bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

giovedì 13 novembre 2008

voglio una vita...da Ulrike Meinhof



"Una pietra lanciata contro una vetrina è un atto criminale, mille pietre sono un’azione politica". così scrive Ulrike Meinhof, giornalista borghese progressista della Germania fine anni 60, fondatrice, insieme a Andreas Baader della RAF (Rote Armee Fraktion), in particolare della banda Baader-Meinhof.
quasta è storia.
ma non ve la racconto la storia. andate a vedervi il film. andate. c'è da capire da pensare da imparare da emozionarsi e rimanere attoniti.




si sono affascinata, lo ammetto.
Ulrike mi affascina. lucida, ideologa rivoluzionaria, solida, strutturata nel pensiero. è lei che dirige il gruppo, è lei che lo tiene insieme con la forza dell'idea politica dominante, fanatica distruttiva, ma dominante. Baader sembra solo un borderline sociopatico, difficile da tenere a bada, elemento necessario alla strutturazione della lotta armata ma non della sua ispirazione politica e ideologica. la sua ribellione alle regole viene semplicemente deviata dalla deliquenza comune e incanalata in quella politica sovversiva, fortemente influenzato da Gudrun Ensslin, la sua donna, l'anima anarchica femminile autentica del gruppo.
ma il pensiero è di Ulrike, è lei che pensa, è lei che ipotizza, è lei che costruisce, è lei che elabora il manifesto programmatico del gruppo armato. non sembra convinta dall'inizio della necessità di una svolta dalla lotta persuasiva della parola a quella definitiva degli atti dinamitardi nei luoghi del potere.
ma la svolta c'è, arriva, repentina, improvvisa, istintiva, in una frazione di secondo: dopo un istante di riflessione, salta fisicamente e politicamente la finestra, la barricata da dove poco prima era fuggito Andreas Baader, in una delle prime azioni di lotta della banda.
la giornalista è diventata una terrorista.
"Opposizione è quando dico: questo non va bene per me. Resistenza è quando mi assicuro che ciò che non va bene per me non accada mai più."
erano anni impressionanti quelli. c'era tutto in subbuglio. nel mondo la guerra era accesa, Vietnam, Cambogia, Palestina. finisce la primavera di Praga. morivano Bob Kennedy e Martin Luther King, nell'america fanatica che temiamo anche oggi. nel '67 viene ucciso Che Guevara. il terreno dell'Europa era smosso, sovvertito, dai movimenti politici studenteschi. la baader meinhof era un'evoluzione inevitabile. era una scheggia mobile attiva incontrollabile che nasceva, di fatto, dal pensiero che animava milioni di persone. e Ulrike, insieme ai suoi compagni, ha incarnato, fino a morirne, l'ideologia folle e fantastica di sovvertire le sorti di un mondo sbagliato.
“Noi abbiamo imparato che continuare a parlare, senza agire, è un errore”.
"Buttiamo bombe nella coscienza delle masse. Coloro che sono oppressi lo sanno, ma reprimono questa consapevolezza perchè si identificano con i loro oppressori fino a quando li ritengono invincibili."
poi, si sa, storicamente inevitabile, il tracollo. i primi arresti, le uccisioni, lo smembramento della prima generazione della Raf. si aprono le porte del carcere di Stammheim per Baader, Meinhof e gli altri e si apre la seconda, drammatica parte della storia. è la discesa agli inferi della banda, la disperazione della detenzione in isolamento, il lento spaventoso deterioramento psico-fisico dei detenuti, il suicidio della Meinhof e le morti sospette, un suicidio collettivo improbabile, degli altri detenuti la notte del fallimento della loro liberazione da parte della RAF attiva all'esterno, nell'alternanza dei processi e dell’attività politica che, malgrado tutto, continuava dietro le sbarre.
c'è dolore nel film. molto dolore. si percepisce che, se gli anni sessanta furono quelli dell'utopia del rinnovamento e dei movimenti, gli anni settanta furono quelli del dolore e del rimpianto. furono la strana normalità di una generazione scesa in piazza per alimentarsi della libertà come violenza, saltando da una finestra in un un'illusione rivoluzionaria, nell’utopia della distruzione del male e del suo potere salvifico sul mondo.
la morte-assasinio-suicidio fa immaginare l'orrore dell'omicidio di stato.
ma fa anche sognare la morte volontaria, libera, senza catene di chi percepisce la fine della propria illusione, condannato a morte dal proprio delirio.
forse è una tragedia che ancora ci riguarda.


INTERVISTA A ULRIKE MEINHOF
sull'educazione dei figli, sulla posizione della donna nella società. poco prima di entrare in clandestinità.
"il privato è politica, l'educazione dei figli è politica, le relazioni umane sono politica perchè mostrano se l'individuo è libero o oppresso, se può agire in modo consapevole o no, se può agire liberamente o no".
http://www.youtube.com/watch?v=k7jEk_f04pE

2 commenti:

Anonimo ha detto...

ho visto il film e sono anch'io molto affascinato da ulrike meinhof (lo ero anche prima del film). e sono uno cresciuto leggendo nietzsche, evola, drieu la rochelle etc., e che ancora oggi si domanda se sia stato davvero un male mandare i carri armati in piazza contro gli studenti. (o per lo meno, uno che è irritato dalla retorica di segno avverso, soprattutto quando in bocca alle contesse milanesi con la evve, amiche di fidel castvo e con quindici pevsone di sevvizio). (ps. pasolini: è ora di aprire gli occhi, e riconoscere che sono i figli della ricca borghesia a fare la rivoluzione sparando ai figli degli operai che fanno i carabinieri. ma il discorso è complesso...)

Rossa ha detto...

si ti ho letto, leggo voracemente quello che mi scrivi. lo fai anche tu? non sempre rispondi ai commenti, ma non mi fa pensare che tu non li legga. solo che tu non risponda.
questo mi è solo sfuggito tra i tanti commenti che lasci andando a curiosare nel mio vecchio blog.
mi piace sapere che passeggi qui.
ulrike si, mi prende alla gola come ideale di donna intelligente e pasionaria. non ho il suo fanatismo, la sua adesione assoluta a un ideale, ma sono rossa, non a caso. mi accendo per tutto, a volte facendo grossi danni, a volte riuscendo anche a esprimermi bene.
io non frequento ambienti aristocratici in cui si faccia il filo a fidel castro, tu devi appartenere a uno strano mondo, ma sono d'accordo quando dici che ora, molto più che ai tempi di pasolini, la rivoluzione - ah ah mi viene da ridere-, sia in bocca alla borghesia, colta. gli operai sono leghisti, questo è un dato di fatto incontrovertibile.
è tempo di sentirci altrove? di già? tu non hai pazienza..