bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

giovedì 5 settembre 2019

non lasciarmi

Non lasciarmi di Kazuo Ishiguro.
questo libro è stata un'esperienza.
un'esperienza che non credevo possibile con un libro.
ciò che mi è arrivato non è tramite la scrittura ma tramite la non scrittura.
ciò che è scioccante di questa narrazione non è ciò che vi si trova scritto ma ciò che non vi si trova.
è un'esperienza forte, fortissima, basata sulla sottrazione.
siamo in un tempo possibile, quello degli anni 90, ma con un innesto fantascientifico. la creazione per clonazione di individui destinati alla donazione di organi.
la storia, potrei anche quasi dire, non è interessante, la narrazione, soprattutto all'inizio, è straniante, estranea, distante, indifferente.
e tutta la storia dei protagonisti, nel suo dipanarsi, ha un tratto portante che non tradisce mai la propria consistenza: è totalmente priva di emozioni.
la perdita (non si dice mai MORTE) dei soggetti, giunti al termine del loro "ciclo", seppure presenti per tutto il libro, è lasciata indietro, da una riga all'altra, improvvisamente, senza nessuna, e dico nessuna, nota sentimentale, ma nemmeno un parola è spesa sul distacco, la perdita, la malinconia, la mancanza.
ciò che è iniziato senza amore finisce senza amore.
si sviluppa una prossimità, un attacamento per contingenza, perfino una sessualità, senza che nulla lasci traccia, solco, dolore o gioia.
la potenza devastante di questo libro è in ciò che non c'è. non ci sono genitori, non c'è famiglia, potrei dire che non c'è inconscio.
non c'è nevrosi, non c'è ripensamento, non c'è divisione, non c'è dolore.
non ci sono case, non ci sono luoghi, non ci sono tradizioni, non ci sono abitazioni, non ci sono professioni, non ci sono capi, non ci sono figli, la vita è una somma di giorni, disadorna e disabitata.
una cosa c'è, eccome se c'è. la solitudine.
c'è un inzio indistinto che non è stata una nascita e c'è una fine indeterminata che non è una morte.
non è l'esistenza che fa un uomo, non è il suo essere e abitare il mondo, è ciò da cui veniamo e ciò verso cui andiamo che ci rende umani.
senza radice e senza rami, l'abero è un tronco spoglio, deprivato di ogni speranza.
la storia prosegue in una narrazione monocorde che a tratti, sempre più, insistente e insinuante, fa sorgere dubbi e domande - ma chi sono? cosa sono queste persone? cosa hanno? di cosa mancano?- e che si conclude su una specie di speranza, qualcosa che ha a che fare con una malinconia, una nostalgia, con una vaga idea di ciò che la vita sarebbe potuta essere se fosse stata vita.
i protagonisti, soprattutto la voce narrante, cercano di farsi portatori di un senso, ma tutto li abbandona, cercano di aderire a ricordi e progetti, ma l'incosistenza derivante dal non essere mai nati, e di andare verso una non morte, disperde ogni energia, in modo disperante.
vorrei che fosse chiaro che nulla di tuttò ciò è mai scritto, esplorato, narrato, indagato.
è la mancanza di tutto ciò che fa esplodere la sensazione che la vita narrata non è la nostra, non è la mia, è un corpo estraneo (non alieno, non robotico, anche questo sia chiaro, sarebbe una banalità sconcertante) in cui i giorni si susseguono senza che nulla prima abbia lasciato un segno, una traccia, un tatuaggio, un segno di riconoscimento.
sono ammaliata da un talento di questa misura. questa è una creazione senza pari, capisco il nobel alla letteratura, ma forse bisognerebbe fare di più, dargli di più, dirgli meglio, dirgli ancora, al signor Ishiguro, che ha un potere sulla parola spiazzante e sorprendente.
sono anche sconcertata dalle critiche che leggo dove sfolgorano parole come emozione commozione e tristezza e addirittura amore (nel commento che accompagna il libro perfino) che mi lasciano sgomenta perchè mi dice che chi legge usa parametri precodificati, pregiudiziali, perchè sono queste le categorie che ci si aspetta da un libro  ma che in questo libro, con genio magistrale, proprio non ci sono per consegnarci la paura di una umanità senza inconscio. 
chi legge non sa leggere in attesa di uno stupore, di una cosa nuova, di un modo e di un mondo inediti di cui parlare ma mette ciò che già sa, stupidamente, pigramente, senza testa. 
io non so nemmeno dire se il libro mi è piaciuto, non lo so dire, non è questa la categoria che possa permettere di dire di questo libro. 
questo libro è altro, altro che non avevo mai incontrato e che mi ha posto un insolvibile enigma.
grazie.
(anche a chi me lo ha consigliato ormai due anni fa)

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