bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

lunedì 20 settembre 2010

un ridere rauco e ricordi e nemmeno un rimpianto- il suonatore jones



epitaffi, l'antologia di Spoon River (1915), di Edgar Lee Masters, è una raccolta di epitaffi, testamenti ideali di una variegatissima umanità della provincia americana.
Fu Pavese a proporli all'attenzione della Pivano e solo nel '43 l'antologia fu pubblicata in Italia proprio grazie alla traduzione della Pivano, che pagò con il carcere. tanta libertà di espressione non era tollerata dal fascismo.
«Si direbbe che per Lee Masters la morte – la fine del tempo – è l’attimo decisivo che dalla selva dei simboli personali ne ha staccato uno con violenza, e l’ha saldato, inchiodato per sempre all’anima.» Così dice Pavese.
la testimonianza dell'epitaffio è la fissazione del tempo e del tormento di chi ha vissuto in una sintesi magistrale.
la sequenza dei personaggi intesse una storia che coinvolge tutti, molti epitaffi sono collegati tra loro, le versioni delle storie si moltiplicano a seconda di chi le ha vissute e poi narrate, il mosaico si allarga e si arricchisce, è un'opera di valore umano davvero sorprendente. la diversificazione degli eventi a seconda dei sentimenti e del temperamento di chi narra apre una visione allargata e amplificata del sentire umano, una moltiplicazione dell'interiorità che esprime un senso di libertà di espressione narrativa e di apertura alle differenze davvero originale.
leggendo tra le poesie mi sembra di passeggiare nel paese e di conoscere la gente, di curiosare dentro le case e dentro le vite, un entrare dentro che amplifica la conoscenza della logica dell'altro, ovvero il mondo fuori.
solo guardando bene dentro possiamo capire, sempre più, sempre meglio, fuori da noi stessi. se siamo capaci di accettare le nostre sfumature, la convivenza di buono e di bello, di pacifico e aggressivo, di onesto e disonesto, di candido e di sporco, se lo sappiamo guardare, conoscere e scandagliare senza timore, avremo gli strumenti adatti per la comprensione dell'altro da sè.
a questo mi fa pensare il mondo fitto e denso di spoon river: un epitaffio che fissa nella morte il senso di un'esistenza con l'effetto di una dilatazione del tempo del vivere.


la più nota, per noti motivi, è il suonatore Jones. ciò che mi colpisce, tra la versione di Lee Masters e quella di De Andrè, è l'uso del linguaggio.
Si sa, il linguggio "parla" di noi, ci identifica.
il ritmo della poesia di Lee Masters da il senso del tempo della musica, con un andamento tra energia vitale della natura e richiamo del desiderio che conduce a una scelta di libertà senza rimpianto.
tutto parla di musica in questa poesia, tutto parla in favore della scelta finale.
le vibrazioni del cuore
nella meliga è il vento
fruscio di gonnelle
vortice di foglie
il passo sul motivo di Toor-a-Loor
ridda di corni, fagotti e ottavini che cornacchie e pettirossi mi muovevano in testa
cigolìo di un molino a vento
ridere rauco e ricordi

le parole sono musica, nella mente un solo desiderio: suonare


http://spoonriver.deandre.it/index.php?option=com_morfeoshow&task=view&gallery=21&Itemid=204

Il suonatore Jones
E. Lee Masters

La terra ti suscita
vibrazioni nel cuore: sei tu.
E se la gente sa che sai suonare,
suonare ti tocca, per tutta la vita.
Che cosa vedi, una messe di trifoglio?
O un largo prato tra te e il fiume?
Nella meliga è il vento; ti freghi le mani
perché i buoi saran pronti al mercato;
o ti accade di udire un fruscio di gonnelle
come al Boschetto quando ballano le ragazze.
Per Cooney Potter una pila di polvere
o un vortice di foglie volevan dire siccità;
a me pareva fosse Sammy Testa-rossa
quando fa il passo sul motivo di Toor-a-Loor.
Come potevo coltivare le mie terre,
- non parliamo di ingrandirle -
con la ridda di corni, fagotti e ottavini
che cornacchie e pettirossi mi muovevano in testa,
e il cigolìo di un molino a vento - solo questo?
Mai una volta diedi mani all'aratro,
che qualcuno non si fermasse nella strada
e mi chiedesse per un ballo o una merenda.
Finii con le stesse terre,
finii con un violino spaccato -
e un ridere rauco e ricordi,
e nemmeno un rimpianto.


De Andrè rispetta la cadenza di Lee Master.
De Andrè ricorda ma non rimpiange, viaggia nei luoghi della memoria senza timore.
aggiunge però, nella sua narrazione, la sua vena malinconica, quel suo errare tra vizi e dannazioni degli uomini verso una vita migliore. una vita libera.
De Andrè è un cantastorie e la sua traduzione in musica è fedele al suo linguaggio. la scelta di libertà del suonatore trova una strofa che non ha un corrispettivo nella poesia originaria.

Libertà l’ho vista dormire
nei campi coltivati
a cielo e denaro,
a cielo ed amore,
protetta da un filo spinato.
Libertà l’ho vista svegliarsi
ogni volta che ho suonato
per un fruscio di ragazze
a un ballo
per un compagno ubriaco


questo è De Andrè, questa è la sua impronta, questo è il suo logo.


Il suonatore Jones
F. De Andrè

In un vortice di polvere
gli altri vedevan siccità,
a me ricordava
la gonna di Jenny
in un ballo di tanti anni fa.

Sentivo la mia terra
vibrare di suoni
era il mio cuore,
e allora perché coltivarla ancora,
come pensarla migliore.

Libertà l’ho vista dormire
nei campi coltivati
a cielo e denaro,
a cielo ed amore,
protetta da un filo spinato.

Libertà l’ho vista svegliarsi
ogni volta che ho suonato
per un fruscio di ragazze
a un ballo
per un compagno ubriaco.

E poi se la gente sa,
e la gente lo sa che sai suonare,
suonare ti tocca
per tutta la vita
e ti piace lasciarti ascoltare.

Finì con i campi alle ortiche
finì con un flauto spezzato
e un ridere rauco
e ricordi tanti
e nemmeno un rimpianto.



« Avrò avuto diciott'anni quando ho letto Spoon River. Mi era piaciuto, forse perché in quei personaggi trovavo qualcosa di me. Nel disco si parla di vizi e virtù: è chiaro che la virtù mi interessa di meno, perché non va migliorata. Invece il vizio lo si può migliorare: solo così un discorso può essere produttivo. »

questa è la più nota, ma le più belle sono altre.
arriveranno.

10 commenti:

fabrax ha detto...

lessi il libro nel periodo post anni '70. Adoro Fernanda Pivano, grazie a lei siamo venuti a conoscenza di scrittori undeground, (la cosiddetta BEAT GENERATION) come Kerouac, Corso, Ferlinghetti, Ginsberg, Cassady, Bukowski, ect. Hanno scritto libri bellissimi

(pesa) ha detto...

ohibo! hai già detto tutto tu :-)
compresa la citazione di de andrè che mi era venuta in mente durante la lettura e finanche la frase conclusiva.
alla prossima

monteamaro ha detto...

Ho conosciuto la poesia di Pavese grazie a Lèo Ferrè, che l'ha cantata con cuore ed anima, piantandomela dentro senza scampo.
Pivano e Spoon River la naturale conseguenza.
Magnifico De Andrè, tra l'altro il suo "Giudice"... è attualissimo!

giardigno65 ha detto...

bellissimo !

enzo ha detto...

Non ho ancora letto l'Antologia, non so nemmeno se in casa ci sia.
Ma quella canzone, quelle canzoni, le ho suonate tanto e le suonerò ancora, tutta la vita.

Rossa ha detto...

conosco Kerouac e qualcosina di Bukowski, ma nessuno degli altri che citi. la mia è pur sempre una conoscenza "base". ciao Fabrax.

Rossa ha detto...

si fugurati se ho detto tutto io...pigro.

Rossa ha detto...

soprattutto "la statura di dio" di de andrè è ancora una volta una firma inconfondibile.

Rossa ha detto...

Giardi, bellissime la poesia e la canzone? verissimo!!

Rossa ha detto...

dai guarda in casa e sennò comprala. dai, e poi mi dici.