fuoco e dalla neve,
da così lungi cammini
verso noi due,
dall'amore terribile
che ci ha incatenati,
che vogliamo sapere
come sei, che ci dici,
perché tu sai di più
del mondo che ti demmo.

Come una gran tempesta
noi scuotemmo
l'albero della vita
fino alle più occulte
fibre delle radici
ed ora appari
cantando nel fogliame,
sul più alto ramo
che con te raggiungemmo.

e così vivevano, coprendo
la metà degli esseri, come pesci
del più strano mare, e nelle fangose
immensità io incontrai la morte.
La morte che apriva porte e sentieri.
La morte che scivolava sui muri.




ho fatto la mia parte, come figlia.
"Da tanti luoghi vieni,
dall'acqua e dalla terra,
dal fuoco e dalla neve,
da così lungi cammini
verso noi due,
dall'amore terribile
che ci ha incatenati,
che vogliamo sapere
come sei, che ci dici,
perché tu sai di più
del mondo che ti demmo".
da quel luogo vengo e verso quello mi sono incamminata.
e coloro che sono venuti dopo di me, da me, sono più, molto di più del mondo dal quale provengo.
perchè sono l'incontro di universi diversi che in un istante si sono incontrati e fusi.

ora nevica, anche sul cimitero.
"nelle fangose
immensità io incontrai la morte.
La morte che apriva porte e sentieri.
La morte che scivolava sui muri".
nevica e io ho freddo, davvero freddo.

un anno fa lessi questi pensieri davanti a molte persone.
nessuno mi ha aiutato a ricordare.
ma non conta, lo sapevo.
l'ho scritto per me.


"è una condizione personale quella che vi racconto oggi, ma non avrei altre occasioni, oggi è il giorno del funerale di mio padre.
permettetemi di dirvi che questa mia esperienza con i miei genitori è stata impegnativa, dolorosamente emotivamente impegnativa. ho visto il loro decadimento, fisico, ma questo è nel fisiologico andamento delle cose, ma soprattutto ho assistito a quello mentale. l'ho visto in mia madre che si è spenta fino a non riconoscermi più, fino a non riconoscere i miei figli. ma il vero dolore, per me, è ciò che è venuto dopo: ovvero smettere di ricordare. per stare vicino a una persona, una persona che è tua madre, che si assottiglia e impoverisce ogni giorno di più fino alla perdita completa del senso di sè, è stato necessario per me, cominciare a dimenticare, e ciò che faccio ora, ogni giorno, con mia madre, è dimenticare. forse il più grave torto che io possa averle mai fatto. dopo la sua morte, dopo il suo piccolo e scarno funerale di fine agosto, dopo tutto, è arrivato il mio dimenticarmi di lei. quello che è successo con mio padre è simile e parallelo. ho visto il suo corpo perdere la sua forza e le sue funzioni ma, al contempo, ho visto mio padre, con mille conflitti e perplessità, combattere fino all'ultimo, fino all'inverosimile. poi l'ho visto spegnersi, lentamente, in ciò che di più fulgido possedeva: la sua mente, il suo capire, il suo pensare, il suo comunicare. l'ho visto non saper più leggere il giornale, l'ho visto con lo stesso libro sotto il braccio per oltre un anno, lui, proprio lui, l'ho visto perdere il filo di un discorso fino a non sapere più usare le parole e dover contare con le dita, uno due tre, per esprimere ciò che avrebbe voluto. ciò che ho visto è qualcosa che non posso che cercare, ancora una volta, di dimenticare.
ciò che sono a chiedere qui, oggi, a tutti voi, voi che siete qui, voi che lo avete conosciuto, che lo avete avuto come padre, come fratello, come zio, come nonno, come amico, come confidente, come interlocutore, come psicoanalista, come paziente, come collega, come compagno di viaggio, come intrattenitore, ciò che davvero con tutto il cuore, oggi, vi chiedo, è di aiutarmi a non dimenticare."
1 dicembre 2007

giovedì 13 novembre 2008

voglio una vita...da Ulrike Meinhof



"Una pietra lanciata contro una vetrina è un atto criminale, mille pietre sono un’azione politica". così scrive Ulrike Meinhof, giornalista borghese progressista della Germania fine anni 60, fondatrice, insieme a Andreas Baader della RAF (Rote Armee Fraktion), in particolare della banda Baader-Meinhof.
quasta è storia.
ma non ve la racconto la storia. andate a vedervi il film. andate. c'è da capire da pensare da imparare da emozionarsi e rimanere attoniti.




si sono affascinata, lo ammetto.
Ulrike mi affascina. lucida, ideologa rivoluzionaria, solida, strutturata nel pensiero. è lei che dirige il gruppo, è lei che lo tiene insieme con la forza dell'idea politica dominante, fanatica distruttiva, ma dominante. Baader sembra solo un borderline sociopatico, difficile da tenere a bada, elemento necessario alla strutturazione della lotta armata ma non della sua ispirazione politica e ideologica. la sua ribellione alle regole viene semplicemente deviata dalla deliquenza comune e incanalata in quella politica sovversiva, fortemente influenzato da Gudrun Ensslin, la sua donna, l'anima anarchica femminile autentica del gruppo.
ma il pensiero è di Ulrike, è lei che pensa, è lei che ipotizza, è lei che costruisce, è lei che elabora il manifesto programmatico del gruppo armato. non sembra convinta dall'inizio della necessità di una svolta dalla lotta persuasiva della parola a quella definitiva degli atti dinamitardi nei luoghi del potere.
ma la svolta c'è, arriva, repentina, improvvisa, istintiva, in una frazione di secondo: dopo un istante di riflessione, salta fisicamente e politicamente la finestra, la barricata da dove poco prima era fuggito Andreas Baader, in una delle prime azioni di lotta della banda.
la giornalista è diventata una terrorista.
"Opposizione è quando dico: questo non va bene per me. Resistenza è quando mi assicuro che ciò che non va bene per me non accada mai più."
erano anni impressionanti quelli. c'era tutto in subbuglio. nel mondo la guerra era accesa, Vietnam, Cambogia, Palestina. finisce la primavera di Praga. morivano Bob Kennedy e Martin Luther King, nell'america fanatica che temiamo anche oggi. nel '67 viene ucciso Che Guevara. il terreno dell'Europa era smosso, sovvertito, dai movimenti politici studenteschi. la baader meinhof era un'evoluzione inevitabile. era una scheggia mobile attiva incontrollabile che nasceva, di fatto, dal pensiero che animava milioni di persone. e Ulrike, insieme ai suoi compagni, ha incarnato, fino a morirne, l'ideologia folle e fantastica di sovvertire le sorti di un mondo sbagliato.
“Noi abbiamo imparato che continuare a parlare, senza agire, è un errore”.
"Buttiamo bombe nella coscienza delle masse. Coloro che sono oppressi lo sanno, ma reprimono questa consapevolezza perchè si identificano con i loro oppressori fino a quando li ritengono invincibili."
poi, si sa, storicamente inevitabile, il tracollo. i primi arresti, le uccisioni, lo smembramento della prima generazione della Raf. si aprono le porte del carcere di Stammheim per Baader, Meinhof e gli altri e si apre la seconda, drammatica parte della storia. è la discesa agli inferi della banda, la disperazione della detenzione in isolamento, il lento spaventoso deterioramento psico-fisico dei detenuti, il suicidio della Meinhof e le morti sospette, un suicidio collettivo improbabile, degli altri detenuti la notte del fallimento della loro liberazione da parte della RAF attiva all'esterno, nell'alternanza dei processi e dell’attività politica che, malgrado tutto, continuava dietro le sbarre.
c'è dolore nel film. molto dolore. si percepisce che, se gli anni sessanta furono quelli dell'utopia del rinnovamento e dei movimenti, gli anni settanta furono quelli del dolore e del rimpianto. furono la strana normalità di una generazione scesa in piazza per alimentarsi della libertà come violenza, saltando da una finestra in un un'illusione rivoluzionaria, nell’utopia della distruzione del male e del suo potere salvifico sul mondo.
la morte-assasinio-suicidio fa immaginare l'orrore dell'omicidio di stato.
ma fa anche sognare la morte volontaria, libera, senza catene di chi percepisce la fine della propria illusione, condannato a morte dal proprio delirio.
forse è una tragedia che ancora ci riguarda.


INTERVISTA A ULRIKE MEINHOF
sull'educazione dei figli, sulla posizione della donna nella società. poco prima di entrare in clandestinità.
"il privato è politica, l'educazione dei figli è politica, le relazioni umane sono politica perchè mostrano se l'individuo è libero o oppresso, se può agire in modo consapevole o no, se può agire liberamente o no".
http://www.youtube.com/watch?v=k7jEk_f04pE

2046



qualcuno ha visto questo film?
io si.
anni fa. ma è fissato sulla pellicola della mia memoria.
una narrazione struggente bellissima intensa profonda sull'amore, quando l'amore è impossibile viverlo nel momento in cui c'è ma sempre e solo filtrato dal ricordo, come se la vita non fosse mai ORA, ma nell'istante prima, quello perduto, quello che non hai vissuto fino in fondo, quello che hai perso e non torna indietro, quello che ormai è solo un ricordo.
per molti è così. non si vive ora, ma nella memoria di ciò che potevi avere e mai avrai.
"tutti i ricordi sono bagnati di lacrime".

mercoledì 5 novembre 2008

OBAMA, yeah



oggi c'è speranza, speranza per tutti quanti noi.
c'è e io ci credo.
c'è bisogno di fiducia.
I have a dream.

Il discorso di Obama dopo la vittoria

Ciao, Chicago!
Se là fuori c'è ancora qualcuno che dubita che l'America sia un luogo dove tutto è possibile, che ancora si chiede se il sogno dei nostri Fondatori sia vivo nella nostra epoca, che ancora mette in dubbio la forza della nostra democrazia, questa notte è la vostra risposta.
È la risposta data dalle file di elettori che si estendevano fuori dalle scuole e dalle chiese, file mai viste prima da questa nazione, è la risposta che hanno dato le persone che hanno aspettato tre, quattro ore, molti per la prima volta in vita loro, perché erano convinti che questa volta doveva essere diverso, che la loro voce poteva fare la differenza.

È la risposta pronunciata da giovani e vecchi, ricchi e poveri, democratici e repubblicani, neri, bianchi, ispanici, asiatici, nativi americani, gay, etero, disabili e non disabili: americani che hanno inviato al mondo il messaggio che noi non siamo mai stati semplicemente un insieme di individui o un insieme di Stati rossi [Repubblicani] e Stati blu [Democratici]: noi siamo e saremo sempre gli Stati Uniti d'America.
È la risposta che ha spinto quelli che per tanto tempo, da tanta gente, si sono sentiti dire che dovevano essere cinici, spaventati, scettici su quello che possiamo fare, sulla possibilità di mettere le mani sul corso della storia e piegarlo in direzione della speranza di un giorno migliore. Ci ha messo molto ad arrivare, ma questa notte, grazie a quello che abbiamo fatto in questa giornata, in queste elezioni, in questo momento storico, il cambiamento è arrivato in America.
...
Americani, abbiamo fatto tanta strada. Abbiamo visto tante cose. Ma c'è ancora moltissimo da fare. Perciò questa notte domandiamoci: se i nostri figli dovessero vivere tanto da vedere il prossimo secolo, se le mie figlie dovessero essere tanto fortunate da vivere tanto a lungo quanto Ann Nixon Cooper, quale cambiamento vedranno? Quali progressi avremo realizzato?

Questa è la nostra occasione per rispondere a questo appello. Questo è il nostro momento. Questa è la nostra epoca: per rimettere la nostra gente al lavoro e aprire porte di opportunità per i nostri bambini; per riportare la prosperità e promuovere la causa della pace; per rivendicare il sogno americano e riaffermare quella verità fondamentale, che da molti siamo uno; che finché avremo vita avremo speranza: e quando ci troveremo di fronte al cinismo e al dubbio, e a quelli che ci dicono che non ce la possiamo fare, noi risponderemo con quella professione di fede immortale che riassume lo spirito di un popolo: sì, possiamo farcela.
Grazie. Dio vi benedica. E che Dio benedica gli Stati Uniti d'America.

se avete 20 minuti, ascoltatelo dal vivo.
http://elections.nytimes.com/2008/results/president/speeches/obama-victory-speech.html

domenica 2 novembre 2008

ferramenta di zaffiri

Pablo Neruda
la parola penetra con la forza dell'immagine.

Sete di te m'incalza


Sete di te m'incalza nelle notti affamate.
Tremula mano rossa che si leva fino alla tua vita.
Ebbra di sete, pazza di sete, sete di selva riarsa.
Sete di metallo ardente, sete di radici avide.
Verso dove, nelle sere in cui i tuoi occhi non vadano
in viaggio verso i miei occhi, attendendoti allora.


Sei piena di tutte le ombre che mi spiano.
Mi segui come gli astri seguono la notte.
Mia madre mi partorì pieno di domande sottili.
Tu a tutte rispondi. Sei piena di voci.
Ancora bianca che cadi sul mare che attraversiamo.
Solco per il torbido seme del mio nome.
Esista una terra mia che non copra la tua orma.
Senza i tuoi occhi erranti, nella notte, verso dove.


Per questo sei la sete e ciò che deve saziarla.
Come poter non amarti se per questo devo amarti.
Se questo è il legame come poterlo tagliare, come.
Come, se persino le mie ossa hanno sete delle tue ossa.
Sete di te, sete di te, ghirlanda arroce e dolce.
Sete di te, che nelle notti mi morde come un cane.
Gli occhi hanno sete, perchè esistono i tuoi occhi.
La bocca ha sete, perchè esistono i tuoi baci.
L'anima è accesa di queste braccia che ti amano.
Il corpo, incendio vivo che brucerà il tuo corpo.
Di sete. Sete infinita. Sete che cerca la tua sete.
E in essa si distrugge come l'acqua nel fuoco.


Da: Ode al dente di capodoglio
...
oh amore,

sulle labbra
del mare,
affidato
a
un
dente dell'onda,
col
rumore
di
un
petalo
impreciso
(sussurro di ala spezzata
nell'intenso
odore
dei gelsomini)
(amore
d'albergo
semichiuso, buio,
con edere avvinghiate
all'occaso)
(e un bacio
duro come
pietra che assale).
poi
tra bocca e bocca
il
mare eterno,
l'arcipelago,
la collana delle
isole,
e le navi
assediate
dal freddo,
che aspettano
l'animale azzurro delle profondità
australi dell'oceano,
l'animale nato
dal diluvio
con le sue ferramenta
di zaffiri.
...


Lentamente muore



Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni
giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non
rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su
bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno
sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti
all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul
lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire un
sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai
consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente
chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i
giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida
felicità.


Alla tristezza
Tristezza, ho bisogno
della tua ala nera,
c'è troppo sole, troppo miele nel topazio,
ogni raggio sorride
sui prati
e tutto è luce rotonda intorno a me
e tutto, in alto, è come un'ape elettrica.
Perciò
la tua ala nera
dammi,
sorella tristezza:
ho bisogno che si estingua qualche volta
lo zaffiro e che cada
l'obliquo rampicante della pioggia,
il pianto della terra:
voglio
quel tronco spezzato nell'estuario
la vasta casa buia
e mia madre
che cerca
paraffina
per riempire il lume
finché la luce non esalava l'ultimo respiro.

La notte era lenta a venire.
Il giorno scivolava
verso il suo cimitero provinciale
e fra il pane e l'ombra
ricordo
me stesso
alla finestra
che guardavo ciò che non era,
ciò che non succedeva,
e un'ala nera d'acqua che calava
su quel cuore che lì forse
ho scordato per sempre, alla finestra.
Ora rimpiango
quella luce nera.

Dammi il tuo lento sangue,
pioggia fredda,
dammi il tuo volo attonito!
Al mio petto
rendi la chiave
della porta chiusa,
distrutta.
Per un minuto, per
una breve vita,
toglimi la luce e lascia
che mi senta
sperduto e miserabile,
che tremi fra le fibre
del crepuscolo,
che riceva nell'anima
le mani
tremebonde
del-
la
pioggia.





Saprai che non t'amo e che t'amo
Saprai che non t'amo e che t'amo
perché la vita è in due maniere,
la parola è un'ala del silenzio,
il fuoco ha una metà di freddo.

Io t'amo per cominciare ad amarti,
per ricominciare l'infinito,
per non cessare d'amarti mai:
per questo non t'amo ancora.

T'amo e non t'amo come se avessi
nelle mie mani le chiavi della gioia
e un incerto destino sventurato.

Il mio amore ha due vite per amarti.
Per questo t'amo quando non t'amo
e per questo t'amo quando t'amo.