bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

martedì 29 settembre 2015

Lucerna Zurigo San Gallo

che bella la Svizzera.
davvero, non sto scherzando.
certo, rispetto ai miei viaggi in Europa di qualche anno fa...Scozia, Bretagna, Spagna, Croazia e Slovenia, Austria e Repubblica Ceca...due giorni in Svizzera fanno ridere.
ma i tempi sono questi, soldi pochi, come tutti, da 15 gg a 2, dalla Scozia alla Svizzera.
eppure la Svizzera è bella. 
ma inaccessibile.
forse i giorni avrebbero potuto essere 5 ma i costi, soldi pochi, sono esorbitanti.
dormire e, soprattutto, mangiare in Svizzera è un investimento impensabile per una famiglia in difficoltà.
ci abbiamo provato a Lucerna ma, all'arrivo del conto per quattro miseri wuster e una birra, siamo svenuti a terra e il giorno dopo, a San Gallo, abbiamo rinunciato ai ristorantini all'aperto per andare da McDonald's. e ho detto tutto.
eppure, anche il conto di Mc è stato da denuncia. leggevo che il costo di un pasto medio da McDonald's serve da rilevatore del costo medio della vita in ogni singolo paese.
bene.
chiaro come il sole.
bella e impossibile.

Lucerna, luminosa.


 Zurigo, elegantissima (con le vetrate di Chagall da mettersi a piangere dalla bellezza)


 San Gallo, barocca e maestosa.







lunedì 28 settembre 2015

Dance Closing Party

strepitoso finale di partita, lunedì sera ho fatto il pieno di MiTo.
presa da una crisi bulimica, e cogliendo un'occasione ghiottissima di biglietto scontato, prima dell'Hollywood party sono andata al Conservatorio “G. Verdi” di Milano, Sala Verdi, per Johann Sebastian Bach: Passione secondo Matteo per soli, coro e orchestra, con Akademie für Alte Musik Berlin.
intenso, emozionante.
è chiaro che non sono riuscita a sentirlo tutto e, qui, mi è apparso evidente che la bulimia è un eccesso, un surplus di godimento che lascia inappagati, in attesa della prossima abbuffata.
sono malata.
non sono riuscita a sentirlo tutto perchè alle 22.00 mi aspettava il Dance Closing Party  con le colonne sonore del grande cinema americano, coreografie e performance acrobatiche in una notte da film. c'era la Big Band Jazz Company diretta da Gabriele Comeglio, Special Guest Massimo Lopez (che canta alla Frank Sinatra!!). come in un set cinematografico, i nuovi spazi del Teatro Franco Parenti si sono animati delle voci del cinema americano: da Glenn Miller a Stevie Wonder, da Marilyn Monroe a Frank Sinatra e, nelle sale adiacenti a quella con la grande orchestra, giravano spezzoni di film per sognare e ballare con Ginger Rogers, Fred Astaire, Gene Kelly e Cyd Charisse, sulle indimenticabili note delle colonne sonore hollywoodiane.
il teatro è stato allestito in modo pirotecnico sfruttando i nuovi nascenti spazi attorno alla ex piscina Caimi. pianoforte e ballerina volteggiavano nell'aria, sopra la piscina, appena entrati. l'interno del teatro è stato stravolto per creare spazi, la sala principale è stata svuotata delle poltrone per lasciare spazio al pubblico. verso mezzanotte qualcuno ha cominciato ad andarsene e lo spazio si è magicamente dilatato, la gente rimasta, me compresa, ha cominciato a ballare, seriamente...c'era da fare mattina...ma non sono più capace di tanta dedizione alla vita notturna.





ho letto che, alla fine della rassegna, si sono dimessi in molti dalla direzione di MiTo. Francesco Micheli, Enzo Restagno e Francesca Colombo hanno annunciato le loro dimissioni da presidente, direttore artistico e segretario generale. spero che questo inaspettato cambiamento non comprometta in futuro la qualità eccelsa di questo festival, ne morirei...

giovedì 24 settembre 2015

Karl stava in ascolto come se ci fosse una minaccia nell'aria

sono da poco nell'America di Kafka e già ne avverto il potente alone persecutorio.
sono dentro una sensazione di ambiguità, qualcosa già non va e sono solo all'inizio.
il giovane Karl, 16 anni, è stato condannato, prima ancora dell'inizio del libro.
Quando il sedicenne Karl Rossmann, mandato in America dai suoi poveri genitori perché una cameriera l'aveva sedotto e aveva avuto un figlio da lui, entrò con la nave a velocità ridotta nel porto di New York, vide la Statua della Libertà, che già stava contemplando da tempo, come immersa in una luce d'un tratto più intensa. Il braccio con la spada sembrava essersi appena alzato, e attorno alla sua figura spiravano liberi i venti.
arriva in America con la colpa dell'errore che grava su di lui, la famiglia lo ha allontanato, a causa di comportamenti licenziosi, e non di casa, non di città, non di nazione ma di continente.
in esilio.
e l'esilio sembra sussistere ovunque, Karl rimane estraneo, estraniato, alienato, fuori dai contesti.
prima di sbarcare assiste a una specie di processo di un macchinista incontrato per caso. inutile dire che le istanze del lavoratore non verranno accolte. forse verrà punito.
in quell'occasione incontra casualmente uno zio, lo zio d'America, ma uno strano gioco di nomi e cognomi rende subito sospetta l'autenticità del riconoscimento.
Karl è costantemente in balia dell'altro, dello zio, degli amici dello zio, della figlia dell'amico dello zio, come se la sua identità non contasse nulla, come se tutto accadesse in un modo governato dall'Altro, un altro persecutore, inesorabile giudice di ogni suo gesto.
La cena si trascinò con estrema lentezza per la meticolosità con cui il signor Green gustava ogni portata, anche se era sempre pronto ad accogliere ogni nuovo piatto senza dar segni di stanchezza, era proprio come se volesse rifarsi una volta per tutte della sua vecchia governante. Di tanto in tanto lodava l'arte della signorina Klara nella conduzione della casa, cosa che la lusingava visibilmente, mentre Karl era tentato di ribattere, come se la stesse criticando. Tuttavia, il signor Green non si contentava di occuparsi di lei, ma deplorò più volte, senza staccare gli occhi dal piatto, la sorprendente mancanza di appetito di Karl. Il signor Pollunder prese a difendere l'appetito di Karl, sebbene, come ospite, avrebbe dovuto sollecitarlo a mangiare. E in effetti Karl si sentiva così debole di fronte alla costrizione di cui soffrì per tutta la durata della cena, che contro il suo buon senso interpretò quella manifestazione del signor Pollunder in modo ostile. E soltanto in virtù di questo suo stato d'animo a un tratto si mise a mangiare molto e con una rapidità del tutto sconveniente, finché, stanco, lasciò di nuovo a lungo sul tavolo forchetta e coltello e rimase immobile in mezzo ai commensali, tanto che il cameriere che serviva i cibi non sapeva più come comportarsi. «Domani stesso racconterò al senatore come ha offeso la signorina Klara con la sua mancanza d'appetito», disse il signor Green, e si contentò di esprimere la scherzosità delle sue parole maneggiando le posate in un certo modo.
lo zio lo ripudia, e nuovamente lo allontana, a causa di un banalissimo equivoco: Karl decide di accettare un invito che lo zio sembra non approvare e scopre di avere avuto la possibilità di rimediare e di evitare l'esilio nell'esilio ma un personaggio perfido e inaffidabile farà in modo che il tempo passi, che la redenzione non possa avere atto, che venga superato il limite imposto, il tempo fissato per poter rimediare. superata la mezzanotte, tutto è perduto.
siamo nella mitologia della colpa, che esilia, che opprime, che annienta, colpa che, accertata o meno, realistica o meno, condurrà all'inevitabile condanna. Karl, al momento, non sembra nemmeno interrogarsi sulla sua colpevolezza, accetta le punizioni come un destino.
le parole, i gesti, i personaggi, tutto verte in questa direzione e si legge ogni pagina del romanzo con la sensazione di una tensione crescente, di un'ansia, di una previsione di rovina. accadrà, certamente accadrà.

Karl stava in ascolto come se ci fosse una minaccia nell'aria.

giovedì 17 settembre 2015

non essere cattivo

si legge gran bene di questo film e questo film è un gran bene.
folgorata dalla bravura dei due protagonisti maschili, due amici, due vite.
così folgorata che la mia tensione è salita alta durante il film forse dimenticandomi che era un film.
siamo in Ragazzi di vita, è chiaro, siamo a Ostia negli anni '90 tra droga spaccio morte e redenzione.
non c'è giudizio, ma tutta la contraddizione indotta dalla miseria culturale e dalla povertà e a volte l'ironia dei comportamenti eccessivi, tra cattiveria e generosità, la tragedia non è mai tragica, è etica.
mi rimangono molto molto imprese tutte le scene che vedono i due amici, due vite, parlarsi vicini, menarsi e insultarsi, abbracciarsi e poi perdersi.
ho davvero visto la vita, travolgente autentica, in questo film, che miracolo. 


NON ESSERE CATTIVO
regia di: Claudio Caligari
cast: Luca Marinelli, Alessandro Borghi, Silvia D'Amico, Roberta Mattei

coscienza musicale

semplicemente strepitosi, i concerti di MITO 2015.
che bello questo festival, quanta musica, è ovvio, quante proposte, quanti generi musicali, quanti giovani, quanta esperienza, quanto talento, quanti luoghi scelti, quanto stupore.
e ancora mi aspetta l'ultima attesissima serata Hollywood Night, al Franco Parenti, una grande festa sulle indimenticabili colonne sonore hollywoodiane, dal jazz all’elettronica, coreografie danzanti, interventi teatrali, suggestioni visive e dj set finale. cosa sarà mai??
ho comiciato con quel fantastico concerto di contaminazione tra rap e musica classica all'Estathé Market Sound Mercati Generali, 
ho proseguito, contenta, 
con l'Ensamble Peregrina nella chiesa di Sant'Antonio Abate con le vite e gli amori delle religiose del Medioevo, splendido coro in splendida chiesa barochissima, 
poi, soddisfatta, 
con la band Contrabbanda itinerante nel Parco Sempione, dove un nero molto nero ballava a ritmo di musica da non potersi credere e una signora non proprio in età si è tolta la maglietta facendosi il concerto in reggiseno e omaggiando il pubblico con abbronzatura e decolletè non proprio in età e da non potersi credere, 
inoltre, deliziata, 
con l'Orchestra I Pomeriggi Musicali, al teatro dal Verme, con la Sinfonia in re maggiore “Le Matin” di Franz Joseph Haydn, sotto una pioggia battente che si sentiva anche in teatro con un effetto musicale sorprendente,
proseguendo, esterrefatta, 
con Giuseppe Albanese, al pianoforte, al Conservatorio, musiche di Chopin e Skrjabin, un giovane talentuosissimo che se la tirava mica da ridere ma lo perdono, 
insistendo, sorpresa, 
con l'Accademia d'Arcadia, nella Chiesa di Sant'Angelo, con a favola dei suoni e la musica di Galileo, e l'incoronazione della Madonna sulla testa,
e soprattutto, entusiasta, 
con Un Americano a Milano - Omaggio a Gerry Mulligan, musiche di Gerry Mulligan, con l'Orchestra I Pomeriggi Musicali e l'Orchestra Sinfonica del Conservatorio di Milano, al Conservatorio, da strapparsi i capelli e dove ho ritrovato alcuni giovani visti al MITO del 2014 nell'indimenticabile Clarinet Concerto (http://nuovateoria.blogspot.it/2014/09/clarinet-concerto.html) in particolare il batterista baffuto di ritorno dal suo Erasmus, 
e, terminado (solo per adesso, il festival non è finito), molto divertita
con il concerto di Stefano Bollani, al teatro Arcimboldi, un vero genio, per talento ed esaltazione dello spirito.
(sorvolando su un paio di altre band in stile jazz senza partcicolari meriti).
intanto ho visto, conosciuto e rivisto, chiese e teatri milanesi, è sempre un gran piacere vivere in questa città.
inoltre ho constatato la grandezza del genio musicale, di chi scrive e chi suona e chi dirige, travolta dalla complessità e completezza del suo linguaggio e dalle abilità straodinarie dei suoi esecutori.
il genio musicale è un monumento espressivo del genere umano e del suo inestimabile cervello. 



“Ci sono parole che si sono come perse nel linguaggio contemporaneo, bellezza, grazia, nobiltà. Rappresentano ciò che io per tutta la vita ho cercato di trasfondere nella mia musica. Questo, la musica può donare agli esseri umani. Tutti quelli che fanno musica dovrebbero ricordarlo alla propria coscienza”. (Gerry Mulligan)

lunedì 14 settembre 2015

la sposa giovane

io non so perchè faccia così, proprio non lo so.
leggevo un articolo che demoliva Baricco e questa sua ultima creatura sostenendo che: Il ragazzo Baricco di suo sarebbe anche molto bravo, peccato che si applichi...Perché scrivi di sesso? chiede una donna che un tempo ha amato l’autore del libro. Perché è difficile, risponde l’autore del libro. È una risposta rivelatrice: Baricco, appunto, si applica. 
(http://www.wired.it/play/libri/2015/04/13/sposa-giovane-baricco-romanzo)
è un'osservazione intelligente, che condivido. 
c'è uno sforzo di Baricco, inutile anzi dannoso, che inquina la sua letteratura. Baricco mi piace immensamente ed è inarrivabile nelle sue imprese culturali, nelle lectio magistrali (come le 4 lezioni nel teatro Palladium di Roma), nel reading teatrale dell'Iliade (veramente uno spettacolo MEMORABILE), in L'amore è un dardo, Pickwick, del leggere e dello scrivere, Totem, Barnum, lo spettacolo Novecento (con Eugenio Allegri e la regia di Gabriele Vacis, strepitoso), gli articoli su la Repubblica e su Vanity Fair.
la scuola Holden. ci andrei, in una vita di riserva.
è bravo.
Oceano Mare per me è stata una rivelazione. è un libro magico, senza tempo, spiritoso e profondo.
altri libri (li ho letti forse non tutti ma quasi) mi sono piaciuti. altri veramente no.
non so perché faccia così ma anche quest'ultimo, la Sposa Giovane, nasce da una bella intuizione (peraltro del tutto paragonabile a quella di Oceano Mare) ma è uno sfracello di complicazioni, di deviazioni, di cose inutili, di eccessi, di dentro e di fuori passando dalla terza persona a un io narrante, entrando nella storia e poi uscendone. sono pavoneggiamenti inutili, a tratti fastidiosi, che fanno di un vero talento narrativo e speculativo una giravolta, un capitombolo, un atto narcisitico e una gran voglia di tirare uno schiaffo.
piantala, per favore, piantala, racconta a basta. 
a scuola non ci vengo più.

credo di si.
come lo sa?
non lo so. lo sento.
sentire è un po' poco, cara.
ma alle volte è tutto, signore

domenica 13 settembre 2015

quan facc' rap o'frat vac in overdose

MITO SettembreMusica
Estathé Market Sound Mercati Generali
Urban Orchestra
Ensi,
Clementino,
Ghemon,
Coez,
Orchestra Milano Classica
Michele Fedrigotti, direttore

bello anche quest'anno, ce la sto mettendo tutta per andare a sentire concerti, le proposte di MITO sono moltissime e molto diversificate, è certo che li vedrei tutti, me ne posso permettere qualcuno. 
e quel che ho visto e ascoltato fino ad ora è stato all'altezza delle mie, elevate, aspettative. mai averne, ma quando sono rispettate...quale evento! 
martedì sera mi sono veramente goduta questa, una sperimentazione musicale di commistione di generi, musica classica e musica rap. il posto, Estathé Market Sound Mercati Generali, è a casa del signore ma la determinazione è stata più forte della paura di perdersi. 
ne è valsa la pena, il concerto è stato veramente godibile, divertente, a tratti esaltante (fatta eccezione per l'esibizione di Coez, una palla tremenda, sembrava un cadavere rispetto agli altri...). l'accompagnamento classico è molto coerente e, in certi momenti, di enorme risalto, la musica rap è trascinante, le parole sempre convincenti. i testi a volte possono sembrare semplicistici, propagandistici, "rispetto per tutti, paura di nessuno", ma riflettono una profonda verità di riscatto sociale, di salvezza autentica, per molti. 
Ensi è il vero rapper, estrazione sociale bassa, riscatto totale. parole chiarissime, testi tosti accompagnato da una certa Giulia Lenti brava, in aura di fotocopia vocale, e non solo, di Amy Winehouse. 
Clementino simpaticissimo, una vera forza della natura. 
Ghemon, il più musicale di tutti, intonato, bel cantante. 
Coez, da suicidio di massa. 
l'orchestra viva e partecipe, una forza trascinante, e il suo direttore inappuntabile e insospettabile, chi l'avrebbe mai detto con quella classe a far coppia con Quan facc' rap o'frat vac in overdose Cos cos cos cos cos o' frat cos? Quan facc' rap o'frat a capa na rapos' Cos cos cos cos cos o'frat cos? Quan facc' rap o'frat so pericolos' Cos cos cos cos cos o'frat cos?
un finale di grande impatto, me ne sono andata contenta. di esserci stata.









giovedì 10 settembre 2015

una generazione di dementi

una generazione di dementi
ne sono convinta
inutile dirmi
che hanno altre competenze
che sviluppano circuiti cognitivi alternatvi
che sono multitasking
che sono semplicemente differenti
una generazione di dementi
lo vedo, di persona,
mica confabulo
mica invento
mica pontifico
tutti i santi giorni
di più
minuti ore giornate mesi anni
sprecati dietro al nulla
al vuoto delle immagini pixel
al vuoto delle relazioni virtuali
al vuoto dello schermo della play
al vuoto di milioni di video senza senso
al vuoto di video tutti uguali di pari dementi
che sprecano la loro vita registrando il nulla
e immettendolo sul web
nel fiume oceano dell'annientamento
una generazione di dementi
finita la vacanza
tre settimane in  attesa dell'inizio della scuola
minuti ore giorni settimane
senza fare niente
tutto il giorno
il vuoto coperto dall'avvio del cellulare
cellulare che impedisce di avvertire la noia
compagna necessaria per stimolare il neurone
e attivare la risorsa personale
mettere in moto l'intelligenza
avviare una soluzione alternativa
uscire
andare in bici
correre
giocare a calcio
vedere di persona gli amici
andare al cinema
interessarsi a una lingua
a uno spettacolo
vedere i concerti
ovvero vivere, operare la vita
una generazione di dementi
che abdicano
consegnano al vuoto preziosissime molecole vive e funzionanti
finchè sono vive, mi dico, puoi muoiono...
non mi dite che poi sbocceranno
sono destinati al fallimento
e se si salveranno sarà perchè
finalmente
avranno messo in moto la vita
il desiderio
la motivazione
l'interesse
la fatica
il sacrificio
la dedizione
la concentrazione
quegli elementi insostituibili
che hanno messo in moto il mondo
secoli prima di loro
quando il mondo virtuale non esisteva
una generazione di dementi
nessun futuro,
solo il vuoto del web che non costruisce nulla
che sostituisce i dischi i libri e le biblioteche
vivranno quando metteranno via il cellulare
prima
la confusione della demenza
una roba tremenda, chi mai la vorrebbe potendo scegliere?
fino ad allora
la demenza e poi il nulla.
una generazione di dementi
sono a un concerto strepitoso
MI TO contaminazione classica rap
che figata mi dico
sono a un concerto
io che ho cinquant'anni
la generazione di dementi a casa davati all'ultimo video
non al cinema, solo al cellulare
chiusi dentro casa come fossero in carcere
un ragazzino demente,
14 anni
con madre e padre pure orgogliosi delle demenza precox del figlio
ma loro primi responsabili del grande degrado cognitivo
una generazione di dementi
il ragazzino non ascolta il concerto
tira fuori l'iPad
vede una partita di pallacanestro
a tratti tira fuori il cellulare
iPhone
non ascolta non vede la partita
non capisce nemmeno quello che fa
con il cellulare fotografa le immagini sull'iPad
siamo al colmo dell'imbecillità
al limite massimo dell'ammassamento neuronale
al limite del black out cerebrale
e poi invia ad amici che non esistono
non fatti di molecole vive
ma di riflessi digitali
foto dell'iPad fatte al concerto che non ascolta
una generazione di dementi
sottoposto a un rincoglionimento globale
non vede non sente non ascolta non vive
non sa come si chiama
non sa dare nome al momento che vive
dove vive
uno
occupato
a 14 anni
su tre piani sensoriali contemporaneamente?
è un modo per rinunciare alla vita
per dare forfait
mi sembra presto, no?
una decomposizione
una destrutturazione
guidata da strumenti tecnologici adeguati
avrà avuto mille euro di roba tra le mani
ma
i suoi genitori
lo guardano sereni andare in corto circuito
lo osservano senza fiatare
anzi
sono tanto tanto tanto orgogliosi di lui
e massacreranno
insulteranno
denunceranno
il primo insengnante che
in prima liceo
oserà dire
che
qualcosa
di questo ragazzo
proprio
non va.

una generazione di dementi.

pensiamoci, i responsabili siamo noi.

Jing Shen, l’atto della pittura nella Cina contemporanea



non saprei dire, 
mi aspettavo, al PAC, una mostra sulla scrittura e pittura cinese -in Cina scrivere è dipingere- ma ho trovato una mostra di installazioni contemporenee, cinesi.
niente di nuovo o particolarmente interessante.
qualcosa da salvare c'è, c'è sempre, ma non la mostra per intero.
mi spiegano, e io rimango affascinata, che ”Jing Shen” vuol dire ”consapevolezza del gesto”, ma anche ”forza interiore”. Si riferisce al momento che nella pittura classica - anche di matrice buddista e taoista - precede l’atto pittorico. È l'apice del lavoro preparatorio che viene prima di affrontare la produzione di un’immagine. Un’idea e una pratica che mettono l’accento sulla ricerca meditata della consapevolezza e sul suo risultato attivo: il gesto, l’atto della pittura.
ma non ritrovo tanta meravigliosa intensità nelle opere esposte e nemmeno quanto l’arte e le avanguardie occidentali del secondo dopoguerra siano state influenzate da questa cultura artistica, dalla pittura a inchiostro e dalla calligrafia, e dalle filosofie a queste sottese.
le parole ingannano, non dicono quel che la sintassi ci induce a credere.
questo ho imparato.





astrosamantha

sono stati a centinaia in coda davanti al teatro Strehler.
ci sarei andata anch'io, ma lunedì non potevo, avevo una riunione di lavoro.
ci sarei andata perché anche io, come in migliaia, sono stregata da Samantha Cristoforetti.
c'è da domandarsi perché di tanto successo, il perché di questa ipnosi collettiva.
lei è simpatica, indubbiamente simpatica, alla mano, moderna, ed è una donna che ha successo, un plus nell'avere successo. ma quante donne di successo non suscitano il suo clamore, con un abbraccio così totalizzante alla sua missione nello spazio.
non so quanti l'abbiano letto sul giornale al tempo della sua missione e non so se sia emerso alla serata della Milanesiana a lei dedicata il 7 settembre a Milano al teatro Strehler, ma il curriculum di Samantha è impressionante, quando lo lessi io sul Corriere rimasi impietrita e cominciai a spiegarmi delle cose.
Nata a Milano nel 1977, anche se originaria di Malè (Trento), ha compiuto gli studi superiori dapprima a Bolzano e poi a Trento, laureandosi in ingegneria meccanica all'Università Tecnica di Monaco di Baviera, in Germania. Nel 2001 è ammessa all'Accademia Aeronautica di Pozzuoli, uscendone nel 2005 come ufficiale del ruolo navigante normale e con la laurea in Scienze aeronautiche presso l'Università Federico II a Napoli. Successivamente si specializza negli Stati Uniti presso la Euro-Nato Joint Jet Pilot Training di Wichita Falls in Texas. Nel suo curriculum operativo figura il servizio presso il 61º Stormo di Galatina, il 32º Stormo (Aeroporto di Amendola) e il 51º Stormo di Istrana, prima nell'ambito della Squadriglia Collegamenti (2007-2008) e poi del 132º Gruppo Cacciabombardieri (2009), e l'abilitazione al pilotaggio degli aeromobili Aermacchi SF-260, Cessna T-37 Tweet, Northrop T-38 Talon, Aermacchi MB-339A, Aermacchi MB-339CD e AMX. A maggio 2009 è selezionata come astronauta dall'Agenzia Spaziale Europea (ESA) come prima donna italiana e terza europea in assoluto dopo la britannica Helen Sharman (1991) e la francese Claudie Haigneré (2001), risultando tra i sei migliori di una selezione alla quale avevano preso parte 8 500 candidati. La prima missione cui Cristoforetti prende parte, della durata di circa 6-7 mesi, è denominata ISS Expedition 42/43 Futura e prevede, il 23 novembre 2014, il raggiungimento della Stazione Spaziale Internazionale a bordo di un veicolo Sojuz; si tratta della prima missione di una donna italiana nello spazio e del settimo astronauta italiano. Parla italiano (madrelingua), tedesco, inglese, francese, nonché il russo, utilizzato nelle comunicazioni tra la stazione spaziale e il centro di controllo a terra presso il cosmodromo di Bajkonur.

questa donna, così umile così strepitosamente sorridente, è l'immagine della felicità che si attua.
con il suo viaggio interstellar ci ha regalato l'immagine del desiderio che si compie, e come si compie!
il viaggio nello spazio concretizza l'emblema del sogno, niente di più vicino al guardar le stelle, al sognar la luna, e ci induce a un'adesione totale all'immagine romantica della realizzazione dei desideri.
ed è di desiderio di cui, rispetto a lei, si parla.
mentre noi altri che andiamo a venerarla ci affanniamo dietro alle nostre noiosissime nevrosi, sempre scontenti, sempre dietro alla ripetizione senza fine di gesti sempre uguali e sempre sbagliati che ci consegnano all'infelicità, incapaci di andare oltre alla lamentela di una vita infelice e insoddisfatta, sempre dietro al godimento di un attimo che sfuma l'attimo dopo, attanagliati dalla nostra divisione soggettiva, nello scarto tra ciò che siamo e ciò che saremmo potuti essere, ecco una donna cha abita il suo desiderio. lei è ciò che avrebbe voluto essere, lei abita il suo desiderio, abita le stelle.
e non è fortuna, abitare il proprio desiderio comporta una fatica immane, comporta un lavoro spossante, basta leggere il suo curriculum per capire fino il fondo la fatica, il sacrificio, la dedizione necessari per concederci ciò che desideriamo.
pensiamo alla pigrizia lamentosa di stare, invece, dietro alle sbarre delle nostre beghe, incapaci di eseguire un cambiamento di rotta, più comodo stare nell'infelicità per dolersene, ma di fatto goderne, tutta la vita, proiettando la colpa sugli altri, e la nevrosi è proprio questo, piuttosto che lavorare sodo per guadagnarci il sereno rendimento del nostro desiderio.
astrosamantha mi illumina con il suo esempio, sottolinea di continuo che io, al contrario di lei, non sono capace di fare quella fatica che, sola, ci consegna a una possibile felicità di esistere.

domenica 6 settembre 2015

guardando Giotto "la giornata radiosa sembra aver varcato anch’essa la soglia, assieme al visitatore

ne ho imparate di cose, ieri sera, a Palazzo Reale.
la mostra di Giotto ha molto da dire, molto da insegnare.
sul piano didattico è veramente sorprendente, mi sono sentita una studentessa a scuola.
ho imparato quel che tra i banchi, mi sembra, nessuno mi ha insegnato.
che Giotto è stato un pittore di grandissimo successo, una star della sua epoca, un autentico imprenditore, e un artista di enorme talento, di straordinaria portata rivoluzionaria.
innovatore dell'arte pittorica italiana, Giotto è vissuto tra il 1267 e il 1337  (mica poco direi) e conteso tra Cardinali e Papi, domenicani e francescani, tra Assisi e Rimini e Roma e Bologna, tra il re di Napoli e il signore di Milano, Azzone Visconti. infatti, non lontano dalle sale della mostra a Palazzo Reale, aveva lavorato, in altre sale adiacenti, su committenza del gran signore. ma, purtroppo, tutto è andato perduto.
sono 13 le opere esposte, per ognuna la spiegazione dell'audioguida è molto esaustiva, e, per tutte, due sale riassuntive spiegano con particolari attenti ed estrema cura le peculiarità artistiche di Giotto.
Si attraverseranno dapprima le sale in cui saranno esposte le opere giovanili: il frammento della Maestà della Vergine da Borgo San Lorenzo e l’altra Maestà della Vergine, da San Giorgio alla Costa, documentano il momento in cui il giovane Giotto era attivo tra Firenze e Assisi. Poi il nucleo dalla Badia fiorentina, con il polittico dell’Altar Maggiore, attorno al quale saranno ricomposti alcuni frammenti della decorazione affrescata che circondava lo stesso altare. La tavola con il Padre Eterno in trono proviene dalla Cappella degli Scrovegni e documenta la fase padovana del maestro. Segue poi lo straordinario gruppo che inizia dal polittico bifronte destinato alla cattedrale fiorentina di Santa Reparata, e che ha il suo punto d’arrivo nel polittico Stefaneschi, il capolavoro dipinto per l’altar maggiore della Basilica di San Pietro. Il percorso espositivo si chiude con i dipinti della fase finale della carriera del maestro: il polittico di Bologna, che Giotto dipinse nel contesto del progetto di ritorno in Italia, a Bologna, della corte pontificia allora ad Avignone; e il polittico Baroncelli dall’omonima cappella di Santa Croce a Firenze, che nell’occasione della mostra verrà ricongiunto con la sua cuspide, raffigurante il Padre Eterno, conservata nel museo di San Diego in California.




ho potuto vedere bene l'espressività dei volti di Giotto, anche quella dei corpi. ho visto dei bambini giocare con le vesti delle madonne, ho visto delle mamme sostenere il corpo agitato del loro bambin Gesù, ho visto i volti stravolti degli angeli, ho visto le smorfie e il dolore e lo stupore  e le passioni di mota gente santa.
ho visto la partecipazione della natura, complemento delle passioni, capre e uccellini e gli alberelli che ondeggiano empatici, accanto alla desolazione di Plautilla che riceve indietro dal cielo, aperto come un paracadute, il velo insanguinato, che ha protetto gli occhi di Paolo decapitato.
ho saputo del superamento dell'arte bizantina e ho visto i giochi spaziali sofisticati di Giotto, la maestria e la bravura estrema nelle soluzioni architettoniche, ho visto, nel polittico Stefaneschi, dipinto sui due lati, le straordinarie, e partecipate, storie dei martirii di Pietro e Paolo, e giochi di rimandi, teoricamente infiniti, del polittico nel polittico:

sul lato anteriore rivolto verso i fedeli sono rappresentati S. Pietro in trono e il cardinale Stefaneschi, che tiene tra le mani il modellino del trittico che stiamo osservando e che contiene, a sua volta, un'altra raffigurazione del cardinale contenente lo stesso trittico, in una riverberazione senza fine.
De Chirico lo trovava metafisico e quando Proust, nelle Recherche, varca la Cappella degli Scrovegni, è come investito da un getto miracolato, d’un azzurro così azzurro, che «la giornata radiosa sembra aver varcato anch’essa la soglia, assieme al visitatore», il suo blu piaceva a Klein e Matisse diceva che “quando vedo gli affreschi di Giotto non mi preoccupo di sapere quale scena di Cristo ho sotto gli occhi ma percepisco il sentimento contenuto nelle linee, nella composizione, nei colori”.
io lo trovo vivo, vicino, animato, moderno.

giovedì 3 settembre 2015

alla vita

le vele del Kuwait, a sera, sono spettacolari.






io sono andata a vedere il Cirque du Soleil, Alla vita.
credo sarebbe stato bellissimo se il teatro all'aperto fosse stato all'altezza dello spettacolo che si andava a presentare.
a parte il fatto che andando in Iran o in Oman, credo, avrei potuto vederlo gratis e molto meglio di come ho fatto. le terrazze dei suddetti padiglioni danno dritte dritte sul palcoscenico, all'aperto e completamente all'aperto senza alcuna schermatura.
io invece ho dovuto loottare con i soliti malsani, gente che va a teatro con il cappello e la visiera alzata oppure genitori più agitati dei figli che si alzano dalla sedia 15 volte in un'ora.
il teatro non è strutturato in modo adeguato, le sedie sono scomode ma, soprattutto, non disposte in modo inclinato, discendente, digradante.
sono una nana, ho visto poco, nulla di quel che accadeva sul palco, ho chiesto di togliere cappelli, ho invocato la madonna perchè impartisse buon senso a genitori e figli, ma niente...
quel che volava e saliva su ordini superiori del palco l'ho visto pienamente, la musica era bellissima, gli acrobati eccelsi, la scenografia e idea scenica notevoli. come sempre.
negli spettacoli del Cirque du Soleil c'è sempre una parte di narrazione teatrale che rende unica la rappresentazione. in questo caso era ovviamente legato al cibo, alla nutrizione, alla nascita delle piante, allo sviluppo dei semi, all'inizio della vita.
ho colto qualcosa, goduto poco.
sono stata contenta lo stesso, expo mi mette allegria.