bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

sabato 20 dicembre 2008

ANCHE DARIA BIGNARDI E' MIA SORELLA


certe donne mi fanno felice.
Daria Bignardi e' una di queste.
magari a casa sua e fuori dallo schermo e senza una pagina da scrivere e' una donna normale, di pessimo umore, a tratti antipatica, pesante e che si incazza anche per poco.
ma mi sta bene. lo sono anch'io.
questo articolo, come molti altri, mi trovano in una sintonia assoluta.
non solo per quello che dice.
per come lo dice.
per l'ironia, il sarcasmo e la non troppo celata rottura di palle che si percepisce.
anche lei, come Lella Costa -peraltro intervistata nell'ultima puntata delle invasioni barbariche, un tripudio di sorellanza- e' mia sorella. ma di piu', se si puo' di piu'.
LEGGETE. punto.


mercoledì, 17 dicembre 2008
Lavorare fino a 65 anni? Anche più, se ci fosse parità vera

Brunetta lo conosce il «pacchetto» che tocca quotidianamente a noi donne?


"Facciamo finta che quella del ministro Brunetta sull’equiparare l’età della pensione di uomini e donne non sia una cosa seria, che sia solo una provocazione, una battuta, o una distorsione dei media.
Facciamo finta che non ci siano lavori che spezzano la schiena e risucchiano l’anima, e facciamo anche finta che, se decidessimo di equiparare i diritti di uomini e donne, dovremmo cominciare dai salari e dall’accesso al lavoro e non dall’età della pensione. Facciamo finta che la Corte europea, che chiede l’equiparazione, non abbia chiesto anche un sacco di altre cose delle quali il governo se ne infischia.
Facciamo finta che in Italia non ci sia un’ostinata mancanza di attenzione ai problemi delle donne, che non manchino gli asili nido, che non ci siano mariti separati che non mantengono i figli, facciamo finta soprattutto, anche se per farlo dobbiamo prendere psicofarmaci o farci ipnotizzare, che in Italia la cura della famiglia sia equamente divisa tra maschi e femmine.
Facciamo finta, ma solo finta, che quello del lavoro non sia un problema troppo serio per scherzarci sopra, e gridiamo a Brunetta il nostro: «Magari!».
Magari, caro ministro, le donne potessero andare in pensione non a sessantacinque ma a cento anni. Trenta milioni di Rite Levi Montalcini, fresche di parrucchiere, sorridenti e innamorate del proprio lavoro. Per la maggior parte delle donne, tranne quelle che fanno lavori orrendi o usuranti, tranne quelle che sono sfruttate, lavorare è una vacanza, un diversivo, una passeggiata rispetto al pacchetto all inclusive che tocca loro dal momento in cui decidono di farsi una famiglia (ma anche alle single incallite tocca prima o poi, perché prima o poi i genitori anziani li hanno tutti, o almeno lo si spera, e di uomini che si prendono cura quotidianamente dei bisogni dei genitori ce ne sono in giro pochi).
Se non arrivassero al lavoro già mezzo morte per essersi alzate prestissimo a fare un po’ di lavori di casa, passare dal supermercato e accompagnare i figli a scuola prima di andare in ufficio, se durante la giornata non dovessero tenere un compartimento di attenzione sempre acceso sugli orari di scuola dei figli, chi li va a prendere, chi li porta in piscina, se hanno preso la medicina, che cosa si mangia stasera, chi va a ritirare i maglioni in tintoria, quante ore ha fatto questo mese la baby-sitter e quante la badante del nonno, e devo fare il bancomat perché la baby-sitter non prende gli assegni, e la donna a ore ha le vampate della menopausa e i figli che la fanno dannare e non stira più, e bisogna comprare la sabbia del gatto, e sono finiti i succhi di pera per la colazione di Ciccio, e Ciccia che è in prima media alle due che cosa mangia, e sarà asciutta la tuta che domani è già giovedì e ha ginnastica?
Ma, anche con una porzione di cervello sempre rivolta agli esseri adorati ai quali vorremmo dare il meglio di noi, e ai quali a volte diamo il peggio tanto siamo frantumate, lavorare ci piace un sacco, e ci viene anche molto bene. Non dico meglio, caro ministro, perché sembro di parte. Però lo penso. Ma questa è un’altra storia."




Lella Costa inizia l'intervista parlando di Alice, nome probabile ma poi non scelto per una delle sue tre figlie, nome possibile immaginario della mia ipotetica figlia, quella dei miei sogni, quella che ancora oggi mi capita di sognare.
Lella Costa conclude l'intervista salvando tre cose:
-il valore dell'intelligenza abbinata alla leggerezza e all'ironia
-il valore di alcune parole, da conservare per sempre
-il valore di non dare ai propri figli il nome Chanel, anzi chanel. perche' i nomi sono importanti, come le parole.
eccomi, sua sorella.
ASCOLTATE. punto
http://www.la7.it/approfondimento/dettaglio.asp?prop=re pliche&video=20250

martedì 16 dicembre 2008

Magritte, la concettualizzazione che incanta: la banalità che accomuna tutte le cose è il mistero

Dobbiamo immaginare oggetti affascinanti
capaci di risvegliare in noi stessi ciò che resta dell'istinto del piacere.
(1947)




L'amore per l'ignoto equivale all'amore per la banalità: conoscere significa scoprire la banale conoscenza, agire significa cercare la banalità dei sentimenti e delle sensazioni.
sembra all'apparenza complesso
e all'apparenza è molto semplice.
Magritte. figurativamente semplice, tutt'altro che banale, concettualmente complesso.
elementi naturali che si sovrappongono all'elemento umano, sfiorano l'innaturale, l'immaginifico, la magia. il mistero.
Il rapporto fra il titolo e il quadro è poetico.
Conserva, degli oggetti, solo le caratteristiche
abitualmente ignorate dalla coscienza
ma talvolta presentite in occasione degli avvenimenti straordinari
che la ragione non è ancora riuscita a chiarire.
(1946)

contrasti che diventano paradosso, immagini che rimandano a camere nascoste nel cervello. spesso ci sono mura, spesso ci sono scatole, spesso ci sono sipari, spesso ci sono pareti: sono spazi delimitati, spazi che contengono memoria, spazi chiusi che contemplano l'infinito.
Magritte parla il linguaggio misterioso e simbolico dei sogni.
c'è un mare di sfondo, spiagge bianche animate da oggetti statuari grigi, monumenti viventi ma pietrificati, inappropriati al luogo. quelle sponde, quel mare sono la soglie della memoria. quegli oggetti sono il contenuto della nostra memoria in attesa di essere collocati fuori dal sogno, dentro la dimensione banale, o mai banale, del reale.
la produzione di Magritte si fonda su una semplice convinzione: ciò che è nascosto e difficile da raggiungere (con gli occhi, con la mente, con la sensibilità del cuore) è molto più emozionante e perciò degno di maggiore interesse di ciò che è manifesto.
la natura è onnipresente perchè rappresenta lo strumento privilegiato per interrogarsi sul mistero delle cose. usando la natura si diverte a giocare con il conosciuto e l'ignoto, con l'evidente e il segreto, con il buon senso e il non senso, ribaltando il convenzionale nell'enigma.
si sbizzarrisce nel dispiegare tende, incappucciare volti o a nasconderli dietro mele o fiori, inserire frammenti che mostrano il dietro, il sotto, il segreto della realtà, a inventare sovrapposizioni che portano in primo piano ciò che non si dovrebbe vedere.
La natura ci offre la condizione di sogno,
consentendo al nostro corpo e alla nostra mente
quella libertà di cui esse hanno assoluto bisogno.
(1938)

Magritte gioca sulla memoria, conta e costruisce sul ricordo, sull'evocazione dell'infinito racchiusa in una stanza, si esprime attraverso la natura che domina la nostra essenza. Magritte vive e parla il linguaggio mai finito della fantasia.
Sono rapita dalla sua complessità concettuale, dalla struttura delle immagini, dalla riflessione intellettuale che li sottende, dalla semplicità del messaggio che intende comunicare.
tutto può essere spiegato con l'immagine, sostenuto dal pensiero, dalla banalità necessaria del sentire, dalla pulsione irrefrenabile del conoscere.
nulla può essere interpretato se non con la facilità dell'istinto.

E' un atto di magia nera
trasformare la carne della donna in cielo.


Ho visto questo pomeriggio, in pieno sole,
una giovane donna che aspettava il tram
in compagnia del suo corpo.


Il corpo di donna assume colori diversi, "oggi ho visto una donna in compagnia del suo corpo", la sua consistenza diventa aerea con un atto di immaginazione. è magia nera il passaggio nel corpo, attraverso il corpo, dal giorno alla notte. il corpo di una donna si nutre di giorno e di notte.


Essere surrealista significa bandire dalla mente il "già visto"
e ricercare il non visto.
(1947)


La rondine è vestita delle nuvole del cielo mattutino mentre viaggia nella notte buia sui sogni degli uomini.


Non si deve temere la luce del sole con la scusa
che è servita quasi sempre a illuminare un mondo miserabile.
(1946)


Un paesaggio notturno e un cielo come lo vediamo in pieno giorno. Questa evocazione della notte e del giorno mi sembra dotata del potere di sorprendere e di inacantarci. questo potere, io lo chiamo poesia.

La casa è immersa nell'oscurità e solitudine incantata della notte sovrastata dalla speranza della luce del giorno. il cammino nel tempo si fa profondo. è come essere di fronte alla soglia della vita. fatemi entrare perchè ho paura. fatemi entrare perchè ho speranza.


Sentivamo battere il cuore degli alberi
prima di quello degli uomini.
René Magritte (1948
)

l'albero racchiude una casa nel suo tronco, attraversato da linfa e sangue vitale domestica. la vita si mostra, dominata dalla sfera perfetta del tempo e dell'intelligenza geometrica, racchiusa in un disegno più grande, in un mondo buio che nemmeno conosciamo ma del quale facciamo parte, nello sguardo che si perde lontano in una paesaggio blu della notte nera.



Le mie opere sono tutte impregnate dalla certezza
che noi apparteniamo, di fatto, a un universo enigmatico.
(1958)


la montagna imponente dominante vola via sulle ali dell'aquila potente portando in sè l'immagine forte di quel cielo cinereo, una sfumatura sul fare della notte che ancora non esiste, in una notte che ancora notte non è. uova sul davanzale, la vita che cresce ai piedi della potenza inafferrabile della natura.


La natura ci offre la condizione di sogno,
consentendo al nostro corpo e alla nostra mente
quella libertà di cui esse hanno assoluto bisogno.
(1938)


la maschera viva, eppure finta e vuota di consistenza, di occhi e di bocca incastonata di pietre e di gioielli appare vivida ai confini di un mondo emerso dalla riva del mare, ai confini della memoria e del ricordo di ciò che siamo stati.


Anche a me piace vedere le foglie che nascondono la luna,
ma se dietro di esse si riuscisse a vedere la luna,
sarebbe inaudito, la vita avrebbe finalmente un senso.


la luna è nascosta dalle foglie. si intravede la sua bellezza ma non la possediamo completamente, si manifestasse per intero tutto sarebbe rivelato e allo stesso tempo perderebbe il suo mistero.



magritte viaggia sul contrastato tra mente e sogno. magicamente.
è poesia che consente ogni possibile percorso di conoscenza, accessibile a ogni mente che abbia gli occhi per guardare.
anche un bambino si pone curioso, rapito dalle ali leggere dello stato onirico della veglia, cullato dalle nuvole offerte a cena su una coppa di champagne.

I miei quadri sono stati concepiti per essere
segni tangibili della libertà di pensiero.
(1951)

lunedì 1 dicembre 2008

ciò che scrivo


" Se non ami me, ama quello che scrivo, e amami per quello che scrivo... "
Sylvia Plath

sabato 29 novembre 2008

a un padre, da una figlia



Il Figlio
di Pablo Neruda

Ahi figlio, sai, sai
da dove vieni?

Da un lago di gabbiani
bianchi e affamati.

Vicino all'acqua d'inverno
io e lei sollevammo
un rosso fuoco
consumandoci le labbra
baciandoci l'anima,
gettando al fuoco tutto,
bruciandoci la vita.

Così venisti al mondo.

Ma lei per vedermi
e per vederti un giorno
attraversò i mari
ed io per abbracciare
il suo fianco sottile
tutta la terra percorsi,
con guerre e montagne,
con arene e spine.

Così venisti al mondo.

Da tanti luoghi vieni,
dall'acqua e dalla terra,
dal fuoco e dalla neve,
da così lungi cammini
verso noi due,
dall'amore terribile
che ci ha incatenati,
che vogliamo sapere
come sei, che ci dici,
perché tu sai di più
del mondo che ti demmo.

Come una gran tempesta
noi scuotemmo
l'albero della vita
fino alle più occulte
fibre delle radici
ed ora appari
cantando nel fogliame,
sul più alto ramo
che con te raggiungemmo.

e così vivevano, coprendo
la metà degli esseri, come pesci
del più strano mare, e nelle fangose
immensità io incontrai la morte.
La morte che apriva porte e sentieri.
La morte che scivolava sui muri.




ho fatto la mia parte, come figlia.
"Da tanti luoghi vieni,
dall'acqua e dalla terra,
dal fuoco e dalla neve,
da così lungi cammini
verso noi due,
dall'amore terribile
che ci ha incatenati,
che vogliamo sapere
come sei, che ci dici,
perché tu sai di più
del mondo che ti demmo".
da quel luogo vengo e verso quello mi sono incamminata.
e coloro che sono venuti dopo di me, da me, sono più, molto di più del mondo dal quale provengo.
perchè sono l'incontro di universi diversi che in un istante si sono incontrati e fusi.

ora nevica, anche sul cimitero.
"nelle fangose
immensità io incontrai la morte.
La morte che apriva porte e sentieri.
La morte che scivolava sui muri".
nevica e io ho freddo, davvero freddo.

un anno fa lessi questi pensieri davanti a molte persone.
nessuno mi ha aiutato a ricordare.
ma non conta, lo sapevo.
l'ho scritto per me.


"è una condizione personale quella che vi racconto oggi, ma non avrei altre occasioni, oggi è il giorno del funerale di mio padre.
permettetemi di dirvi che questa mia esperienza con i miei genitori è stata impegnativa, dolorosamente emotivamente impegnativa. ho visto il loro decadimento, fisico, ma questo è nel fisiologico andamento delle cose, ma soprattutto ho assistito a quello mentale. l'ho visto in mia madre che si è spenta fino a non riconoscermi più, fino a non riconoscere i miei figli. ma il vero dolore, per me, è ciò che è venuto dopo: ovvero smettere di ricordare. per stare vicino a una persona, una persona che è tua madre, che si assottiglia e impoverisce ogni giorno di più fino alla perdita completa del senso di sè, è stato necessario per me, cominciare a dimenticare, e ciò che faccio ora, ogni giorno, con mia madre, è dimenticare. forse il più grave torto che io possa averle mai fatto. dopo la sua morte, dopo il suo piccolo e scarno funerale di fine agosto, dopo tutto, è arrivato il mio dimenticarmi di lei. quello che è successo con mio padre è simile e parallelo. ho visto il suo corpo perdere la sua forza e le sue funzioni ma, al contempo, ho visto mio padre, con mille conflitti e perplessità, combattere fino all'ultimo, fino all'inverosimile. poi l'ho visto spegnersi, lentamente, in ciò che di più fulgido possedeva: la sua mente, il suo capire, il suo pensare, il suo comunicare. l'ho visto non saper più leggere il giornale, l'ho visto con lo stesso libro sotto il braccio per oltre un anno, lui, proprio lui, l'ho visto perdere il filo di un discorso fino a non sapere più usare le parole e dover contare con le dita, uno due tre, per esprimere ciò che avrebbe voluto. ciò che ho visto è qualcosa che non posso che cercare, ancora una volta, di dimenticare.
ciò che sono a chiedere qui, oggi, a tutti voi, voi che siete qui, voi che lo avete conosciuto, che lo avete avuto come padre, come fratello, come zio, come nonno, come amico, come confidente, come interlocutore, come psicoanalista, come paziente, come collega, come compagno di viaggio, come intrattenitore, ciò che davvero con tutto il cuore, oggi, vi chiedo, è di aiutarmi a non dimenticare."
1 dicembre 2007

giovedì 13 novembre 2008

voglio una vita...da Ulrike Meinhof



"Una pietra lanciata contro una vetrina è un atto criminale, mille pietre sono un’azione politica". così scrive Ulrike Meinhof, giornalista borghese progressista della Germania fine anni 60, fondatrice, insieme a Andreas Baader della RAF (Rote Armee Fraktion), in particolare della banda Baader-Meinhof.
quasta è storia.
ma non ve la racconto la storia. andate a vedervi il film. andate. c'è da capire da pensare da imparare da emozionarsi e rimanere attoniti.




si sono affascinata, lo ammetto.
Ulrike mi affascina. lucida, ideologa rivoluzionaria, solida, strutturata nel pensiero. è lei che dirige il gruppo, è lei che lo tiene insieme con la forza dell'idea politica dominante, fanatica distruttiva, ma dominante. Baader sembra solo un borderline sociopatico, difficile da tenere a bada, elemento necessario alla strutturazione della lotta armata ma non della sua ispirazione politica e ideologica. la sua ribellione alle regole viene semplicemente deviata dalla deliquenza comune e incanalata in quella politica sovversiva, fortemente influenzato da Gudrun Ensslin, la sua donna, l'anima anarchica femminile autentica del gruppo.
ma il pensiero è di Ulrike, è lei che pensa, è lei che ipotizza, è lei che costruisce, è lei che elabora il manifesto programmatico del gruppo armato. non sembra convinta dall'inizio della necessità di una svolta dalla lotta persuasiva della parola a quella definitiva degli atti dinamitardi nei luoghi del potere.
ma la svolta c'è, arriva, repentina, improvvisa, istintiva, in una frazione di secondo: dopo un istante di riflessione, salta fisicamente e politicamente la finestra, la barricata da dove poco prima era fuggito Andreas Baader, in una delle prime azioni di lotta della banda.
la giornalista è diventata una terrorista.
"Opposizione è quando dico: questo non va bene per me. Resistenza è quando mi assicuro che ciò che non va bene per me non accada mai più."
erano anni impressionanti quelli. c'era tutto in subbuglio. nel mondo la guerra era accesa, Vietnam, Cambogia, Palestina. finisce la primavera di Praga. morivano Bob Kennedy e Martin Luther King, nell'america fanatica che temiamo anche oggi. nel '67 viene ucciso Che Guevara. il terreno dell'Europa era smosso, sovvertito, dai movimenti politici studenteschi. la baader meinhof era un'evoluzione inevitabile. era una scheggia mobile attiva incontrollabile che nasceva, di fatto, dal pensiero che animava milioni di persone. e Ulrike, insieme ai suoi compagni, ha incarnato, fino a morirne, l'ideologia folle e fantastica di sovvertire le sorti di un mondo sbagliato.
“Noi abbiamo imparato che continuare a parlare, senza agire, è un errore”.
"Buttiamo bombe nella coscienza delle masse. Coloro che sono oppressi lo sanno, ma reprimono questa consapevolezza perchè si identificano con i loro oppressori fino a quando li ritengono invincibili."
poi, si sa, storicamente inevitabile, il tracollo. i primi arresti, le uccisioni, lo smembramento della prima generazione della Raf. si aprono le porte del carcere di Stammheim per Baader, Meinhof e gli altri e si apre la seconda, drammatica parte della storia. è la discesa agli inferi della banda, la disperazione della detenzione in isolamento, il lento spaventoso deterioramento psico-fisico dei detenuti, il suicidio della Meinhof e le morti sospette, un suicidio collettivo improbabile, degli altri detenuti la notte del fallimento della loro liberazione da parte della RAF attiva all'esterno, nell'alternanza dei processi e dell’attività politica che, malgrado tutto, continuava dietro le sbarre.
c'è dolore nel film. molto dolore. si percepisce che, se gli anni sessanta furono quelli dell'utopia del rinnovamento e dei movimenti, gli anni settanta furono quelli del dolore e del rimpianto. furono la strana normalità di una generazione scesa in piazza per alimentarsi della libertà come violenza, saltando da una finestra in un un'illusione rivoluzionaria, nell’utopia della distruzione del male e del suo potere salvifico sul mondo.
la morte-assasinio-suicidio fa immaginare l'orrore dell'omicidio di stato.
ma fa anche sognare la morte volontaria, libera, senza catene di chi percepisce la fine della propria illusione, condannato a morte dal proprio delirio.
forse è una tragedia che ancora ci riguarda.


INTERVISTA A ULRIKE MEINHOF
sull'educazione dei figli, sulla posizione della donna nella società. poco prima di entrare in clandestinità.
"il privato è politica, l'educazione dei figli è politica, le relazioni umane sono politica perchè mostrano se l'individuo è libero o oppresso, se può agire in modo consapevole o no, se può agire liberamente o no".
http://www.youtube.com/watch?v=k7jEk_f04pE

2046



qualcuno ha visto questo film?
io si.
anni fa. ma è fissato sulla pellicola della mia memoria.
una narrazione struggente bellissima intensa profonda sull'amore, quando l'amore è impossibile viverlo nel momento in cui c'è ma sempre e solo filtrato dal ricordo, come se la vita non fosse mai ORA, ma nell'istante prima, quello perduto, quello che non hai vissuto fino in fondo, quello che hai perso e non torna indietro, quello che ormai è solo un ricordo.
per molti è così. non si vive ora, ma nella memoria di ciò che potevi avere e mai avrai.
"tutti i ricordi sono bagnati di lacrime".

mercoledì 5 novembre 2008

OBAMA, yeah



oggi c'è speranza, speranza per tutti quanti noi.
c'è e io ci credo.
c'è bisogno di fiducia.
I have a dream.

Il discorso di Obama dopo la vittoria

Ciao, Chicago!
Se là fuori c'è ancora qualcuno che dubita che l'America sia un luogo dove tutto è possibile, che ancora si chiede se il sogno dei nostri Fondatori sia vivo nella nostra epoca, che ancora mette in dubbio la forza della nostra democrazia, questa notte è la vostra risposta.
È la risposta data dalle file di elettori che si estendevano fuori dalle scuole e dalle chiese, file mai viste prima da questa nazione, è la risposta che hanno dato le persone che hanno aspettato tre, quattro ore, molti per la prima volta in vita loro, perché erano convinti che questa volta doveva essere diverso, che la loro voce poteva fare la differenza.

È la risposta pronunciata da giovani e vecchi, ricchi e poveri, democratici e repubblicani, neri, bianchi, ispanici, asiatici, nativi americani, gay, etero, disabili e non disabili: americani che hanno inviato al mondo il messaggio che noi non siamo mai stati semplicemente un insieme di individui o un insieme di Stati rossi [Repubblicani] e Stati blu [Democratici]: noi siamo e saremo sempre gli Stati Uniti d'America.
È la risposta che ha spinto quelli che per tanto tempo, da tanta gente, si sono sentiti dire che dovevano essere cinici, spaventati, scettici su quello che possiamo fare, sulla possibilità di mettere le mani sul corso della storia e piegarlo in direzione della speranza di un giorno migliore. Ci ha messo molto ad arrivare, ma questa notte, grazie a quello che abbiamo fatto in questa giornata, in queste elezioni, in questo momento storico, il cambiamento è arrivato in America.
...
Americani, abbiamo fatto tanta strada. Abbiamo visto tante cose. Ma c'è ancora moltissimo da fare. Perciò questa notte domandiamoci: se i nostri figli dovessero vivere tanto da vedere il prossimo secolo, se le mie figlie dovessero essere tanto fortunate da vivere tanto a lungo quanto Ann Nixon Cooper, quale cambiamento vedranno? Quali progressi avremo realizzato?

Questa è la nostra occasione per rispondere a questo appello. Questo è il nostro momento. Questa è la nostra epoca: per rimettere la nostra gente al lavoro e aprire porte di opportunità per i nostri bambini; per riportare la prosperità e promuovere la causa della pace; per rivendicare il sogno americano e riaffermare quella verità fondamentale, che da molti siamo uno; che finché avremo vita avremo speranza: e quando ci troveremo di fronte al cinismo e al dubbio, e a quelli che ci dicono che non ce la possiamo fare, noi risponderemo con quella professione di fede immortale che riassume lo spirito di un popolo: sì, possiamo farcela.
Grazie. Dio vi benedica. E che Dio benedica gli Stati Uniti d'America.

se avete 20 minuti, ascoltatelo dal vivo.
http://elections.nytimes.com/2008/results/president/speeches/obama-victory-speech.html

domenica 2 novembre 2008

ferramenta di zaffiri

Pablo Neruda
la parola penetra con la forza dell'immagine.

Sete di te m'incalza


Sete di te m'incalza nelle notti affamate.
Tremula mano rossa che si leva fino alla tua vita.
Ebbra di sete, pazza di sete, sete di selva riarsa.
Sete di metallo ardente, sete di radici avide.
Verso dove, nelle sere in cui i tuoi occhi non vadano
in viaggio verso i miei occhi, attendendoti allora.


Sei piena di tutte le ombre che mi spiano.
Mi segui come gli astri seguono la notte.
Mia madre mi partorì pieno di domande sottili.
Tu a tutte rispondi. Sei piena di voci.
Ancora bianca che cadi sul mare che attraversiamo.
Solco per il torbido seme del mio nome.
Esista una terra mia che non copra la tua orma.
Senza i tuoi occhi erranti, nella notte, verso dove.


Per questo sei la sete e ciò che deve saziarla.
Come poter non amarti se per questo devo amarti.
Se questo è il legame come poterlo tagliare, come.
Come, se persino le mie ossa hanno sete delle tue ossa.
Sete di te, sete di te, ghirlanda arroce e dolce.
Sete di te, che nelle notti mi morde come un cane.
Gli occhi hanno sete, perchè esistono i tuoi occhi.
La bocca ha sete, perchè esistono i tuoi baci.
L'anima è accesa di queste braccia che ti amano.
Il corpo, incendio vivo che brucerà il tuo corpo.
Di sete. Sete infinita. Sete che cerca la tua sete.
E in essa si distrugge come l'acqua nel fuoco.


Da: Ode al dente di capodoglio
...
oh amore,

sulle labbra
del mare,
affidato
a
un
dente dell'onda,
col
rumore
di
un
petalo
impreciso
(sussurro di ala spezzata
nell'intenso
odore
dei gelsomini)
(amore
d'albergo
semichiuso, buio,
con edere avvinghiate
all'occaso)
(e un bacio
duro come
pietra che assale).
poi
tra bocca e bocca
il
mare eterno,
l'arcipelago,
la collana delle
isole,
e le navi
assediate
dal freddo,
che aspettano
l'animale azzurro delle profondità
australi dell'oceano,
l'animale nato
dal diluvio
con le sue ferramenta
di zaffiri.
...


Lentamente muore



Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni
giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non
rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su
bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno
sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti
all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul
lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire un
sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai
consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente
chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i
giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida
felicità.


Alla tristezza
Tristezza, ho bisogno
della tua ala nera,
c'è troppo sole, troppo miele nel topazio,
ogni raggio sorride
sui prati
e tutto è luce rotonda intorno a me
e tutto, in alto, è come un'ape elettrica.
Perciò
la tua ala nera
dammi,
sorella tristezza:
ho bisogno che si estingua qualche volta
lo zaffiro e che cada
l'obliquo rampicante della pioggia,
il pianto della terra:
voglio
quel tronco spezzato nell'estuario
la vasta casa buia
e mia madre
che cerca
paraffina
per riempire il lume
finché la luce non esalava l'ultimo respiro.

La notte era lenta a venire.
Il giorno scivolava
verso il suo cimitero provinciale
e fra il pane e l'ombra
ricordo
me stesso
alla finestra
che guardavo ciò che non era,
ciò che non succedeva,
e un'ala nera d'acqua che calava
su quel cuore che lì forse
ho scordato per sempre, alla finestra.
Ora rimpiango
quella luce nera.

Dammi il tuo lento sangue,
pioggia fredda,
dammi il tuo volo attonito!
Al mio petto
rendi la chiave
della porta chiusa,
distrutta.
Per un minuto, per
una breve vita,
toglimi la luce e lascia
che mi senta
sperduto e miserabile,
che tremi fra le fibre
del crepuscolo,
che riceva nell'anima
le mani
tremebonde
del-
la
pioggia.





Saprai che non t'amo e che t'amo
Saprai che non t'amo e che t'amo
perché la vita è in due maniere,
la parola è un'ala del silenzio,
il fuoco ha una metà di freddo.

Io t'amo per cominciare ad amarti,
per ricominciare l'infinito,
per non cessare d'amarti mai:
per questo non t'amo ancora.

T'amo e non t'amo come se avessi
nelle mie mani le chiavi della gioia
e un incerto destino sventurato.

Il mio amore ha due vite per amarti.
Per questo t'amo quando non t'amo
e per questo t'amo quando t'amo.

venerdì 31 ottobre 2008

Appello al mio commensale

senti un po', compagno di pranzo, mi rammenti il libro che mi hai consigliato?
non lo ricordo.
e mi dai qualche dritta su qualche gran bel pezzo di musica da ascoltare -ma non Bruce...- come sai fare tu? quando il tuo ultimo consiglio?
lo ricordo. non da molto. tu ci sei.

mercoledì 29 ottobre 2008

girone dantesco e paradiso dei sensi



scherzosamente nota come la "città delle tre T", ossia turòon, Turàs, tetàs, Cremona.
non ci siamo fatti mancare niente. nell'ultima accezione per una dote naturale che necessariamente mi accompagna, indipendentemente dalla citta' in cui mi trovo. ma non ci siamo fatti mancare niente. appunto.
citta' d'arte, musica e forti sapori.
ora anche di indelebili ricordi.
soli. intanto soli. e non e' poco.
attratti dalla bellezza pulita delle forme.
calamitati dal profumo e dall'eleganza delle pasticcerie.
abbiamo svaligiato un negozio Sperlari di antica bellezza -torrone e mostarde- e la pasticceria Lanfranchi che esponeva "ferri vecchi" di cioccolato e "ossetti" di pasta frolla dal burro-che-cola.
siamo gia' nel girone dantesco dei golosi. guadagnato a pieno titolo.
sfido chiunque a resistere.
il problema e' che abbiamo ceduto mezz'ora dopo l'arrivo. eddai...



voi non potete capire...

o forse adesso si.


stregati dai violini, Stradivari e Guarneri del Gesu', di raffinatissima fattura, fabbricati in questo luogo raro e talvolta ascoltati di frodo, per caso, per strada, passeggiando, nel silenzio di una via incastonata nell'architettura della citta'.
deliziati da aperitivi all'aperto al sole caldo -lafinedelmondo?- di fine ottobre con la gente elegante di provincia che ci circonda.
cullati dal silenzio delle strade in un sonno meritato, decisamente meritato.
ma.
il vero ma sta nella cena.




in un luogo di sensuali delizie. 3 ore a tavola, ottimo vino, non so quante portate tra quelle ordinate e quelle offerte. eleganza del ristoro di altissima qualita'.
una serata in paradiso prima che il mondo si fermi del tutto.
cosa ho fatto per meritarmi questo burroso kg aggiuntivo di fine week-end?
e' qui, nell'attesa che amplifica il piacere, che ho letto Prevert. innamorato.

FIESTA

E i bicchieri erano vuoti
e la bottiglia in pezzi
E il letto spalancato
e la porta sprangata
E tutte le stelle di vetro
della bellezza e della gioia
risplendevano nella polvere
della camera spazzata male
Ed io ubriaco morto
ero un fuoco di gioia
e tu ubriaca viva
nuda nelle mie braccia.


ALICANTE

Un'arancia sulla tavola
il tuo vestito sul tappeto
E nel mio letto tu
Dolce presente dei presente
Freschezza della notte
Calore della mia vita.


LA BELLA STAGIONE

A digiuno sperduta assiderata
Tutta sola senza un soldo
Ferma in piedi una ragazza
Età sedici anni
In Place de la Concorde
Il quindici agosto a mezzogiorno.


per te. buon compleanno.

mercoledì 22 ottobre 2008

via

non bisogna dimenticare le cose importanti.
ce ne sono poche.
bisogna lasciare andare ciò che ci fa solo male e smettere, smettere, per sempre, di trattenere tutto presso di sè.
con la paura di perdere, di perdersi, di essere dimenticati.
ci sono cuori che comunque dimenticano. come neve al sole.
incomprensibilmente?
il cuore batte ma pochi lo sentono. e nemmeno il proprio.
dopo l'autunno viene l'inverno.
io ci entro, altri non ne usciranno mai.

buon compleanno.

domenica 5 ottobre 2008

sabato 4 ottobre



sabato.
ottobre.
sole. no, direi luce.
sono sull'autostrada milano-laghi.
vado a Bollate, al cimitero.
vado a parlare con la terra smossa, cerco forse trovo più ascolto di quanto ne ottenga da chi ci cammina sopra.
vado a sistemare la mia anima al suo posto. deviata dalla burocrazia della morte che mi costringe a cancellare senza saper ricordare. dimentico tutto ma non che è passato quasi un anno.
la terra è smossa e piante parassite vengono da sotto, le strappo con la mano appesantita rallentata dai pensieri, mi fanno impressione, veramente, mi sento parassitata, vengono dalle radici, dalle mie radici che si perdono nella terra sotto di me, che non ritrovo più dentro di me.
arrivo alla curva del cavalcavia e vengo inondata da una luce assurda, travolgente, accecante. si vedono le montagne, la luce è tersa, senza veli, senza menzogna dritta sulla retina, come solo ottobre sa regalare.
mal di testa. un po' di nausea. troppo per me e la mia penombra.
di ritorno a casa, apro il portone, sul pianerottolo di casa mia decine di foglie secche e gialle, sul pavimento, mi attendono spinte da fuori, trovano la strada verso casa. dentro.
vado in cortile, di nuovo quella luce, forte penetrante, mi fa chiudere gli occhi, a mia difesa. tasto il mio bucato, di due ore fa, è già asciutto. c'è il sole, è caldo, ma soprattutto c'è vento, ed è teso e freddo. asciutto.
ottobre.
è autunno.
autunno.
è quasi passato un anno.



TORNA L'AUTUNNO
di PABLO NERUDA
(Cile, Parral 12/07/1904-Santiago 23 /09/1973)

Un giorno vestito a lutto cade dalle campane,
come un trepido tessuto vagamente di vedova,
è un colore, un sonno
di ciliege affondate nella terra,
è uno strascico di fumo che giunge senza tregua
a mutare il colore dell'acqua e dei baci.

Non so se mi capite: quando dall'alto
si avvicina la notte, quando il solitario poeta
ode alla finestra correre il corsiero dell'autunno
e le foglie della paura calpestata crepitano nelle sue arterie,
c'è qualcosa nel cielo, grosso come una lingua
di bue, qualcosa nel dubbio del cielo e dell'aria.

Tornano le cose al loro posto,
l'avvocato inevitabile, le mani, l'olio,
le bottiglie,
tutti gli indizi della vita: i letti, sopratutto,
sono pieni di liquido cruento,
la gente affida i segreti a loschi orecchi,
gli assassini scendono le scale,
ma non è questo, è il vecchio galoppo,
il cavallo del vecchio autunno che trema e dura.

Il cavallo del vecchio autunno ha la barba rossa
e la bava della paura gli copre le mascelle
e l'aria che lo segue è simile all'oceano
e profuma di un vago marciume sotterrato.

Tutti i giorni scende dal cielo un colore di cenere
che le colombe devono spartire sulla terra:
la corda che l'oblio e le lascrime intrecciano,
il tempo che ha dormito lunghi anni nelle campane,
tutto,
i vecchi abiti tarlati, le donne che vedono venire la neve,
i papaveri neri che nessuno può contemplare senza morire,
tutto cade tra le mani che sollevo
in mezzo alla pioggia.


martedì 23 settembre 2008

la musica. e i cinesi.


MI TO settembre musica

Milano22 settembre lunedì

Teatro Dal Verme
ore 21
Richard Wagner
“Parsifal”, preludio al I atto

Olivier Messiaen
Chronochromie

George Benjamin
Palimpsests

Richard Wagner
Da “Il crepuscolo degli Dei”
Marcia funebre di Sigfrido
Finale

Junge Deutsche Philharmonie
George Benjamin, direttore
Elizabeth Connell, soprano


un bel concerto. Wagner esaltante sopra ogni altro.
Junge Deutsche Philarmonie.
giovane, molto giovane.
avranno avuto non più di 30 anni. secondo me no. davvero.
potrei dire che questa è stata la vera sorpresa di questo concerto.
giovani, giovani e belli, con gli strumenti in mano e la musica nella testa.
la cultura in mano ai giovani.
sembra quasi sorprendente. una possibilità, una speranza.
molti asiatici tra i concertisti, molti biondi, come si conviene a una Deutsche Philarmonie, e molti asiatici.

anche la sera prima, alla Salsamenteria Verdiana di Milano, Foro Bonaparte,

una tavolata di cinesi. chinatown resiste nonostante la ZTL e non dista molto da lì. Questo ho pensato. Ignara.
verso la fine della cena, la mia, si alzano in due. una si dirige al piano...l'altra comincia a cantare. un'aria di Verdi, ovvio no?
strabiliante.
dopo 15 minuti, si alzano in tre. una sempre al piano e DUE cominciano a cantare. un'altra aria di Verdi.
sconcertante.
mi sono sembrate intense, brave.
cinesi che cantano Verdi in un locale emiliano gestito interamente da ucraini, si direi ucraini. Che mi dicono che spesso, molto spesso, vengono lì a cenare e cantare (la bellezza di questo locale che consiglio a tutto il mondo) allievi del Conservatorio di Milano.
giovani, cinesi, ucraini. e Verdi.
è che la cultura occidentale è molto "esportabile"? è più diffusa, essendo appunto per sua stessa definizione "occidentale", quindi carica di storia/tradizione e di facilitazione al consumo? è che gli asiatici sono molto attratti dalla cultura occidentale, dalla lirica, dalla musica classica? è che io non so nulla o quasi della cultura e della musica cinese che è, invece, molto più edibile di quanto pensi? è che il mondo si è definitivamente globalizzato?




io non so niente, ma le cinesi che cantano Verdi davvero non me le dimentico.

sabato 20 settembre 2008

non posso

ho scritto due post.
uno su un uomo malato rassegnato che piange.
uno su un bambino indipendente curioso che cresce.
ma non posso.
non tutto si puo' rivelare.
meglio rimangano nella memoria.
mia e di questo blog.

ho comprato Fernanda Pivano - Poesia degli ultimi americani.
ma non posso.
non c'e'una sola poesia che si salvi.
niente.
non c'e' incanto, non c'e' sogno, non c'e' meraviglia, non c'e' nemmeno la parvenza di una forma rotonda e attraente. non c'e' parola.
niente.
c'e' molta morte. illeggibile.

non posso.

martedì 9 settembre 2008

foto album

p.s.
qualcuno conosce un modo per caricare le foto sull'album delle foto che non richieda di registrare le foto una foto dopo l'altra 5 foto alla volta? qualcuno esiste?

domenica 7 settembre 2008

meravigliami. tecniche di seduzione al maschile

anni fa, molti direi (nel 96? echilosà..), mi hanno dedicato una canzone. "viva" di Ligabue. mi hanno detto: sei tu. allora non mi fece un grande effetto. scema forte direi...ma è così... non so se per mancanza di consapevolezza di me stessa, forse non mi riconoscevo in quella golosita' di vita, o se per lo stupore, e l'incredulità -ma no dai!- di essere guardata cosi' da vicino, e cosi' bene, da un uomo che tutto mi sembrava fuorche' cosi' attento.
la riascolto oggi e mi dico che c'e', o meglio c'era, da leccarsi i baffi. la donna che regna in quella canzone e' energia pura e vorrei proprio davvero essere viva come il Liga racconta.



qualche giorno fa mi hanno detto: ascolta "dune mosse" di zucchero...la sto sentendo adesso e immagino di ballarla con te, nel mezzo di una cena, con un bicchiere di vino in mano, alla luce bassa di molte candele.
mammamia e poi?
la canzone l'ho ascoltata... e chi sei?
oggi sono certo piu' consapevole di me rispetto all'anno in cui mi dedicarono "viva", ma ancora faccio fatica a credere. in questo caso la canzone non parla proprio di una donna. ma di un viaggio attraverso una donna, di un desiderio fisico irresistibile - "non ce la faccio più"- generato da una donna. vivo, penetrante, erotico, mosso, guidato dagli occhi di lei, fino all'implosione (così dice) finale nell'immenso.
mammamia. di nuovo. e ancora.
lusingatissima della dedica, anzi di piu'.
per me? davvero per me? dai...sei sicuro?
io dico che e' un filibustiere. filibustiere marinaio mascalzone latino manuale di istruzioni vedi pagina 10. ma mi giurano di no...
non e' sempre facile, scontato, credere a un uomo. almeno per me. com'è?

video di dune mosse
http://www.youtube.com/watch?v=Jvsv0Sg1ojo

giovedì 4 settembre 2008

ho un nuovo amore, anzi due, o forse tre



Scozia.
Fotografia.
Hikmet.
Possiamo anche mettere tutto insieme.
il motore è la passione, l'appassionarsi, il dedicarsi. entrare dentro.
Scozia.
spazio, acqua, mare, terra, odori, aromi.
selvaggia, desolata, poi morbida e luminosa, poi verde e accogliente, di nuovo spoglia disabitata e a picco sul mare con scogliere ripide e vertiginose.
alta marea, bassa marea. il gioco della luna.
cielo veloce mobile limpido e poi turbolento.
atlantico forte e potente, sabbia bianca e corallina.
fari sull'infinito che ci attende.
Scozia.



La Scozia ti fa scoprire, riscoprire, il senso del viaggio, del passaggio, dello spostamento dell'assetto del se' dalla routinarietà assassina alla visionarietà dello spazio infinito. luoghi lontani difficili da raggiungere o irraggiungibili che ti appaiono in un attimo, si fissano sulla retina... e ti portano nel sogno. stato onirico della veglia. luoghi che poi scompaiono alla vista ma che rimangono e sedimentano sul fondo all'anima. irraggiungibilità e sogno. sogno del vuoto, del niente, del nulla. finalmente l'inconsistenza dell'essere, l'annullamento dell'angoscia di essere davanti all'irruenza della vita, della natura. sgorga fluente l'idea di appartenere a un progetto, vitale naturale potente. per una volta il nulla. che non è morte. ma e' vita. è se stessi, il nulla se non se stessi. Scozia.



un nulla che si fissa in una foto. si può? si prova.
alla fine e' difficile rinunciare alla consistenza. una foto per fissare, per non perdere. abbiamo fotografato tutti, ognuno a suo modo. ognuno per se'. ognuno nel suo piccolo grande mondo della memoria. ognuno nella propria personalissima scozia. le foto...il diario degli occhi. luoghi visti da angolazioni diverse, lo stesso scorcio visto con gli occhi che ognuno di noi possiede. è l'illusione che la foto trattenga la sensazione di bellezza. ma quella, secondo me, non è legata alla vista. la vista è un transito, come lo è il viaggio. la bellezza rimane dentro, è l'essere via, in una dimensione inusuale che ci ha restituito a noi stessi.
la foto ci appaga di ciò che abbiamo lasciato dietro di noi, ce lo restituisce per un attimo, ma ci lascia insoddisfatti. abbiamo preso e poi lasciato. ma dentro è rimasta l'impronta.

l'irraggiungibilità e l'inafferrabilita' si perpetuano nella memoria delle parole di Nazim Hikmet. poeta, turco, parla d'amore, lui, solo d'amore, come se l'amore fosse davvero l'unica realtà che ci rende coesi, l'unico elemento vitale che tiene unito il corpo alla mente, l'unica possibilità di non cedere alla follia della solitudine, della dissipazione. immaginifico, grande.
una bolla illusoria o assoluta verità?
a me pare vero. e potente, come la natura che ti lascia nudo davanti a te. Lascia solo l'autentico.



Il più bello dei mari


Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l'ho ancora detto.



Sei la mia schiavitù sei la mia libertà


Sei la mia schiavitù sei la mia libertà
sei la mia carne che brucia
come la nuda carne delle notti d'estate
sei la mia patria
tu, coi riflessi verdi dei tuoi occhi
tu, alta e vittoriosa
sei la mia nostalgia
di saperti inaccessibile
nel momento stesso
in cui ti afferro


Ti sei stancata di portare il mio peso


Ti sei stancata di portare il mio peso
ti sei stancata delle mie mani
dei miei occhi della mia ombra

le mie parole erano incendi
le mie parole erano pozzi profondi

verra' un giorno un giorno improvvisamente
sentirai dentro di te
il peso dei miei passi
che si allontanano

e quel peso sarà il più grave.




Amo in te


Amo in te
l'avventura della nave che va verso il polo
amo in te
l'audacia dei giocatori delle grandi scoperte
amo in te le cose lontane
amo in te l'impossibile

entro nei tuoi occhi come in un bosco
pieno di sole
e sudato affamato infuriato
ho la passione del cacciatore
per mordere nella tua carne.

amo in te l'impossibile
ma non la disperazione.

mercoledì 30 luglio 2008

primavera di Praga-dal 5 gennaio al 20 agosto 1968

ne avete mai sentito parlare?
una primavera. pochi mesi, di socialismo "dal volto umano". conclusosi davanti agli occhi del mondo nel '69 in piazza Venceslao con il sacrificio umano di Jan Palach, immolatosi bruciando vivo, e dopo di lui molti altri, per protestare davanti al mondo della fine della storia, della libertà, della corsa folle della Cecoslovacchia verso il proprio autonomo disegno politico, prima dell'arrivo dei carri armati russi.
C'è una mostra, a Milano, racconta questa storia.



sono le fotografie di Josef Koudelka.
sono una storia e sono storia. ordinaria storia di sopraffazione.

martedì 29 luglio 2008

Derek Walcott. Ora saldamente nelle mie mani



l'ho comprato. è nelle mie mani. "Mappa del nuovo mondo" di Derek Walcott.
conosciuto per caso, è ormai un compagno di sogni assolati per sempre.
Nasce a Saint Lucia...sapete dov'è? io ci sono stata. nella periferia marina dei CARAIBI.



Con Walcott si viaggia, si perde il centro, la rotta, poi ci
si ritorna, bruciati da sole e incantati dai tramonti.
"Sono nessuno o sono una nazione", diceva.
Strano, mi ricorda qualcun'altra, altro genere, altra era, altro sesso.
Anche Virginia Woolf recitava così:
"as a woman I have no country,
as a woman I want no country,
as a woman, world my country is the whole world".
Il genio sconfina. sempre



Mezza estate, Tobago

Larghe spiagge lastricate dal sole

Calore bianco.
Una fiumana verde

Un ponte,
gialle palme bruciacchiate

giù dalla casa in letargo estivo
appisolata per tutto l'agosto.

Giorni che ho stretto,
giorni che ho perduto,

giorni diventati troppo grandi, ormai, come figlie,
per rifugiarsi nel porto delle mie braccia.



Arcipelaghi

Alla fine di questa frase, comincerà la pioggia.
All'orlo della pioggia una vela.

Lenta la vela perderà di vista le isole;
in una foschia se ne andrà la fede nei porti
di un'intera razza.

La guerra dei dieci anni è finita.
La chioma di Elena, una nuvola grigia.
Troia, un bianco accumulo di cenere
vicino al gocciolar del mare.

Il gocciolio si tende come le corde di un'arpa.
Un uomo con occhi annuvolari raccoglie la pioggia

e pizzica il primo verso dell'Odissea.



Il pugno

Il pugno stretto intorno al mio cuore
si allenta un poco, e io respiro ansioso
luce; ma già preme di nuovo.
Quando mai non ho amato
la pena d'amore? Ma questa si è spinta

oltre l'amore fino alla mania. Questa
ha la forte stretta del demente, questa
si aggrappa alla cornice della non-ragione, prima
di sprofondare urlando nell'abisso.

Tieni duro allora, cuore; così almeno vivi.

qualcosa- che si chiama "across the universe"

si parlava di cose...di cose senza nome.
ma c'è qualcosa, c'è un something, qualcosa che si capisce bene che cos'è...



Something
- Beatles

Something in the way she moves
Attracts me like no other lover
something in the way she woos me

I don't want to leave her now
You know I believe her now

Somewhere in her smile she knows
That I don't need no other lover
Something in her style that shows me

Don't want to leave her now
You know I believe her now

You're asking me will my love grow
I don't know, I don't know
You stick around now it may show
I don't know, I don't know

Something in the way she knows
And all I have to do is think of her
Something in the things she shows me

Don't want to leave her now
You know I believe her now


GUARDA IL VIDEO....GUARDALO...
http://it.youtube.com/watch?v=a9njdTKhs2c

Chi ha visto "Across the Universe"? o meglio chi non lo ha visto?
ebbene chi non lo ha ancora fatto si alzi ora, dico ora, dalla sedia, prenda la borsa, si metta le scarpe e vada a vederlo.
visionario, immaginifico, evocativo, penetrante.
qualcosa c'è di sicuro, come quel "something" dei beatles.
Le canzoni sono piene di something...ma e' sempre una sola cosa soltanto...


All you need is love - Beatles
Love, Love, Love.
Love, Love, Love.
Love, Love, Love.

There's nothing you can do that can't be done.
Nothing you can sing that can't be sung.
Nothing you can say but you can learn how to play the game.
It's easy.

Nothing you can make that can't be made.
No one you can save that can't be saved.
Nothing you can do but you can learn how to be you in time.
It's easy.

All you need is love.
All you need is love.
All you need is love, love.
Love is all you need.

Nothing you can know that isn't known.
Nothing you can see that isn't shown.
Nowhere you can be that isn't where you're meant to be.
It's easy.

All you need is love.
All you need is love.
All you need is love, love.
Love is all you need.

GUARDA ANCHE QUESTO...
http://it.youtube.com/watch?v=9GkgDZ28T00

Si certo, sono canzoni dei beatles. tutto qua? ma no... non è, come qualcuno, mi domando come, mi aveva detto, la storia "meno nota" dei beatles...ma dai...è una storia costruita sulle parole, i personaggi, le emozioni, le evocazioni, i nomi, le note delle canzoni dei Beatles.
un'operazione riuscita, soprattutto per un motivo. non sono i beatles che cantano, ma i personaggi del film. cantano le canzoni in modo naive, semplicemente, sentimentalmente, coralmente legati alla trama dei film. il risultato è esaltante. le parole sgorgano dal cuore, raccontano un mondo, raccontano l'amore e l'amicizia across the universe.


Naturalmente, ascoltatela. la colonna sonora. chi non lo avesse ancora fatto si alzi ora, dico ora, dalla sedia, prenda la borsa, si metta le scarpe e vada a comprarla. Strawberry fields forever....

lunedì 28 luglio 2008

cose




le cose. le cose da fare. ho da fare delle cose. mi è successa una cosa. non so che cosa fare. scusa ma non so cosa dire.
ma le cose esistono se ci sono delle persone, persone le che le fanno, che le condividono, che le realizzano con gusto e passione, che le vivono poi le raccontano e le ascoltano queste benedettissime cose.
allora quelle cose diventano qualcosa. diventano un avvenimento, un accadimento, un'esperienza, un'emozione.
basta cose, diamo un nome alle cose. ogni cosa ha il suo nome.

domenica 27 luglio 2008

let me in

sabato sera.
concerto dei REM.
un avvenimento, speciale, lunare, unico, per cui vale la pena scrivere ripensare e riflettere.
ma quando?
ora sembra che non ci sia il tempo, il tempo di vivere. non c'è.
se non rari, brevi, sfuggenti momenti di intensità. si sfuggente intensità.

http://www.youtube.com/watch?v=UNkPjAlxXWw

domenica 20 luglio 2008

incontri



qui si, il colore ci sta.
lavanda.
colore calore profumo silenzio.
scalata di colore
scie di calore
canali di profumo
la voce del silenzio.

"Ci sono cose in un silenzio
che non m'aspettavo mai,
vorrei una voce
ed improvvisamente
ti accorgi che il silenzio
ha il volto delle cose che hai perduto".
Tenco, la voce del silenzio.

http://it.youtube.com/watch?v=hpVtgJyCtkk

Percorsi.
quanti percorsi facciamo nella nostra vita?
rivedo foto dei miei genitori e mi perdo nei percorsi della mia memoria, quello che sento si impadronisce di me, mi fa sentire perduta e sola. penso al loro percorso, insieme, prima e dopo di me. un percorso finito, concluso. ma un percorso si conclude mai veramente? o il cerchio non si chiude mai?
Incontri.
quanti incontri facciamo nella nostra vita?
alcuni ci segnano per sempre e tracciano il solco dei percorsi della nostra esistenza.
ne ho fatto uno un anno fa che mi ha fatto sentire la forza del legame e dell'autentica vicinanza e ora temo di vederlo sciogliersi perdersi svuotarsi della sua sostanza. "ci sono" mi dice, ma esserci non vuol dire pensare insieme, immaginare e sognare insieme? ci sei? allora pensa con me. l'amicizia, come l'amore, ha bisogno di continuita': si alimenta e cresce di sostanza affettiva mentale emotiva vitale, si nutre di notizie di informazioni di parole di incontri di rinnovamenti. altrimenti non si sostanzia piu'. poi ci si dice "sto bene" ma non ci si e' detto niente, perche' dell'altro non si sa piu' niente e niente sa l'altro di te. si diventa come tutti, come tutti quelli che di te non sanno. non hai paura che succeda questo?
ne ho fatto uno piu'di dieci anni fa. definitivamente perduto, cosi' pensavo, si rivelava con flash mnemonici di luce, mi dava il senso concreto delle cose belle che si perdono senza saperne il motivo. un abbandono improvviso che, in me e nel mio ripensare, non ha mai trovato una spiegazione. succede. ora la vita mi riporta casualmente vicino e mi fa sognare. si mi fa sognare. incontro ancora, imprevedibilmente, e nel momento in cui mi sento abbandonata mi dice distrattamente "non credere che mi sia dimenticato di te". e io sogno. sogno di nuovo l'alleanza, sogno la presenza che quell'incontro mi ha dato, piu' di dieci anni fa. non tornera', quell'incontro, secondo me, ma lo sogno. ma sul serio. di notte, lo sogno.
incontro un nuovo amico, mi stupisco della sua semplicita' nello starmi a fianco, ne ritrovo uno antico, mi crogiolo nel suo farmi sentire bella, desiderabile.
incontro una vecchia amica, persa un anno fa, e ora casualmente ritrovata. senza rabbia senza rancore, facile e bello risentire la sua voce brillante che racconta la sua vita in una serata giapponese.
ho sulla scrivania, da giorni, il numero di un centro, porta il nome, tra i responsabili da contattare, di un amore, il mio primo grande amore. e' il mio lavoro, mi dico che devo telefonare. no, per ora non telefono. perche' non e' una questione irrisolta. e' passata, e' spenta, e' sciolta, e' superata. ma sarebbe un nuovo incontro con un qualcuno che ha gia' segnato il mio percorso. indelebilmente e ora appartiene alla mia memoria silenziosa, non chiede di essere richiamato alla realta' della mia vita quotidiana.
c'e' un incontro che ormai ha la sua età, un suo spessore. e mi ci perdo ancora confusa come se li', invece, il tracciato si insabbiasse ogni volta. e ogni volta si ricomincia da capo, ognuno, credo, con la sensazione che non possa mai finire. e' un cammino che fa crescere pensare e molto sentire.
c'e' l'Incontro, quello, quello che ha generato gli affetti indelebili della mia vita. quello che credo a volte credo, immagino e posso immaginare, a volte dubitando, ma non lo facessi sarei un'incauta, che sia l'incontro che segna la direzione del mio solco e del mio percorso.

Un'arancia sulla tavola
il tuo vestito sul tappeto
E nel mio letto tu
Dolce presente del presente
Freschezza della notte
Calore della mia vita.
Jacques Prevert

e poi. poi c'e'molto altro ancora.
gli incontri mi segnano. segnano la mia esistenza e la scavano dentro. per me un incontro e' per sempre. e' una scia un profumo un calore un colore un odore che si fissano indelebili nel percorso della mia vita, con la voce penetrante del silenzio.
e di questi tempi devo starci attenta, a incontri ed emozioni, perche' mai sono stata tanto vulnerabile.
quindi "se questo e' l'effetto sul tuo morale ti consiglio di mollare la psicoterapia". ma l'effetto sul morale, l'effetto del bene-stare, del bene-essere non sono di pertinenza degli incontri, dell'amore e dell'amicizia? io penso di si.
quello della psicoterapia e' un percorso di conoscenza interiore, e' la ricerca della propria domanda, e' uno sguardo nello specchio della propria memoria. e' sedersi a tavola con se stessi e rivedere un album di foto, e' ritrovare il valore del proprio DESIDERIO.


Amore dopo amore

Tempo verrà
in cui, con esultanza,
saluterai te stesso arrivato
alla tua porta, nel tuo proprio specchio,
e ognuno sorriderà al benvenuto dell'altro,

e dirà: Siedi qui.Mangia.
Amerai di nuovo lo straniero che era il tuo Io.
Offri vino. Offri pane. Rendi il cuore
a se stesso, allo straniero che ti ha amato

per tutta la tua vita, che hai ignorato
per un altro e che ti sa a memoria.
Dallo scaffale tira giù le lettere d'amore,

le fotografie, le note disperate,
sbuccia via dallo specchio la tua immagine.
Siediti. E' festa: la tua vita è in tavola.

Derek Walcott
("Mappa del nuovo mondo" Adelphi 1992)
premio Nobel per la letteratura nel 1992

e' un posto speciale, questo luogo senza spazio e senza tempo che e' l'analisi. un luogo dove ogni parola ha il suo valore, ma, al tempo stesso, lo perde, dove ogni esperienza fatta oggi, in questo minuto, si sovrappone a quella fatta dieci venti mille anni fa, anche prima che nascessi, riprende vita, si rivive in quell'istante. una dimensione dove si prova dolore e poi sollievo, dove la mia pelle assume colori e temperature diverse, dove si disegna del mio umore, della mia tristezza e della mia speranza. è un luogo dove tutto sta sullo stesso piano, senza giudizio, sogni e domande.
è un posto che fa un po' paura a pensarci.
perche' c'è liberta'. c'è solitudine, c'e' ricerca, c'è tempo. c'e' il proprio tempo.
e' li che rinascono e rivedo i miei incontri, ritrovo l'origine del mio linguaggio affettivo -che si illude che l'intensità sia un bene desiderabile per tutti-, interrogo la mia memoria, interpreto il mio personalissimo percorso.

mercoledì 16 luglio 2008

se stasera sono qui...conoscete la canzone? la cantava mina

volevo scrivere.
di incontri.
ma non ci riesco.
non posso.


Benchè l'onda delle parole ci sovrasti sempre,
le nostre profondità sono sempre silenti.


Kahlil Gibran
Sabbia e schiuma

di solito il profondo non si avverte, non parlo del profondo dell'anima, anche se qualcuno non sente nemmeno quello, parlo del profondo del nostro corpo. viviamo, funzionamo, respiriamo, camminiamo con muscoli e sangue e cuore, ma non li avvertiamo.
ma.
avete idea di quando avete la tosse? e sentite, insolitamente, di avere dei bronchi e dei polmoni? bruciano.
avete idea quando avete mal di stomaco, e vi accorgete, mai come prima, di avere uno stomaco? brucia.
ecco, la malinconia fa cosi'. ti accorgi che il cuore ha un suo posto. pesa. mmaledettamente pesa.
e io non posso scrivere. il peso che sento me lo impedisce, le parole restano dentro, le emozioni implodono.
notte.

domenica 13 luglio 2008

uomini e donne. ma siete sicuri?




Quante cose che non sai di me
Quante cose che non puoi sapere
Quante cose da portare nel viaggio insieme

Quante cose che non sai di me
Quante cose devi meritare
Quante cose da buttare nel viaggio insieme

C'è un principio di energia
Che mi spinge a dondolare
Fra il mio dire ed il mio fare
E sentire fa rumore
Fa rumore camminare
Fra gli ostacoli del cuore

Ligabue-Elisa, Gli ostacoli del cuore


M. mi dice: non posso rispondere ai tuoi post.
peccato. perche'?
M. mi risponde: se tu poi mi rispondi e scarico la posta davanti alla mia fidanzata succede un casino.
peccato. ci ripenso e mi dico che i conti non mi tornano. scusa sai ma non ho capito. proprio non ho capito. apri la TUA posta davanti alla tua fidanzata? non e' la TUA posta?
non la faccio lunga. pongo il mio quesito e poi anche le mie considerazioni. e poi, uomini e donne, vedete un po' voi...
mediamente e' cosi' che succede. lui ha il cellulare. lui ha il suo account di posta. roba sua. momenti suoi. lui e' fidanzato. lui non puo' piu' parlare neanche avvicinarsi neanche vagamente relazionarsi con un'altra donna se non eventualmente, ma proprio per via del tutto eccezionale, per motivi di lavoro o stretta necessità. E BASTA, non si discute.
immagino, ma forse con un po' meno morbosa ossessione, si possa immaginare spesso anche il fenomeno opposto. Il tuo uomo sono io, il resto è fuori.
LEI: tutto il sesso femminile inizia e finisce con me.
LUI: tutto il sesso maschile inizia e finisce con me.
Posso dirlo? imbarazzante limitante fastidioso poco dignitoso morboso perverso.
come se tutti noi qui dentro non sapessimo che tutto questo e' falso. il mondo va oltre i nostri fidanzati, il mondo esiste anche se siamo fidanzati, il mondo ci penetra e ci attrae anche se siamo fidanzati e far finta che non sia cosi' non ci preserva dalla fine dell'amore e, allo stesso tempo, accettare che sia cosi' non significa che non amiamo i nostri fidanzati.
ma siete sicuri? veramente a ogni sms dovete rispondere alla domanda chi e'? ogni sms? e leggete la VOSTRA posta del VOSTRO personalissimo account in presenza dei vostri fidanzati? e il resto del mondo, maschile o femminile, si conclude, termina, non esiste più dal momento in cui vi fidanzate?
ma che concezione avete del rapporto di coppia? stare vicini e condividere vuol dire farsi i cazzi dell'altro? vuol dire spiare e indagare e controllare e verificare con chiamate e domande insistenti su chi telefona e chi chiama? vuol dire controllare la sua posta magari anche leggerla e vederla di nascosto? mioddio! vuol dire verificare ogni passo mattina e pomeriggio, figuriamoci la sera?
ma siete sicuri che tutto questo faccia parte di un rapporto di coppia? non e' che magari siano possesso a mancanza totale reciproca di autonomia mentale affettiva? voi pensate veramente che sapere tutto dell'altro vi permetterà di possederlo e comprarlo e assicurarvelo vicino tutta la vita?
non e' che, magari, avere ognuno la PROPRIA vita, i propri amici e amiche, ANCHE NUOVI magari anche conosciuti dopo aver incontrato LEI/LUI cioe' dopo aver varcato la soglia definitiva della fine del mondo, i propri momenti di sms e di posta, i propri segreti magari non necessariamente del tutto svisceratamente completamente condivisi con l'altro, qualche piccolo segreto tutto nostro, i propri interessi, e non quelli dell'altro, le proprie passioni, e non quelle dell'altro, le proprie uscite, e non sono quelle con l'altro, non e' che magari, invece, ci rendono meravigliosamente indipendenti e straordinariamente piu' accattivanti per l'altro? Io sono, vivo, mi relaziono, penso oltre l'altro. ed e' me che sceglie ogni giorno non perchè non ha altra scelta, perchè sono io che gli permetto di scegliere. non e' meglio che obbligarlo ogni giorno con la nostra compulsiva e patetica ossessione? e' facile passare dall'amore all'obbligo e dall'obbligo alla noia e all'odio. più facile di quanto pensiate.
Non pensate che essere comunque capaci di preservare noi stessi, la nostra vita, il nostro essere indipendentemente dalla relazione amorosa, mantenere e coltivare la nostre passioni amicizie relazioni viaggi pensieri -che cose straordinaria saper pensare da se' e non acquisire i pensieri dell'altro facendoli penosamente passare come propri- non sia un modo fantastico per renderci attraenti e sempre nuovi per l'altro e stimolare la sua curiosita' verso di noi? noi che siamo, esistiamo, e cresciamo con l'aiuto, la presenza, la costanza e la vicinanza dell'altro e non con il suo possesso di ogni cm di spazio e di istante neuronale di noi?
non fraintendete. certo che poi c'è tutto ciò che CON l'altro ha inizio. ci sono cose in comune c'è la vita insieme ci sono le cose che insieme si scoprono e che insieme danno un 'infinita gioia. non sto contemplando una vita da separati in casa...non fate finta di non capire. è anche vero che non siamo tutti fatti e finiti, non siamo tutti così tempestivamente completi, siamo fragili in qualcosa e più strutturati in altre. tante cose si cominciano insieme e insieme si cambiano, insieme si impara. ma certe cose, se si lasciano fare, siete voi che le avete permesse, siete voi che le avete concesse e avvallate, siete voi che non avete saputo scegliere. perché i vostri compagni li scegliete no? o vi capitano così come una sventura di cui non avete avuto nessun controllo?
io ve lo dico. io non vi capisco. io non vivo cosi'. io sono io, gli sms sono per me e da me per qualcun altro, uomo o donna che sia, e il cellulare non si tocca. l'account di posta e' mio e nessuno oltre me lo legge e se solo ci prova lo fulmino e se dovessi scoprire che lo fa, di nascosto da me -ma i vostri fidanzati possiedono anche la password e il pin del cellulare?- sono già uscita di casa e ho cambiato indirizzo. vedo le mie amiche e i miei amici, anche conosciuti un mese fa, vado fuori da sola, penso da sola, coltivo la mia passione per la poesia cinema teatro lettura da sola e poi poi poi, pensate, ebbene si, la condivido. scambio quello che ho con l'altro. l'altro mi guarda contento e curioso, qualche volta stupito e un po' ammirato...ancora!, e io lo stesso con lui. esisto per me, anche senza di lui,e lui, ne sono certa, me ne e' meravigliosamente grato. anche se ne conoscerà un'altra -perché, signore e signori, accade anche se li pedinate per strada e li chiamate ogni ora del giorno e della notte- forse e' ancora da me che vuole tornare a parlare e confrontarsi. perché io ho coltivato un senso di me che l'altro riconosce e che lo riconosce come un soggetto e non come un oggetto di possesso. perché il mondo fuori mi fa crescere e pensare ed è arricchita che torno dentro la coppia.
il possesso non e' la via verso la presenza e la vicinanza. e' possesso e' solo l'espressione di un bisogno, non di amore, è la paura di rimanere soli.