martedì 14 settembre 2010
leggo il giornale
mentre il reverendo Terry Jones pensava bene di bruciare il corano, Obama, a Ground Zero l'11 settembre, comunicava al mondo che non è l'islam il nemico, non è la religione, è Al Quaeda, il terrorismo. l'america, dice, è il paese della libertà e della tolleranza, accogliamo le differenze senza odio.
è illuminato Obama, impopolare ma ispirato dal senso di chi si proietta oltre, di chi vede nell'evoluzione progressista della storia la speranza di un mondo pacificato. l'odio però è insensato, irragionevole, è il contenitore della frustrazione e della sofferenza di chi la mette in atto. l'odio alberga ancora, e non posso certo giudicarlo da qui proprio non posso, l'odio fa crollare i grattacieli e poi ne impedisce il rinnovamento.
la giornata che fa da sfondo alla parole di Obama nella contraddizione della sua america è splendente, favolosa, luminosa come 9 anni fa. come qui a milano, come solo settembre sa regalare.
io, come tutti, me lo porto stampato nella memoria quel giorno. la mia incredulità è quella di tutti. mi ricordo di aver mollato il lavoro e di essere finita davanti alla televisione e aver provato la sensazione dell'inverosimile, del non credibile. un'operazione di terrore senza precedenti, piovuta dal cielo in una giornata di una bellezza azzurra infinita senza senso.
la morte si è incastonata nel cielo e ha prodotto angoscia sanguigna incornicianodola in una spettacolarizzazione senza uguali. una crudeltà inimagginabile, una risonanza ineguagliabile, quegli aerei che sventrano i grattacieli e procurano morte immediata, lenta, carbonizzata, asfissiata, lanciata dal centesimo piano, segnata sulle segreterie telefoniche della case -le avranno cancellate?- con un eco che, a me, arriva ancora oggi.
poi è arrivata l'angoscia, e un meccanismo perverso di attaccamento morboso alla tv, per ore e ore, per vedere, guardare, assistere allo spettacolo, fino a tardi, fino al mattino. un'orgia di immagini epilettogeniche per esserci, in qualche modo esserci. ma solo, diciamolo, credere di esserci. l'angoscia che inseguivo era anche la mia, non solo quella degli abitanti di N.Y.: non potevo credere a una scelta di vita quando tutto intorno muore.
dopo due giorni di terremoto e fumi neri dentro di me sono finita in ospedale, con contrazioni premature a raffica. una cosa l'ho imparata, che una cosa è la morte, il terrore, il terrorismo, l'ingiustizia, la pena di morte e una cosa è la sua rappresentazione mediatica. ora so, e bene, che la televisione va spenta, che l'immagine non produce coscienza o consapevolezza, soprattutto se reiterata all'infinito, ma dipendenza morbosa e perversa dalla scena forte, anche se dentro c'è la morte. soprattutto se è la morte che viene rappresentata. è la nostra paura che viviamo e ad annullarla ci sembra di morire davvero.
poche pagine dopo leggo di morti sul lavoro. asfissiati in una cisterna. ancora succede. ancora capita che un quarto uomo muoia mentre va in aiuto dei compagni. c'è eroismo generoso in questo gesto o immensa stupidità? come non pensare che se non respirano in tre per qualche motivo non sarai tu a tirarli fuori da solo? morte, morte sul posto di lavoro, qualcuno ha svolto male il suo compito.
altre poche pagine e mi fermo sulla madre in coma farmacologico dopo l'ennesima diagnosi frettolosa e colpevole, dopo la solita ecografia "ètuttok" nonostante le urla di dolore di chi è incinta al settimo mese e piange d'angoscia: è una paura scuotente quella alle soglie della vita. ancora non basta dopo aver letto di ginecologi che litigano, dopo l'ennesima leggerezza che condanna a morte, ancora una vita persa per noncuranza.
leggo il giornale e penso che la tv l'ho spenta e ho imparato a non lasciarmi ammaliare da immagini bugiarde, che mimano la verita' ma la negano a ogni fotogramma.
leggo il giornale e penso se spegnere anche questo, provo un'indignazione invereconda, penso a un senso etico e civile quasi luterano che mi affligge, a un bisogno di politica della polis pulita e trasparente, penso a me italiana ma soprattutto europea come l'italia ancora non è, penso a cosa si puo' fare per leggere un giornale senza provare sgomento al terzo articolo di cronaca. solo non leggerlo mi sembra una scorciatoia qualunquista che promuovera' la svendita politica, domestica e querula, dei nostri giorni.
a chi posso consegnare la mia coscienza?
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16 commenti:
Angoscia. E' questo che provo dopo aver letto la tua riflessione. Mi viene da pensare che l'uomo ami illudersi e scegliere sempre la via meno faticosa. Abbia bisogno di affidarsi sempre a qualcuno e non sia più capace di guardare le piccole cose. Sappiamo "tutto" con internet e con la tv e non sappiamo nemmeno come si chiama o che faccia abbia il nostro vicino di casa. E a chi la si può affidare la coscienza? Io credo che nessuno se ne possa occupare se non noi stessi, certo districarsi fra irami che cercano di strapparla non è facile.
Ho i brividi... Bellissimo post, toccante, realista, con un interrogativo finale che credo non troverà mai una sostanziale risposta veritiera assoluta. Purtroppo la cronaca nera acchiappa, la cronaca nera vende e allora è facile imbattersi in tante pagine che a fine giornata vorremmo non aver mai letto.
Sono stato in vacanza per due settimane, solo mare, casa e ... per qualche ragione mi sono sentito come un eremita lontano dal mondo, , privato di giornali, tv e web.
Sono tornato a casa e ho voluto guardarmi un Tg per scoprire poi che era meglio prima.
Non è una questione di non sapere e che forse al mondo vanno date anche altre notizie, ma ha ragione Rospo, quelle brutte, tirano molto di più.
Hai ragione tu, il circo mediatico che si è scatenato dopo l'attacco alle torri gemelle forse non voleva informare, voleva solo attirarti nel loro spettacolino.
concordo con Titanium, e con Rospo, io ho un'app per iphone che si chiama cronaca Milano, leggendo le news che pubblica c'è da aver paura ad andare in giro per Milano; Sembra che il posto dove vivo in realtà sia una specie di far west dove non vige la legalità ma bande di criminali che fanno quello che vogliono.
E' la gente ad essere così morbosamente attaccata ai fatti di cronaca nera o sono gli editori a propinarci la loro ricetta?
Sulla questione di abbandonare le letture, devo dire che se da una parte portano un briciolo di conoscenza in più dall'altra la trovo un tantino "drogata".
Trovare una fonte di informazione imparziale e onesta al giorno d'oggi è quasi una chimera purtroppo!
insomma vi trovo che siete in accordo tra di voi e mi fa piacere...
l'informazione non puo' essere imparziale, per definizione, chi la emette da un peso o un altro, comunque, innegabilmente. come viene emessa e' gia' un'opinione. allora, forse, meglio scegliere chi ce la da.
la mia domanda finale e' senza risposta, Lazlo dice di affidarla a noi stessi, la coscienza...supponevo che qualcuno lo avrebbe scritto perche' potrebbe essere la risposta migliore ma a me, signori qui presenti, non basta.
almeno la coscienza andrebbe condivisa, per renderla forte, espressiva, costruttiva.
grazie a tutti.
Roja
Affidare la coscienza a se stessi non significa trattenerla a se e celarla agli sguardi altrui. Almeno io non lo considero in questo modo. Occuparsi della proprio coscienza, conoscersi e conoscerla veramente, senza paura di ciò che vi troveremo dentro credo sia l'unico modo per condividerla nel modo giusto. Perchè condividere tanto per fare, senza una ricerca profonda capace di assimilare anche ciò che è talmente oscuro da farci paura e tanto diverso da noi ma che fa parte di noi comunque, temo faccia più danni che altro.
in questo momento a nessuno ...
forse Lazlo non stai parlando di coscienza. ma, al contrario di inconscio. la coscienza raccoglie la conoscenza che si ha del mondo e la nostra posizione rispetto ad esso. presuppone un giudizio morale, una posizione etica, una presa di posizione. l'inconscio invece, come diceva freud 'non conosce né giudizi di valore, né il bene e né il male, e nemmeno la moralità'. la mia coscienza non basta a me stessa, non a me, e assume valore se diventa un progetto d'insieme, il secondo è un percorso al buio, davvero non si sa quel che ci si può trovare. ogni tanto ci cammino, una volta a settimana, ed è un pantano.
oppure ho sproloquiato a vanvera caro Lazlo.
a nessuno non mi consola sai giardigno 65, anzi mi abbatte.
No, non posso credere che tu sproloqui a vanvera. Semmai sono io che non riesco ad essere lineare nemmeno quando rispondo ad un argomento altrui. Hai ragione sai, forse io parlo più di inconscio che di coscienza, ma sono abituato a pensarle legate queste due realtà, quasi a confondersi. Una cosa è certa, ci si infila in discorsi che andrebbero fatti a voce e con un buon vino, almeno a me vengono più facili così. Scriverne è difficile per me. Però è anche molto stimolante. E qui si sta proprio bene, fin che non mi cacci continuerò a parlare a vanvera.
beh dici belle cose davvero. ti caccio cosa? sono contentissima se vieni qui a leggermi e se qui ci stai bene...era per sentirtelo dire vero?
a voce con un bicchiere di vino...penso invece, sempre di più, che la pagina scritta semplifichi e appiattisca i rapporti. dal vivo è tutto più difficile, perchè è vero!
Mi hai scoperto, ancora una volta. Non è che stai esagerando? :)
Dal vivo sarebbe vero e difficile dici, è possibile si, ma sai.. a volte ho la sensazione che ci sia più verità qui fra le pieghe delle parole scritte che dal vivo. Ovvio generalizzare non è mai cosa buona, ma ho incontrato umanità che mai avrei avuto occasione di conoscere qui, ormai ci sono affezionato a questi rapporti piatti, che non sono poi così piatti. E' soo uno strumento come un altro questo mondo virtuale, sta a chi lo usa renderlo in un modo o nell'altro. Mi metto comodo allora, a presto Rossa.
su quel che dici mi trovi dubbiosa invece...che altalena. la mia considerazione era sul filo dell'ironia. sono molto critica sul momdo virtuale. penso che qui non si dica la verità, ammesso che in qualche altro contesto mai si possa dire. io mi presento di lato, niente di personale se non in modo indiretto, parlo di ciò che mi piace, dei miei gusti o delle mie proverbiali proteste. . ho il mio modo, come dici tu. qui è semplice perchè tutto si camuffa, si piega alla presentazione con il vestito buono, anche quando si dice il peggio. la vita, dal vivo, di persona, non consente travestimenti, se non di breve durata.
a presto Lazlo
Qui è semplice. E' semplice mentire e nascondersi dietro a maschere in parte reali o totalmente reali. Come nella vita "reale" in fondo, ne più ne meno, non indossiamo forse maschere li? Dalle più sottili alle più spesse.
Qui è semplice, essere reali, senza paura di dover sopportare lo sguardo penetrante di un interlocutore, a meno che non decidiamo di farlo. Si può essere veri in maniera spudorata.
Sta a noi decidere come essere qui.
E sta alla nostra sensibilità sapere se chi abbiamo di fronte sta rappresentando se stesso o l'immagine che si è costruito. Ma nella realtà non è forse la stessa cosa? Sono strumenti diversi, tutto qui, secondo me. Quando esco la mattina mi vesto, qui mi denudo. In ogni caso sono una rappresentazione di me stesso. Non può essere in altro modo temo. Siamo tutti teatranti, chi più e chi meno coscientemente.
lazlo, qui nessuno è in grado di comprendere la rappresentazione che diamo di noi. certo se leggo pagine enfatiche o eccessive o iperespressive in un senso positivo o negativo, tutto sesso o tutto noia, tutto bello o tutto brutto, tutto facile o tutto difficile, personalmente nutro dei dubbi. quello che penso è che credendo di parlare "veramente " di noi in un blog non potremo far altro che mentire.
nella vita poi, le maschere ci sono è vero, ma durano poco. molto poco, basta affondare il dito di un millimetro per capirlo.
Sarà Rossa, non metto in dubbio che sia così, ma non ci vedo comunque molte differenze nella sostanza. La manifestazione forse è diversa.
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