bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

domenica 30 aprile 2017

nelle ossa temporali

Ho un alloggio di fortuna:
il mio corpo.
Ieri sera non sapevo dove sistemarmi:
lo stomaco bruciava,
gli occhi erano spine,
la lingua amara,
nelle ossa
temporali.
Bisogna prendere casa nel mondo,
dare confidenze a un muro,
alla curva di una strada.
Così quando moriamo
muore il corpo
e noi siamo immortali
perché siamo in un rovo,
nella tasca di un cappotto,
nella gamba di un tavolo.

Franco Arminio
Cedi la strada agli alberi

è un vero piacere copiare a mano una poesia,
su questo foglio
parola dopo parola.
imparerò anche io, prometto.

venerdì 28 aprile 2017

Io non sono un inizio e non sono una fine. Sono un anello di catena

pensi che sia solo una questione di omini e disegnini ma non è così!!
proprio non è così.
ah come ti sbagli.
è una visione del mondo, una sua interpretazione, una trasfigurazione in un personalissimo modo, con un personalissimo sguardo.
che bello vedere il mondo con un occhio così speciale.
pensavo a un mondo pop e via, invece è un mondo colto e così sia.
Keith Haring è un uomo informato, erudito, conoscitore della cultura classica e umanistica con un paio di occhiali speciali sugli occhi.
entrare nel suo mondo è una scoperta, e la mostra di Palazzo Reale aiuta, facilita, valorizza.
durante la visita si viaggia sulle montagne russe, si passa dai suoi ominidi-marchio di fabbrica a tutte le sue possibili applicazioni nell'arte figurativa, si impara a conoscere il suo mondo simbolico e sue esperienze di studio, di condivisione, di sballo psichedelico, di imitazione dei grandi pittori, da Marc Chagall a Pablo Picasso, da Andy  Warhol a Paul Klee, da Albrecht Dürer a Pollock.
“Mi conforta il pensiero che stavano perseguendo la stessa ricerca. In un certo senso non sono solo… come essi non lo erano, perché nessuno nella comunità degli artisti è mai stato né sarà mai solo”.
scopro che frequentava Madonna (che a sua volta frequentava Jean-Michel Basquiat) e condividevano l'attrazione per la cultura latina sud americana, "neri e ispanici apprezzano la sua arte così come a mia musica" dice Madonna, si ispirava a opere classiche e le rivisitava, vedeva i dipinti su San sebastiano e li reinterpretava, si faceva rapire da Il giardino delle delizie di Hieronymus Bosch e, stupefatto, lo ricomponeva a modo suo.


Il mio contributo al mondo è la mia abilità nel disegnare. Dipingere è ancora sostanzialmente la stessa identica cosa che fu nella preistoria. Riunisce l'uomo e il mondo. Vive nella magia.
intriso di cultura pop e controcultura, di esoterisno e street art, di frequentazioni omosessuali e droghe hard, ricomponeva il mondo in un gesto artistico apparentemente semplice ma fortemente radicato nella cultura antica e totalmente proiettato nel futuro. si esprimeva come un uomo del suo tempo, protestava contro le macchine e la pietrificazione dell'umanità, si perdeva dietro il godimento sfrenato e immediato di sesso e stupefacenti ma immaginava una ristrutturazione universale attraverso l'arte, anche la sua ma non solo, attraverso lo sguardo dell'infanzia, attraverso una catena di significanti che arrivavano fino a lui, al suo reale artistico.






Io non sono un inizio e non sono una fine. Sono un anello di catena.
e nella sua arte, dipinti e sculture, si ritrovano  frammenti di arte tribale e di cultura etnografica che interagiscono con un immaginario gotico e con l’universo del fumetto, sperimenta l’impiego di software che gli permettono di creare immagini al computer, disegna murales con il gesso, produce magliette e spillette, si dedica alla performing art.

in mostra il curatore lo ha anche accostato a una colonna traiana, in una narrazione continua, progressiva, crescente.

Penso di essere nato artista; penso di avere la responsabilità di riuscirci.
è un uomo arte.
è un uomo attraversato dall'arte.
come l'uomo che danza infilzato nella pancia da un altro uomo che danza.

è una catena, non è un uomo solo, è molti uomini, è l'arte per tutti, è tutti noi.
Dipingerò quanto potrò, per quante persone potrò, per quanto a lungò potrò.

Nasce in Pennsylvania nel 1958.
l'Aids gli venne diagnosticato nel 1987.
ipotizzando un "senza fine" nell’arte cercò di affrontare la malattia lavorando senza sosta, per lasciare aperti discorsi che altri potranno portare avanti. 
arriva Unfinished Painting, simbolo della mostra. 
"Qui Haring", ha spiegato il curatore della mostra Gianni Mercurio "dipinge solo un quarto dell’opera, l’angolo in alto a sinistra, di cui delinea nettamente il limite nei bordi della tela e simula le sgocciolature di colore verso il basso, evocando così le dinamiche dell’Action Painting. Il senso di sospensione dato all’opera dal non finito apre così alla narrazione: di ciò che è accaduto, di ciò che non accadrà, del divenire negato. Fu grazie a questa visione del mondo che a ventotto anni fronteggiò lo shock dovuto alla consapevolezza di avere contratto il virus dell’AIDS. Lavorò instancabilmente fino agli ultimi giorni di vita".

giovedì 27 aprile 2017

spiritus















non amo il mosso, nemmeno l'esposizione lunga, ma qui ha un significato, interno alla foto. Marco Beretta fotografa monaci buddisti da oltre 20 anni, scatta nel silenzio di monasteri remoti con una vecchia  analogica.
queste foto sono contemplative, sono trasfigurazioni e preghiere, sono la trascendenza.
ma senza enfasi, anche con durezza, con potenza.
le ho viste a Mia Photo Fair 2017 e mi sono piaciute.
e mi piace constatare come uno stesso strumento produca effetti così diversi a seconda dello sguardo dell'uomo, dell'entroterra degli occhi che guardano.

martedì 25 aprile 2017

muta lussuria di una rosa

Tempo di libri, buon tempo.
ho girato e ascoltato, mi hanno rapito la Mazzantini e Gifuni, Francesco Piccolo e Franco Erminio, le parole di Carmen Pellegrino e la rivisitazione di Jane Austen.
che idea geniale parlare di lei e di Orgoglio e Pregiudizio, dei libri "by a lady" (così si firmava), dell'ammirazione per lei di Virginia Woolf, della sua povertà materiale e ricchezza narrativa, dei prati verdi della campagna inglese e di Marianne che cade tra le braccia di Willoughby. ma, si sa, è universalmente noto, a Jane Austen appartiene Mr. Darcy, ormai siamo oltre la fantasia: adorabile scontroso, generoso bisbetico, gli dobbiamo molti sospiri, cara Jane, ci hai stregate tutte, ci hai fregate tutte.
chissà se è stata Chiara, Valerio, giovane donna di grande intelligenza, curatrice generale della rassegna, ad avere questa brillante idea.
lo so lo so, cara Chiara, la fiera non è andata bene, per affluenza e vendite, ma non per contenuti direi. a ben guardare, invece, Chiara ha intervistato la Mazzantini e le ho amate molto, avrei voluto testimoniare a Margaret la mia devozione per lei, tutti i battesimi che hanno segnato i suoi libri, tutta la potenza senza scampo della sua parola. lei, Margaret, dice candida che lascia libero il suo lettore, forse una questione che tormenta gli scrittori in genere, ma io volevo ricordarle che non mi risulta che la libertà preveda di essere letteralmente inchiodati alla sua parola. parola che crea solco, traccia, indelebile, nella carne. no, la libertà non è questo, ma va bene, crocifiggimi ancora.
Gifuni mi ha portato per mano nel suo talento, mi ha spiegato il suo Ingravallo di Gadda e come ci si è letteralmente messo dentro. io gli credo, Gifuni mette il suo corpo al servizio della voce, ogni volta che lo ascolto assisto a una metamorfosi, eccolo Gregor Samsa, si fa scarafaggio e io lo seguo. mi ha spiegato che la lettura ad alta voce apre segreti e orizzonti inimmaginabili, anche lui ha letto i Promessi Sposi per la trasmissione di rai radio 3, Ad alta vice, anche lui non si capacita dello strazio che di questo capolavoro fa la scuola, e anche io, che lo sto ascoltando dalla voce di Paolo Poli, mi beo di questa bellezza italiana, felice di scoprire tanta meraviglia in questa dannazione liceale.
Francesco Piccolo ha fatto un'interessante digressione sulla posizione di chi resta e di chi lascia, riferendosi al sud d'Italia, e l'ha fatta a partire, e per finire, con la storia di Lila e Lenù, protagoniste dell'Amica geniale, quattro bei libri, che mi sono letta. la sua digressione è ben costruita, passa dalla Ferrante a considerazioni personali, da Leopardi a O' zappatore di Merola, non manca nulla, neppure qualche gustosa risata. una sciura davanti a me occupava ignobilmente un posto in prima fila, forse ci teneva a umiliare il relatore, dato che gli ha sparato in faccia per tutto il tempo, in compagnia di una sua degnissima amica, il display del suo ipad e del suo cellulare. ha fatto di tutto, sto genio di donna, tranne che ascoltare una sola parola di quel che lo scrittore diceva, materiale cerebrale inutile direi, pure dannoso della dignità altrui. ma io me lo sono goduta, il sig, Piccolo, e ho apprezzato la sua chiosa finale che vede quel che ho visto anche io, e forse non solo io e lui, che Lila e Lenù sono due facce della stessa medaglia, sono due persone che ne fanno una, sono due versanti di tutti noi, uno che resta e uno che va.
la Pellegrino mi strega con quel suo parare così ipnotico, quel rincorrere poeticamente il vuoto e le frane e Franco Erminio, che le somiglia moltissimo, merita una medaglia al valore, così autentico e credente, con una fede forte assoluta e incrollabile nell'umanità, nelle sue potenzialità, nel suo cuore e nella sua generosità. lui paesologo così spaesato nel grande padiglione della fiera, lui amante delle piccole grandi cose così attento a cogliere di tutti i presenti una radice, un'appartenenza, un mestiere, un legame con una terra, con la terra.
alla fine abbiamo cantato, Bella Ciao, tutti la sapevano, tutti cantavano, un coro costringe all'assieme, lui lo sa molto bene, lo sapevamo tutti molto bene. sarà per questo che alzandoci, andando via, separandoci e poi incontrandoci in giro, ci siamo riconosciuti e ci siamo scambiati sorrisi.

Concedetevi una vacanza
intorno a un filo d'erba,
concedetevi al silenzio e alla luce,
alla muta lussuria di una rosa.

buon tempo, buoni libri a tutti.

nuvole fra poco

Un poco ci riguarda
il movimento della luna.
Il nostro corpo è d'acqua,
di nuvole fra poco.

Franco Arminio
Cedi la strada agli alberi

orientalismo





















una mostra piccola piccola, alla GAM Manzoni, un gusto che è stato di gran moda, oriente e mistero, piace sempre molto quel che non è di casa propria. non mi sono sembrati dei gran quadri, si tratta di disegni, rappresentazioni grafiche, testimonianze di un'epoca, in pieno '800, che ha perso la testa per harem e odalische, hammam e fragranze, giardini assolati e cammelli, guerrieri armati di scimitarre e vestiti con kefiah e kaftano. un travestimento che oggi non interessa più a nessuno, anzi, fa paura.

domenica 23 aprile 2017

Nil

...Che ansia, allodola pura,
questo palpito d'angelo sommerso
che ha smarrito la vena dei venti;
sul respiro del mondo senti
ancora tutte le stelle
mutar la tua voce in chiarore...

Edda Falzolgher, detta Nil

Edda Falzolgher l'ha citata ieri a Tempo di Libri Carmen Pellegrino, un caso straordinario di autrice che parla meglio di come scrive.
sentirla parlare è ipnotico.
leggerla (ne sto leggendo ora il secondo libro) è quasi deludente.
parla di riscatto dell'oltraggio, usa parole meravigliose, uniche e rare, e poi cita molti poeti, cita Nil, la cerco, la pubblico.
grazie.

venerdì 21 aprile 2017

splendore

post in tempo reale.
Tempo di libri.
Chiara Valerio intervista Margaret Mazzantini.
chi amo di più. chi mi piace di più.
Nessuno si salva da solo.

giovedì 20 aprile 2017

sorridi di questa umanità, cedi la strada agli alberi

Tutto viene da mia madre,
dal suo perenne sgomento,
come se la vita non fosse
mai veramente possibile,
come se bastasse un cenno
a sparpagliare nel nulla le membra.
Io ho preso nell’infanzia
questo sentimento
come si prende una radiazione
e ora ogni mio respiro è l’ossigeno
del timore, la sua lenta
o improvvisa combustione.

Franco Arminio
Cedi la strada agli alberi

sarà domani a Tempo di Libri- come fare?

venerdì 14 aprile 2017

fuori salone








il salone del mobile è una follia collettiva. 
in città non ci si muove più, si assiste a un intasamento globale, altro che Expo, altro che settimana della moda, altro che. 
io ho fatto i miei giri e ho visto cose anche interessanti, facendomi qualche domanda. 
in uno dei miei giri, con multa annessa, sono andata al distretto della stazione centrale. 
ora, uno dei pregi di questo sbandamento cittadino, seppure in prevalenza sostenuto da presenze straniere, è l'apertura di luoghi altrimenti inaccessibili. 
in zona venezia vengono aperte ville e cortili dalla bellezza mozzafiato. 
qui, androni e depositi umidi e abbandonati, altrimenti detti scarrafone bell' a mamma soja, vengono trasformati in luoghi ricchi di appeal, spazi post moderni o post atomici, archeologia industriale da urlo. 
installazioni prevalentemente luminose e calde giocano con il buio bagnato e umido delle location. la cosa è furba, anche attraente, c'è anche un bar, francamente inospitale, che mi fa pensare ai locali extraterrestri di Star Wars, non so perchè. 
forse la nuova arte contemporanea passa di qui, secondo me la gente non vede la lampada, non vede la ricerca del design, non vede lo sforzo creativo architetturale, vede solo di nascosto l'effetto che fa.

cade una lettera

L’esistenza educa le forme
ad appassire.
Dal mio nome ogni giorno
cade una lettera.

Franco Arminio
Affreschi sul palmo della mano


giovedì 13 aprile 2017

entroterra dei miei occhi

una giovanissima paziente mi parla di occhi e di sguardi con la stringentissima logica di un'adolescente anoressica.
mi fa balenare questa immagine che già mi era stata proposta, per una cocente casualità, in questa breve poesia che avevo letto su La lettura, poche ore prima.
noi siamo appena dietro i nostri occhi, dietro le quinte del nostro personalissimo sguardo sul modo. un attimo dietro, il nostro mondo, un attimo dopo, il resto del mondo.

io sono la parte invisibile
del mio sguardo,
l'entroterra
dei miei occhi.

Franco Arminio
Cedi la strada agli alberi

c'era una volta, una lavatrice

C’era una volta, in un minuscolo vano lavanderia, una lavatrice che guardava sospirando attraverso il lucernario. Pensieri di ogni genere le giravano nella testa dalla visita del tecnico, due giorni prima, quando aveva sentito per caso un suo commento: "Al giorno d'oggi, c'è più tecnologia nella maggior parte delle lavatrici di quanto ne abbia utilizzata il programma spaziale Apollo per mandare un razzo sulla luna". E tuttavia eccola bloccata lì, giorno dopo giorno, a lavare mutande e calzini. Il cielo notturno brillava di stelle. La lavatrice ebbe un'idea. Nessuno aveva mai saputo con precisione a che cosa servissero tutti quei programmi di lavaggio: magari uno serviva a decollare.
Ecco qui! Cinque, quattro, tre, due, uno...BIIIP!

Basta calzini, volerò nello spazio
David Solomons
C'era una volta, La Lettura 2 Aprile 2017

lunedì 10 aprile 2017

la piazza rossa

«ricordo ancora che, entrando per la prima volta nelle sale di un'isba, restai inchiodato di stupore – scrive kandiskij – davanti alle pitture sorprendenti che da ogni lato mi circondavano. Quando infine penetrai nella camera, mi trovai circondato da ogni parte dalla pittura: come se io stesso fossi penetrato nella pittura».


Vasilij Kandinsky – Mosca. La Piazza Rossa – 1916 
Galleria Statale Tretyakov

«Mosca si fonde in questo sole, in una macchia che mette in vibrazione il nostro intimo, l’anima intera come una tuba impazzita. Non è questa uniformità in rosso l’ora più bella! Essa è l’accordo finale della sinfonia che avviva ogni colore, che fa suonare Mosca come il fortissimo di un’orchestra gigantesca».
è sorprendente in Kandiskij questo fondersi di colori e musica, tradotto in vibrazioni,
in questo dipinto astratto ancora si riconoscono chiese, campanili, palazzi, colti al crepuscolo: «Mosca si liquefa, diventa una macchia enorme. Come il “forte” finale di un’immensa orchestra, Mosca risuona vittoriosamente. Il rosa, il lilla, il giallo, il bianco, il turchino, il verde, il rosso fiamma delle case e delle chiese si uniscono al coro [con] la rossa muraglia del Cremlino. E sopra a tutto, come un grido di trionfo, […] la linea bianca del campanile di Ivan Velikij […] e la testa d’oro della sua cupola, il vero sole di Mosca».
Mosca è città natale, molto amata, quanto una madre, sua madre.
«Mia madre era nata a Mosca e incarnava tutte le caratteristiche di questa città: una bellezza seria e severa, una semplicità di razza, un’energia naturale, una sensibilità forte e personale, una calma solenne e maestosa, un dominio di sé quasi eroico, un misto di convenzioni tradizionali e di vera libertà spirituale. In una parola, sotto forma umana: Nostra Madre Mosca dalla pietre bianche e dalle cupole d’oro».
io lo accontento, con piacere, mi ci tuffo dentro, a cercare vibrazioni e risonanza interiore.
a Mosca, a Mosca, diceva qualcun altro...

domenica 9 aprile 2017

il cavaliere azzurro


Vasilij Kandinskij - Il cavaliere (San Giorgio) 
State Tretyakov Gallery, Mosca, Russia
(MUDEC, Milano)


io, per una limitazione personale, Kandinskij non lo memorizzo.
ma il cavaliere azzurro si.
questa fase ancora figurativa mi è più congeniale, e mi piace moltissimo.
questo quadro è una favola, in qualsiasi modo si voglia intendere questa espressione.
ci sono l'infanzia, il gioco, la fiaba, l'azzurro, la russia, la fantasia sulla russia, Mosca, le nuvole rosse, i draghi e le fanciulle, anche un bellissimo albero, sghembo.
c'è tutto.
mi fa impazzire.

venerdì 7 aprile 2017

nuova figurazione e racconto del sè


OTTONE ROSAI L'attesa, 1920

 
EMILIO VEDOVA Il Caffeuccio Veneziano, 1942


FILIPPO DE PISIS Il suonatore di flauto, 1940


ARNALDO BADODI L'armadio, 1938


ARNALDO BADODI Soprabito sul divano, 1941


RENATO BIROLLI Le Signorine Rossi, 1938


MARIO MAFAI Strada con casa rossa, 1928
MARIO MAFAI Tramonto sul Lungotevere, 1929

una mostra davvero difficile per me.
Collezione Iannaccone, arte italiana tra il 1920 e il 1945.
io ci vedo
una cupezza
un dolore sordo
una malinconia
un colore scuro cinereo, opaco, sfumato, un'assenza di luce.
sagome morte.
come I fidanzati di Rosai (il mio preferito): sono due figure spente, curve, piegate, senza età e senza tempo, diretti verso un futuro inspiegabile in un mondo senz'aria.

OTTONE ROSAI I fidanzati 1934

e son tutti così, periodo funereo, irrespirabile, contratto.
un'adesione totale tra uomo ed emotività, racconto di un sé sofferente, una figurazione di un mondo squassato dalle guerre.    

LUIGI BROGGINI Paesaggio romano con figura sdraiata, 1932

 É bello vedere come la storia dell’arte ci offra testimonianze di una continua attenzione degli artisti per i sentimenti, le emozioni e le sofferenze degli uomini. Le epoche cambiano, gli artisti si adeguano alle nuove realtà , anche socio-economiche, creando nuove poesie,ma il cuore dell’uomo non muta e allora scorgo una componente poetica comune in ogni epoca artistica. È con questi pensieri che ho iniziato a collezionare, prima opere degli anni tra le due guerre e poi, piano piano, mi sono avvicinato ai linguaggi dei giorni nostri. Amo pensare alla mia collezione come ad un unico grande contenitore di racconti senza tempo, legati da un filo conduttore che crea un dialogo tra di loro. Storie di vita vissuta, indipendentemente dalla loro epoca storica, che parlano della profondità dell’animo umano, delle sue gioie e le sue debolezze.
 Giuseppe Iannaccone         

c'era una volta, un cero

C’era una volta un cero che bruciava, e, brucia brucia brucia, s’accorciava. «Io c’ero», pensò il cero, «e ancora io ci sono: ma fra qualche ora, se a bruciare io continuerò, un cero che non c’è diventerò!». Tentò così di spegnersi, quel cero, in molti modi, s’impegnò davvero: ma, per chi brucia, spegnersi, si sa, è cosa di una gran difficoltà. «Spegnimi, vento!» il cero implorava, ma il vento, dispettoso, non soffiava. «Spegnimi, pioggia!» il cero chiedeva, ma lei era spietata, e non cadeva. E brucia, brucia, brucia, ormai arreso, fino alla fine il cero restò acceso, finché, finiti stoppino e cera, si spense, e sparì, il cero che c’era.

Il cero che c'era dopo un po' non c'era
Roberto Piumini
C'era una volta, La Lettura 2 Aprile 2017

giovedì 6 aprile 2017

il principe delle arti



ne ho trovata un'altra, di coppia, ritratto d'artista. 
la caccia al tesoro prosegue, innescata dalla coppia di Lorenzo Lotto, alla Pinacoteca di Brera.
l'ho vista ieri sera al cinema: Raffaello, principe delle arti.
Agnolo Doni e Maddalena Strozzi, 1506.
già ero invaghita di Raffaello, ieri sera mi sono fidanzata.
ne ho visto la forza e il talento, sereni ed eleganti, ho visto le Madonne di Raffaello, del Cardellino e la Sistina, ho visto La Scuola di Atene, lo sposalizio della Vergine, La Trasfigurazione, L'incendio del borgo e ho pensato che il mondo non basta a contenere tutta quella bellezza.
e, tra le altre cose, ho visto anche questa coppia, conservata nella Galleria Palatina a Firenze: lui, mercante e mecenate fiorentino, lei, sua moglie Maddalena Strozzi. questo sig. Doni, illuminatissimo, aveva anche commissionato a Michelangelo il famoso Tondo Doni, oggi agli Uffizi.
lui è sobrio, ma lei è un tripudio, quel che mi colpisce di più sono gli anelli, in particolare quello sull'anulare della mano destra. forse pensava alla Gioconda, il nostro Raffaello, invece io penso alla ricchezza commerciale e artistica di Firenze, nei primi anni del 1500, in cui passeggiavano Raffaello, Michelangelo e Leonardo, l'eccellenza assoluta e geniale dell'arte occidentale di quell'epoca.

martedì 4 aprile 2017

c'era una volta, il mare

C’era una volta il mare. Era piccolo, stava tutto negli occhi di una bambina. Quando guardava le nuvole, i sassi o le foglie, la bambina ci vedeva creature meravigliose, come polpi Dumbo e gamberi popcorn. Le parevano veri, ma erano frutto della sua fantasia. Un giorno qualcuno la sgridò: sognare a occhi aperti era una perdita di tempo. La bambina pianse. Così il mare le traboccò dagli occhi e finì nel mondo. E insieme al mare uscirono polpi Dumbo, gamberi popcorn e altre creature meravigliose che sembrano frutto di fantasia e invece sono vere. E da allora il mare riempie gli occhi di tutti.

Così il mare sgorgò da due piccoli occhi
Chiara Carminati
C'era una volta, La Lettura 2 Aprile 2017

lunedì 3 aprile 2017

attorno a Lotto



certo, piazzale Lotto.
questo era Lotto nella mia vita, la piazza, la fermata del metro.
il Lido di Milano, anni e anni di corsi estivi post scolastici per arrancare fino ad agosto.
bene, complimenti.
"Carneade, chi era costui?", non vale per il solo Don Abbondio, l'ignoranza è un male comune, spesso camuffata da boriosa approssimazione.
ora posso dire che la mia vita è cambiata.
grazie alla Pinacoteca di Brera ara Lotto ha anche un nome, Lorenzo.
inoltre è arrivato anche a possedere un'identità, perfino artistica, persino ragguardevole.
c'è una saletta, in Pinacoteca, allestita da poco e per poco, vicina all'entrata, in cui sono esposti alcuni ritratti di Lorenzo Lotto, accostati ad altri della stessa epoca.
i ritratti sono belli e ben fatte le indicazioni sottostanti.

Lorenzo Lotto, Ritratto di gentiluomo di casa Rovero, olio su tela, 1530-1532 circa, cm 97 × 110, cat. 912. Archivio fotografico Gallerie dell’Accademia, “su concessione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Museo Nazionale Gallerie dell’Accademia di Venezia” 

i ritratti sono un segno dell'epoca, questi sono importanti e valorizzanti, i soggetti sono rispettati e riconosciuti nel loro ruolo pubblico e politico. anche oggi vanno di moda i ritratti, gli autoritratti, svalorizzanti e ridicolizzanti, smerciati, diffusi, vilipesi, svalutati e cestinati. siamo liberi di scegliere?




ragguardevole la coppia Febo da Brescia e la splendida Laura da Pola. uno rimanda all'altra e viceversa, circondati di oggetti preziosi, nobili e alteri nella Treviso del 1540. la didascalia rimanda a un'altra coppia all'interno del museo, tra i ritratti del seicento, e invita a cercarli.
che bella iniziativa.
io li ho cercati e li ho trovati, li ha ritratti Tanzio da Varallo, Ritratti di Gentiluomo e di Gentildonna, 1613.
 
volto affilato lui, baffi sottili e sgaurdo inquieto, raffinata lei, 21 bottoni da chiudere, sopraveste nera, pesante collana, maniche a sbuffo e quella mano, quella mano, quella mano...
che bella questa caccia al tesoro.
nella sala di Lotto c'è anche una ritrattista donna Sofonisba Anguissola, una della poche artiste rinascimentali ad aver ottenuto fama e riconoscimenti. indossa un abito raffinato, reso con tecnica miniaturistica nella camicia ricamata, nel bordo di pelliccia e nei capelli intrecciati con oro, perle e rubini.


ero già stata a Brera, un anno fa, sempre su invito della Pinacoteca, in una giornata di apertura al pubblico a vedermi il primo dialogo (questo di Lotto è il quarto) tra Raffaello e Perugino sullo Sposalizio della Vergine (vince Raffaello, non c'è storia).
anche allora ero uscita felice, che belle queste iniziative, vivere e dialogare con l'arte significa vivere meglio.