bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

lunedì 30 aprile 2012

la musica, il segno d'un'altra orbita

com'è bella l'Università Cattolica di Milano.
non ci andavo da...vent'anni? di più...

due cortili interni immensi immersi nel verde con sculture di Manzù, uno spazio esterno attiguo alla Basilica di Sant'Ambrogio, così vicino da sembrare un'unica struttura. quante magnificenze.
sono stata invitata ad assistere, domenica scorsa 22 aprile 2012, nell'aula magna della Cattolica appunto, all'ascolto di una magnificenza culturale: Montale e la musica, "Il segno di un'altra orbita", una testimonianza poetico-musicale a cura di Giulia Grata, accompagnata da giovani fantastici musicisti e attori degni di questa splendida iniziativa.
quante ma quante e quante cose ancora ho imparato. 
Montale era appassionato di musica, al punto di aver desiderato studiarla per abbracciare quella che definiva una vera arte. ma la musica non fu la via di Montale, lo sappiamo bene, seppure coltivò lungo tutta la vita un vivido amore per l'arte dei suoni.

studiò canto da giovane e fu proprio la musica a condurlo alla poesia. la sua vocazione canora mancava, diceva, del genio e dell'imbecillità necessari alla carriera lirica, ovvero l'istinto musicale e l'ostentazione senza timore del ridicolo. Montale raccontò questa sua passione in un’intervista ironizzando sul “rischio” corso di diventare cantante professionista: “Non avrei resistito alla vita dell’artista lirico che è piena di problemi, di sacrifici e che impone questa di due qualità così diverse, inconciliabili, il genio e l’imbecillità diciamo così. Io non so se avessi il genio, ma certamente no; ma certamente poi non ero completamente provvisto neanche di imbecillità, quindi non si sa che cosa sarebbe venuto fuori da questo connubbio. [...] La scoperta della musica di Debussy mi fece un certo effetto.”
e ancora:
“Scrissi i primi versi da ragazzo. Erano versi umoristici, con rime tronche bizzarre. Più tardi, conosciuto il futurismo, composi anche qualche poesia di tipo fantaisiste, o se si vuole, grottesco-crepuscolare. Ma non pubblicavo e non ero convinto di me. Ambizioni più concrete e più strane mi occupavano. Studiavo allora per debuttare nella parte di Valentino, nel Faust di Gounod; passai poi tutta la parte di Alfonso XII nella Favorita e quella di Lord Aston nella Lucia. L’esperienza più che l’intuizione, della fondamentale unità delle varie arti dev’essere entrata in me anche da qualle porta. I pronostici erano ottimi, ma quando morì il mio maestro, Ernesto Sivori, uno dei primi e più acclamati Boccanegra, mutai rotta, anche perchè l’insonnia non mi dava tregua. L’esperienza mi fu utile: esiste un problema d’impostazione anche fuori dal canto in ogni opera umana [...].Eugenio Montale, Intervista immaginaria, da “La Rassegna d’Italia, I n.1, gennaio 1946.

ma nemmeno la poesia "pura" fu la via di Montale. la poesia, diceva, è impura, sebbene musicale, è un "mostro": “La poesia è un mostro: è musica fatta con parole e persino con idee: nasce come nasce, da un’intonazione iniziale che non si può prevedere prima che nasca il primo verso”. la poesia è ancorata all'oggetto, al reale, alla poesia è affidato il compito di interrogarsi sul vero nome delle cose, sulla loro essenza e diventa canto panico solo quando evoca la fusione con la natura.

qui le poesie lette, associate a tratti a brani di musica. sono così belle che a commentarle ci perderei, ci perderebbero, soltanto. 

Corno inglese
Il vento che stasera suona attento
– ricorda un forte scotere di lame –
gli strumenti dei fitti alberi e spazza
l’orizzonte di rame
dove strisce di luce si protendono
come aquiloni al cielo che rimbomba
(Nuvole in viaggio, chiari
reami di lassù! D’alti Eldoradi
malchiuse porte!)
e il mare che scaglia a scaglia
livido, muta colore,
lancia a terra una tromba
di schiume intorte;
il vento che nasce e muore
nell’ora che lenta s’annera
suonasse te pure stasera
scordato strumento,
cuore.

Nella serra
S'empì d'uno zampettìo
di talpe la limonaia,
brillò in un rosario di caute
gocce la falce fienaia.
S'accese sui pomi cotogni,
un punto, una cocciniglia,
si udì inalberarsi alla striglia
il poney - e poi vinse il sogno.
Rapito e leggero ero intriso
di te, la tua forma era il mio
respiro nascosto, il tuo viso
nel mio si fondeva, e l'oscuro
pensiero di Dio discendeva
sui pochi viventi, tra suoni
celesti e infantili tamburi
e globi sospesi di fulmini

su me, su te, sui limoni...

Potessi almeno costringere
in questo mio ritmo stento
qualche poco del tuo vaneggiamento;
dato mi fosse accordare
alle tue voci il mio balbo parlare:
io che sognava rapirti
le salmastre parole
in cui natura ed arte si confondono,
per gridar meglio la mia malinconia
di fanciullo invecchiato che non doveva pensare.
Ed invece non ho che le lettere fruste
dei dizionari, e l’oscura
voce che amore detta s’affioca,
si fa lamentosa letteratura.
Non ho che queste parole
che come donne pubblicate
s’offrono a chi le richiede;
non ho che queste frasi stancate
che potranno rubarmi anche domani
gli studenti canaglie in versi veri.
Ed il tuo rombo cresce, e si dilata
azzurra l’ombra nuova.
M’abbandonano a prova i miei pensieri.
Sensi non ho; né senso. Non ho limite.

L'anima che dispensa
L'anima che dispensa
furlana e rigodone ad ogni nuova
stagione della strada, s'alimenta
della chiusa passione, la ritrova
a ogni angolo più intensa.

 La tua voce è quest'anima diffusa.
Su fili, su ali, al vento, a caso, col
favore della musa o d'un ordegno,
ritorna lieta o triste.Parlo d'altro,
ad altri che t'ignorae il suo disegno
è là che insiste do re la sol sol...

Nel sonno
Il canto delle strigi, quando un’iride
con intermessi palpiti si stinge,
i gemiti e i sospiri
...di gioventù, l’errore che recinge
le tempie e il vago orror dei cedri smossi
dall’urto della notte – tutto questo
può ritornarmi, traboccar dai fossi,
rompere dai condotti, farmi desto
alla tua voce. Punge il suono d’una
giga crudele, l’avversario chiude
la celata sul viso. Entra la luna
d’amaranto nei chiusi occhi, è una nube
che gonfia; e quando il sonno la trasporta
più in fondo, è sempre sangue oltre la morte.


Montale amava il melodramma, il teatro d'opera, l'"orrido repertorio" più intensamente romantico capace di dipingere nel vivo i diversi sentimenti dell'uomo. "Amo, e lo dico molto semplicemente, quei musici in cui l'amor vitae non si fa uccidere dalla superstizione di un nuovo stile; li amo forse perché indicano la via che avrei voluto seguire nell'arte mia, se ne avessi una e se la poesia fosse davvero un'arte come le altre". lo definiva un teatro povero dalle scene spoglie, reso ricco dall'irrompere dell'imprevisto e del caso, proprietà capaci di svelarne l'arte. Montale esprimeva, con sarcasmo sferzante, la sua idiosincrasia, la sua profonda ostilità per la musica contemporanea dodecafonica, noiosa e angosciante. la definiva democratica, piatta, senza l'egemonia di un suono dominante, al contrario, nella musica tonale, in cui tutto è possibile.
amava Mozart, maestro dell'invenzione pura, animato di vitalità artistica. in lui vedeva la fede dell'artista, intessuta di bontà e umiltà, capace di toccare l'eccellenza senza apparentemente creare nulla di nuovo. sosteneva che il genio, come quello di Mozart, è sempre infantile mentre l'uomo, adulto, è sempre escluso dal dono della grazia.


W.A. Mozart - Abendempfindung an Laura
grazie, di tutto.

sabato 28 aprile 2012

Natalija Rostova

annuncio ufficialmente che il fidanzamento tra
il principe Andrej e Natalija è già finito.

come dire, lo sapevo che Lev (Tolstoj) mi avrebbe dato una mazzata (http://www.nuovateoria.blogspot.it/2012/04/comunico-ufficialmente-il-fidanzamento.html).
certo è che:
- se il principe mio adorato Andreij se ne sta un anno lontano tra Svizzera e Italia per le cure del suo corpicino martoriato in guerra, senza farsi sentire nè tantomeno vedere, sopravvalutando l'umana natura di una sedicenne, il rapporto non ne giova;
- se si intromette quello scriteriato buono a nulla ciuffettone di Anatolij che, per capriccio momentaneo, si incaponisce a volere la bella Natalija e vuole rapirla ad ogni costo e di nascosto -lui, prego di notare, è anche già ammogliato- con l'aiuto di un'altra cima, ovvero la sorella Helene sposa del povero Pierre, la situazione si aggrava;
- se quella donnina fragile e ingenua di Natalija, tanto cara ma anche tanto ignara delle cose della vita, si convince dopo solo tre incontri di aver solo ora conosciuto l'amore, peraltro per un debosciato mollaccione che veramente sembra una mammoletta in confronto alla statuaria mascolinità del mio preferito, il fidanzamento precipita.
allora, è veramente tutto vano, veramente il destino è superiore a ogni volontà.
avrei detto che per mettere su un progettino d'amore come si deve qualcuno, almeno uno, deve pur metterci un po' di sana volontà e convinta consapevolezza.

d'altronde Lev, sulle cose della vita e della guerra, la pensa così:
Se Napoleone non si fosse offeso per la richiesta di ritirarsi oltre la Vistola e non avesse ordinato alle sue truppe di avanzare, la guerra non ci sarebbe stata, ma se tutti i sergenti non avessero voluto riprendere le armi, la guerra del pari sarebbe stata evitata. E altrettanto si dica se fossero mancati gli intrighi dell'Inghilterra, e non ci fosse stato il principe di Oldenburg, né il sentimento di offesa in Alessandro, come pure se in Russia non ci fosse stato il potere autocratico, e né tanto meno la Rivoluzione francese, il Direttorio, e l'Impero né tutto ciò che la Rivoluzione francese aveva prodotto, e così via. Senza una sola di queste cause non sarebbe potuto accadere nulla. Dunque tutte queste cause - miliardi di cause - hanno agito in concomitanza per dar luogo a ciò che accadde. Di conseguenza, nulla fu causa isolata ed esclusiva dell'evento, ma l'evento dovette verificarsi semplicemente perché doveva verificarsi. Milioni di uomini, rinunciando ai loro sentimenti umani e alla loro umana ragione, dovevano andare da occidente a oriente e uccidere i loro simili, così come secoli prima altre folle di uomini erano andati da oriente a occidente per agire all'identico modo.
Ma le azioni di Napoleone e di Alessandro, da una parola dei quali pareva dipendere che l'evento si compisse o meno, non erano più autonome di quelle di ogni singolo soldato spinto alla guerra dalla sorte o dalla coscrizione. Né poteva essere altrimenti: infatti la volontà di Napoleone e di Alessandro (degli uomini, cioè, dai quali pareva dipendere l'evento) poteva tradursi in atto solo per il coincidere d'innumerevoli circostanze diverse; mancando una sola delle quali l'evento non poteva verificarsi. Era, appunto, necessario che i milioni di uomini nelle cui mani risiedeva realmente la forza (i soldati che sparavano, trasportavano gli approvvigionamenti e i cannoni) accettassero di eseguire la volontà di deboli individui, e vi fossero indotti da un infinito numero di cause eterogenee e diverse.

Nella storia il fatalismo è inevitabile per spiegare i fenomeni irrazionali (di quelli, cioè, la cui razionalità ci resta insondabile). Quanto più ci sforziamo di spiegare razionalmente tali aspetti della storia, tanto più essi appaiono ai nostri occhi incongrui e incomprensibili.
Ogni persona vive per se stessa, gode di libertà per raggiungere i propri fini personali e sente con tutto il proprio essere che in un dato momento può compiere o non compiere una data azione; ma non appena l'ha compiuta, quella stessa azione diventa irrimediabile, rientra nel patrimonio della storia, nella quale non ha più carattere di libertà ma di predestinazione.
Ci sono due aspetti della vita, in ogni singola persona: la vita personale, che è tanto più libera quanto più astratti sono i suoi interessi; e la vita elementare, di branco, nella quale l'uomo inevitabilmente esegue le leggi che gli sono prescritte.
Coscientemente l'uomo vive per sé, ma incoscientemente, diventa lo strumento atto a perseguire i fini della storia, della comunità umana. Una volta compiuto l'atto è irrimediabile e le sue conseguenze, coincidendo nel tempo con milioni di altre azioni di altri uomini, assumono un significato storico. Quanto più in alto si colloca una persona nella scala sociale, quanto maggiore è il numero delle persone alle quali è legato, tanto più evidenti sono la predeterminazione e l'inevitabilità di ciascuno dei suoi atti.

e ora cosa mi aspetta?
ci sono accenni a un interesse di Pierre ma spero si tratti solo di un diversivo.
Pierre, no, lui no, con Natalija no.
Andrej è tornato nell'esercito, campagna del 1812 contro Napoleone (e chi se no?) invasore dell'amata Russia.
se non si fa l'amore, si fa la guerra.

mercoledì 25 aprile 2012

la casa degli italiani

Fiera di Milano
19 aprile
sera
piove
sotto l'ombrello
stretti stretti
soli
due ore di visita
rivista di AD in omaggio, uscendo
saluto la guardia
gente che lavora di notte
fa freddo
piove ancora
è aprile?
sono le 23
19 aprile
una serata, una bella serata
oggetti-case-arredi-idee-stili-forme-immagini-merce-aziende da vedere
un bello spazio in fiera, un viaggio nello spazio domestico, uno sguardo sugli spazi
AD - La casa degli Italiani dal 1861 al 2011.













molti video, oggetti, icone di stile e oltre 200 foto di interni di grande formato.
panoramica sull'evoluzione dello stile di vita, del gusto e delle abitudini nel nostro Paese.
sette i periodi rappresentati: l'Italia dell'800 (1861-1900), l'età giolittiana (1901-1920) con uno spazio ad hoc dedicato al collezionista, il Ventennio (1921-1945) introdotto da una visita del Vittoriale, la Ricostruzione e il Boom (1946-1967), gli anni delle crisi (1968- 1980), l'ascesa e la caduta del consumismo (1981-2000), l'era di Internet (2001-2011).
casa italiana, pur nelle radicali trasformazioni, sempre legata ad alcuni paradigmi: qualità degli arredi, sentimento del bello, armonia delle differenze, intreccio di tradizione e modernità e la persistenza dell'arte. rassegna di oggetti che hanno accompagnato l'evoluzione dell'abitare (arredi, telefoni, radio, televisori, computer, elettrodomestici, servizi da tavola, suppellettili) e apporti multimediali interattivi (spezzoni di film, gallerie virtuali d'arte, stanze animate).
apposite nicchie per il "ritratto", sempre multimediale, di 76 aziende protagoniste nella trasformazione del nostro paesaggio domestico e nella materializzazione dello stile AD.


caso mai
il problema
è
troppo
troppo da leggere
troppo da vedere
bellissimi gli art-box: gallerie virtuali di arte, una per ogni periodo rappresentato, quadri e sculture raffiguranti interni, stili, arredi, modi di ogni epoca. da perdersi.
da vedere
è finita il 22 aprile
da vedere lo stesso

lunedì 23 aprile 2012

cosa sono le nuvole

a una festa di laurea -seconda laurea, abbiamo tutti ormai una certa età- Susa e Simone cantano.
amici della neo laureata, ci saziano oltre il cibo, di parole in musica.
una delizia, non avrebbero dovuto finire mai, stare ancora lì, e, forse, nei sogni, in effetti ci sono e ci allietano.
una delle sorprese sono le scelte musicali, parole e canzoni dal mondo, oppure dall'Italia.
si, anche canzoni italiane, ma quali?
questa.
Modugno, parole di Pasolini.
(trattasi della musica per un film di Pasolini, una rivisitazione dell'Otello di Shakespeare)
stupore.
fascinazione.
bella suonata così con la chitarra, sono un po' ubriaco ma ci provo, parole e incanto, ma di chi è? di modugno, ah davvero?, parole di pasolini, urca!



Cosa sono le nuvole
D. Modugno - P.P. Pasolini
Che io possa esser dannato
se non ti amo
e se così non fosse
non capirei più niente
tutto il mio folle amore
lo soffia il cielo
lo soffia il cielo
così

ahh ma l'erba soavemente delicata
di un profumo che da gli spasimi
ahh tu non fossi mai nata
tutto il mio folle amore
lo soffia il cielo
lo soffia il cielo
così

il derubato che sorride
ruba qualcosa al ladro
ma il derubato che piange
ruba qualcosa a se stesso
perciò io vi dico
finché sorriderò
tu non sarai perduta

ma queste son parole
e non ho mai sentito
che un cuore, un cuore affranto
si cura
l'unico e tutto il mio folle amore
lo soffia il cielo
lo soffia il cielo
così


sabato 21 aprile 2012

Andrej Nikolaevič Bolkonskij

comunico ufficialmente il fidanzamento tra
il Principe Andrej Nikolaevič Bolkonskij e Natalija Rostova


ho aspettato a lungo questo momento e spero che non sia una fuggevolezza, un'illusione, un'inconsistenza.
perchè leggendo Guerra e Pace, o anche solo audioaleggendolo, si vive nella costante sensazione che nulla duri, niente persista, l'amore meno che mai, tutto è in mano al volere del signore o di chi per esso.
ho già visto sfumare fidanzamenti e matrimoni, patrimoni e avanzamenti di carriera. questo, la dissoluzione di questo amore, non potrei tollerarlo. 
anche se quell'infingardo di Lev Tolstoj già mi sta mandando segnali preoccupanti. come lui le chiede di sposarla già la poesia, così mi dice, è finita. lei si dispera per la sua partenza -dovranno attendere un anno prima di sposarsi per volere del bisbetico e indomabile padre di lui- ma già dopo due settimane è tornata gaia e fatua come sempre. la sorella di lui non approva, il padre non ne parliamo, il fratello e la madre di lei sono francamente perplessi. il noioso Pierre già rosica e si mostra infastidito dall'evento.
ahhh no eh, non fatemi saldare il sodalizio!! Andrej è il pricipe dei miei sogni, e Nataša è una bimba, sedici anni, allegra spensierata inconsapevole e giuliva come non si può sperare di meglio.
certo, a pensarci, le figure femminili di questo libro sono un disastro. un'autentica giostra di vacue vanità. le donne sono inconsistemti, o al massimo arriviste. se sono devote, lo sono al signore. se anche tengono discorsi di carattere sociale e sono note in società per la loro avvenenza e fluidità di eloquio...fingono! e prima o poi cadono nel ridicolo.
il marito, un marito qualunque,  guarda la sua sposa e pensa: sei la solita femmina inconsistente e infantile, fatta di pizzi e merletti, fragile come un cristallo.
la moglie, una moglie qualunque, corrisponde allo sguardo del coniuge e medita: sei il solito maschio rozzo e inconsapevole del senso della vita.
la felicità coniugale, come poi lo stesso cinico e realista Lev saprà magistralmente elaborare in un altro libro di insperata bellezza "La felicità domestica", è un inganno, un'illusione della durata di uno sguardo. tutto lascia il posto alla noia, alla consuetudine, all'abitudine della convivenza e delle convenienze.


vitto-lf.deviantart.com


non importa finchè posso ci credo, Andrej è bellissimo -nessuno lo ha scritto ma per me è così- , elegante in uniforme bianca, a tratti triste e disperato, ha toccato la morte ed è risorto, ha fatto la guerra e ora vive in una pace apparente, ha combattuto le sue guerre, a cavallo con la bandiera in mano e con la sua natura, ha agognato la gloria per poi rinnegarla, è riflessivo e corruciato, asciutto ed essenziale, è un maschio. il maschio.

giovedì 19 aprile 2012

è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia

Umberto Boccioni - madre

Supplica a mia madre

E' difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.

Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d'ogni altro amore.

Per questo devo dirti ciò ch'è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.

Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.

E non voglio esser solo. Ho un'infinita fame
d'amore, dell'amore di corpi senza anima.

Perché l'anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:

ho passato l'infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l'unico modo per sentire la vita,
l'unica tinta, l'unica forma: ora è finita.

Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.

Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…


mi impressiona questa poesia, è un tratto profondissimo, è il legame simbiotico mai scisso, è la fusione patologica, è l'impossibilità di separarsi dall'utero materno, è la premessa alla sofferenza di tutta una vita, a volte anche il prologo della follia.

lunedì 16 aprile 2012

photofestival

mi hanno detto che a Milano c'è il photofestival. milioni, che dico, miliardi di foto esposte, oltre 90 appuntamenti in programma per oltre un mese. tutto oltre!
all'apparenza uno sballo, una golosità, in realtà non si capisce niente e non riesco nemmeno a valutare come dove e quando devo andare per vedere almeno una foto. possibilmente decente.
una follia.
un sito generico, malfatto e poco informativo con link che non funzionano.
una follia e io ci divento matta. non fa una grinza.
per dare un'occhiata, prima di pasqua, ho scelto la soluzione più semplice: palazzo Castiglioni a due passi dal Fatebenefratelli e Oftalmico, presso cui svolgo parte della mia intensissima attività professionale, e alla fine ci ho trovato 4 foto in croce.
e non so se ne salvo una...
LUCIANO BOBBA, Divercity

CRISTIANO OSSOLI, Still life

SILVIA AMODIO, Volti positivi

queste sono le migliori? o solo quelle che ho trovato.... ma non cambia, il genere è questo. tentativi di ri-vedere le città, oggetti già visti nemmeno con occhi nuovi,  volti malati di aids nel mondo.
mi è sembrata una fregatura. ma mi sono detta...Rossa non essere precipitosa.
devo però dire che, se la mostra faceva ridere, la location, il palazzetto Castiglioni, invece è uno spettacolo! palazzo puro stile liberty, sede milanese della Confcommercio, scalinate interne veramente strepitose, splendidi stucchi e altre notevoli opere in cemento, pietra, vetri decorativi e ferro battuto.


venerdì ci ho riprovato
leggo, sempre sul maldestro sito del festival e del museo in questione, che  il Museo Pecci di Milano ospita "Turbolenze", in mostra le opere di artisti e gruppi di artisti provenienti da Austria, Brasile, Giappone, Italia, Russia e Stati Uniti, collezionate negli ultimi 20 anni. Il titolo "Turbolenze", veramente figo all'apparenza, ben identifica, così leggo ancora,  l'intenzione espressiva dell'evento: mixare esperienze artistiche contemporanee solo in apparenza disordinate e irregolari, ma che rispecchiano - ciascuna in modo diverso - l'inquietudine economica, politica e sociale che attraversa la vita del popolo italiano, nonché mondiale, in questi ultimi anni. Tra gli artisti presenti: Nobuyoshi Araki, Elena Berriolo, Botto&Bruno, Martha Colburn, Dmitri Gutov / Radek Community, Olga Kisseleva, Lucia Marcucci, Vik Muniz, Anatoly Osmolovsky, Valie Export, Erwin Wurm.
aspettativa: ALTA.
verifica: AMMORBANTE.
anche qui ho vacillato sul senso delle parole. turbolenze? ma dove? ma che invenzione meschina. una furbata per gonzi come me. un oggetto vuoto senza sostanza sostenuto da un nome disonesto. l'apparenza disordinata e irregolare è stata ai miei occhi, invece, un dato di realtà sconcertante. deludente.
le foto erano povere e inespressive. poche, isolate, o inutili. nessun senso comune, nessun discorso in atto, nessuna turbolenza, al massimo qualche flatulenza. gli artisti citati: metà assenti o dispersi. almeno una volta Araki si dilettava con grandi labbra e posizioni sado maso...qui  riporta faccette e faccine dell'Italia del 2000. ridicole. gettate sulle pareti come gechi alla rinfusa.
dai basta, Photofestival è una bufala.
oppure qualcuno mi dia un indirizzo ove non perdere prezioso tempo.

MARCOS CHAVES Burracos, 1996-2008


NOBUYOSHI ARAKI Viaggio in Italia, 2000, Fotografie in bianco e nero


VALIE EXPORT Selfportrait: Transfer Identity, 1970

giovedì 12 aprile 2012

this must be the place

la musica del film mi è piaciuta molto.
la scena della band con il retrocedere della macchina da presa, lo scambio dei piani visivi, il ritmo e lo sguardo attonito e pensoso di Cheyenne, il buon Sean Penn in versione punk rock, che vede sul palco ciò che lui non è stato capace di essere, che osserva il successo che sa rinnovarsi nel tempo mentre lui è imbalsamato nello stesso look da vent'anni, è una gran bella scena.


oltre agli altri, anche David Byrne, che interpreta se stesso, mi ha convinto in questo insolito film che, al di là di rimandi a olocausto e recupero della figura paterna, mi è sembrato un inno alla non violenza.
lento, rallentato, ceronato e pittato, fissato come dalla lacca dei capelli in un'immagine stereotipata, Cheyenne non cerca vendetta -si mette in viaggio negli Stati Uniti alla ricerca di un nazista a suo tempo persecutore del padre imprigionato in un campo di concentramento- cerca se stesso è ovvio, cerca di immaginarsi un padre, quello che ha avuto e che avrebbe potuto essere a sua volta, e, finalmente ritrovatosi, si libera di catene fumettistiche per immaginarsi più libero nel suo futuro.
il vecchio nazista persecutore, uomo malvagio ma forse meno di quanto supposto dall'ossessione paterna, e a sua volta oggetto delle persecuzioni del padre di Cheyenne, non finirà stecchito di morte violenta fulminato da una pallottola, la sua pena si risolverà in una passeggiata all'inferno, al freddo e al gelo, su una neve candida, come per una legge del contrappasso: è la stessa neve pigra vagheggiata dal padre di Cheyenne come una cosa buona e pacificante, durante la sua prigionia.
Poi, durante l'inferno, anche noi dall'altra parte del filo spinato guardavamo la neve. E guardavamo Dio. Dio è così: una forma infinita che stordisce. Bella, pigra e ferma, che non ha voglia di fare nulla. Come certe donne che, da ragazzi, abbiamo sempre sognato.
per diventare grande e togliersi le maschere di carnevale dei bambini, per tornare a fare l'aduto, e smettere di bighellonare nella vita con le cose bizzarre della sua esistenza giocherellona -ammesso che sia un'evoluzione desiderabile- , il nostro uomo deve tornare indietro, fare ripartire il tempo e rimettersi in linea con la figura paterna. magari senza recuperarla, ma almeno guardandoci dentro.
La paura ci salva quasi sempre. Ma prima o poi nella vita devi scegliere un momento in cui non avere più paura.
in sostanza Cheyenne è un uomo pacifico, non pacificato, anzi inquieto e annoiato, incompleto e sospeso, ma incline alla risoluzione non violenta. forse solo per indolenza, forse invece per scelta, forse non lo so, ma l'effetto finale è quello di un andare avanti senza bisogno di rivoluzioni scandalose e aggressive.
forse non sa farsi domande, forse se le fa e non sa rispondersi, ma alla fine il cerone se lo toglie, il rossetto scompare e torna a essere un uomo comune senza rimpianti. sorridente.

Home – is where I want to be
But I guess I’m already there
I come home – -she lifted up her wings
Guess that this must be the place
I can’t tell one from another
Did I find you, or you find me?
There was a time before we were born
If someone asks, this where I’ll be where I’ll be

This Must Be The Place – Talking Heads

martedì 10 aprile 2012

indizi

ieri sera ho visto "Biutiful" di Alejandro González Iñárritu e non so come ho fatto ad arrivare alla fine di tanta terrificante scuotente angoscia, ma un film così dolorosamente intenso io l'ho visto raramente.
poi ripenso continuamente alle cose di cui ho paura, e che sbaglio di conseguenza, e a certi legami viscerali che mi fanno ancora svegliare di notte al semplice rumore di un colpo di tosse e mi domando perchè il mio corpo sia così dolente ultimamente. io mi sento di nuovo la febbre. cosa mi vuole dire la mia carne?
(nascere è cadere nel corpo)
intanto, a mia consolazione, mi leggo Marina, che si chiamava Marina Cvetaeva, e io che mi chiamo Rossa, ma mi ricorderanno con il mio nome?, metto in questo mio piccolo posticino
(A Dio io chiedo
una stanza -qualunque-

un buco -da sola!-
un posto- per me!-
quattro pareti
per il silenzio!)

una poesia così, geografia di corpo di dolore di visceri e di amore, che merita tutti gli onori della gloria e della storia.

Anke Merzbach

Indizi

Come spostando pietre:
geme ogni giuntura! Riconosco
l'amore dal dolore
lungo tutto il corpo.

Come un immenso campo aperto
alle bufere. Riconosco
l'amore dal lontano
di chi mi è accanto.
Come se mi avessero scavato
dentro fino al midollo. Riconosco
l'amore dal pianto delle vene
lungo tutto il corpo.

Vandalo in un'aureola
di vento! Riconosco
l'amore dallo strappo
delle più fedeli corde
vocali: ruggine, crudo sale
nella strettoia della gola.

Riconosco l'amore dal boato
- dal trillo beato -
lungo tutto il corpo!

Marina Cvetaeva

domenica 8 aprile 2012

sfuocata in Feltrinelli

curiosando.
strani accostamenti.
libri improbabili.
altri altissimissimi.
psicologia da supermercato.
sezione donne...che pena...
foto sfuocate scure sballate. SBAGLIATE.
alla fine mi hanno pure beccato:
"per fare foto qui deve avere il permesso"
si si lo so, ma non c'è gusto! non era "siate affamati e folli"??














venerdì 6 aprile 2012

Tiziano e l'invenzione del paesaggio

sono finita, domenica mattina, in un paesaggio.
quello di Milano, piazza del duomo, palazzo Reale, quindi realisticamente architettonico, e io, in rassicurante compagnia, piccola piccola alla ricerca di qualche nuova cosa da conoscere e imparare.
banale e piatto, per certi versi, ma per me pur sempre uno sfondo pacificante con la mia città e la mia natura sempre inquieta. non sono finita in un paesaggio favolistico arcadico ma quel paesaggio milanese parlava del mio stato d'animo, della riappropriazione di una sensazione di benessere.
alla mostra che ho visto, Tiziano e la nascita del paesaggio moderno, ho imparato che quello sfondo che si vede in buona parte dei capolavori dell'arte da fine 400 all'inizio del 500 non è così neutro e ininfluente come si potrebbe immaginare, ma che anche lì, in quel contesto in secondo piano, accadono evoluzioni e mutamenti che segnano le epoche e l'arte che le rappresenta.
sembra che la definizione di paesaggio sia stata individuata precisamente per la prima volta in un una lettera del 1552 scitta da Tiziano a Filippo d'Asburgo, definizione che ha sostituito per sempre la precedente informe di "paese" connotando un'ambientazione specifica e non più un semplice sfondo. il paesaggio si trasforma, perde adesione con la realtà, diventa luogo di idealizzazione, di colore, di poesia, di stato d'animo, di luce, di previsioni funeste o avvenimenti catastrofici, di invenzione con panorami inventati e vegetazioni improbabili o di precisa connotazione storica, con città e castelli geograficamente definiti.

la madonna di Tiziano emerge da uno sfondo nero, forse capace di luce propria?, i santi adoranti prendono slancio da un cielo azzurro e da una vegetazione che sembra, a me, adorante anch'essa.
in quegli anni, fra la fine del '400 e il primo '500, Jacopo Sannazzaro componeva e pubblicava l’Arcadia dove la natura, le mutazioni atmosferiche, i lavori della campagna, la pastorizia presentano un mondo di felice semplicità. un nuova percezione della natura, fatta anche di tramonti infuocati, tempeste, greggi al pascolo, accompagna le trasformazioni del paesaggio, con sentimento, con suggestione favolosa, fiabesca.

Tiziano, nascita di Adone

la luce svolge una funzione descrittiva, intensa a mezzogiorno, crepuscolare la sera.
"l'ora del tempo e la dolce stagione" come dice Dante inseguendo il mattino e la primavera.



nel paesaggio appaiono lo sconvolgimento della naura, i terremoti, gli incendi, la catastrofe, le fornaci dell'Orfeo e Euridice di Tiziano...
...o uno sfondo archittettonico urbano descrittivo con le città fortificate..

Cima da Conegliano, Madonna con il Bambino.
..oppure uno sguardo negato, senza alcuna aderenza alla realtà nè verosimiglianza.


alla fine della mostra mi sono convinta che bisognerebbe saper guardare oltre che vedere, ma se non si sa cosa, come, o dove guardare, si vede e basta.