domenica 5 ottobre 2008
sabato 4 ottobre
sabato.
ottobre.
sole. no, direi luce.
sono sull'autostrada milano-laghi.
vado a Bollate, al cimitero.
vado a parlare con la terra smossa, cerco forse trovo più ascolto di quanto ne ottenga da chi ci cammina sopra.
vado a sistemare la mia anima al suo posto. deviata dalla burocrazia della morte che mi costringe a cancellare senza saper ricordare. dimentico tutto ma non che è passato quasi un anno.
la terra è smossa e piante parassite vengono da sotto, le strappo con la mano appesantita rallentata dai pensieri, mi fanno impressione, veramente, mi sento parassitata, vengono dalle radici, dalle mie radici che si perdono nella terra sotto di me, che non ritrovo più dentro di me.
arrivo alla curva del cavalcavia e vengo inondata da una luce assurda, travolgente, accecante. si vedono le montagne, la luce è tersa, senza veli, senza menzogna dritta sulla retina, come solo ottobre sa regalare.
mal di testa. un po' di nausea. troppo per me e la mia penombra.
di ritorno a casa, apro il portone, sul pianerottolo di casa mia decine di foglie secche e gialle, sul pavimento, mi attendono spinte da fuori, trovano la strada verso casa. dentro.
vado in cortile, di nuovo quella luce, forte penetrante, mi fa chiudere gli occhi, a mia difesa. tasto il mio bucato, di due ore fa, è già asciutto. c'è il sole, è caldo, ma soprattutto c'è vento, ed è teso e freddo. asciutto.
ottobre.
è autunno.
autunno.
è quasi passato un anno.
TORNA L'AUTUNNO
di PABLO NERUDA (Cile, Parral 12/07/1904-Santiago 23 /09/1973)
Un giorno vestito a lutto cade dalle campane,
come un trepido tessuto vagamente di vedova,
è un colore, un sonno
di ciliege affondate nella terra,
è uno strascico di fumo che giunge senza tregua
a mutare il colore dell'acqua e dei baci.
Non so se mi capite: quando dall'alto
si avvicina la notte, quando il solitario poeta
ode alla finestra correre il corsiero dell'autunno
e le foglie della paura calpestata crepitano nelle sue arterie,
c'è qualcosa nel cielo, grosso come una lingua
di bue, qualcosa nel dubbio del cielo e dell'aria.
Tornano le cose al loro posto,
l'avvocato inevitabile, le mani, l'olio,
le bottiglie,
tutti gli indizi della vita: i letti, sopratutto,
sono pieni di liquido cruento,
la gente affida i segreti a loschi orecchi,
gli assassini scendono le scale,
ma non è questo, è il vecchio galoppo,
il cavallo del vecchio autunno che trema e dura.
Il cavallo del vecchio autunno ha la barba rossa
e la bava della paura gli copre le mascelle
e l'aria che lo segue è simile all'oceano
e profuma di un vago marciume sotterrato.
Tutti i giorni scende dal cielo un colore di cenere
che le colombe devono spartire sulla terra:
la corda che l'oblio e le lascrime intrecciano,
il tempo che ha dormito lunghi anni nelle campane,
tutto,
i vecchi abiti tarlati, le donne che vedono venire la neve,
i papaveri neri che nessuno può contemplare senza morire,
tutto cade tra le mani che sollevo
in mezzo alla pioggia.
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3 commenti:
"vado a parlare con la terra smossa"
un endecasillabo stupendo. il ritmo della tua prosa è tutt'uno con la reattività di anima, intelligenza, sensibilità. in ogni cosa, in quella luce sulla retina, nelle foglie sul pianerottolo, c'è la spietatezza e la bellezza della vita, l'avvisaglia della sua rivelazione. sono molto colpito, e lo dico con pudore.
questo post mi è sempre piaciuto molto e sono proprio contenta lo abbia preso in simpatia pure tu.
è stata una sorpresa trovarti qui.
il pudore...non lo dici a caso penso...è un oggetto raro di questi tempi, io lo sposo, detesto le fanfare e gli esibizionismi di corpi sesso e parole che dilagano nel mondo mediatico e non. se il pudore ti appartiene, mi sei vicino.
"cerco forse trovo più ascolto di quanto ne ottenga da chi ci cammina sopra",commovente e desolante allo stesso tempo.ti parrà assurdo,ma le parole che hai detto avrei voluto dirle io(essendo simile il contesto).parole vere di vera creatura ,profonde,umide,splendenti."tutto cade tra le mani che sollevo in mezzo alla pioggia"..che struggimento.ciao papillon rouge,ti abbraccio.
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