bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

lunedì 7 gennaio 2019

librastro

è che non vorrei che si dicesse che ho dei pregiudizi.
allora leggo anche quello che non leggerei per mio interesse ma che è meglio che io legga per farmi un'opinione.
non posso dire che mi abbia delusa.
non mi aspettavo nulla. potrei rimanere delusa leggendo Roth o Oz o Ernaux o Murakami o Tolstoj, ovvero laddove io abbia aspettative, altissime. 
non posso dire che mi abbia annoiata.
in verità, carpita una certa rivelazione, l'ho letto in poche sere, 4 o 5, ci ho messo un lampo. un libricino, intendiamoci, sebbene di 196 pagine (davvero??). certo per leggere Gli anni di Ernaux ci ho messo due mesi, forse di più, ma non per il volume di pagine, per la corpulenza della parola.
non posso dire che non mi sia piaciuto.
ricordo quando ho letto il racconto collettivo su La Lettura, un esperimento di scrittura a più mani, edito a puntate sull'inserto del Corriere, come si faceva una volta. vi hanno partecipato diversi scrittori, tra i quali Avallone, Veronesi, Genovesi, Trevi, Ciabatti e altri. al termine dell'esperimento gli 8 scrittori si sono ritrovati alla sala Buzzati della Fondazione Corriere e ne hanno dibattuto. non sono andata all'incontro, ma mi ero iscritta, ma ho letto il resoconto dell'intervista su La Lettura. era interessante leggere degli scrittori che ne discutevano tra loro, erano tutti contenti, tutti amici, tutti soddisfatti, tutti divertiti, tutti esaltati. ma come siamo stati bravi. non uno, dico NON UNO, che si sia chiesto: ma com'è venuto? sarà piaciuto? com'era il racconto nella sua globalità? è venuto bene l'esperimento?
posso rispondere io: NO. il racconto era brutto, noioso, ovviamente senza alcuno stile (dato che ci hanno scritto in 8), una lettura e una scrittura davvero deprimenti.
è straordinaria la vanità degli scrittori, e solo raramente è ben riposta.
non posso dire che sia scritto male. 
diciamo che non è scritto. frasi brevi, spezzate, quasi mai compiute, in un periodo si passa repentinamente dalla prima (io) alla terza persona (Noemi), a volte proprio non si capisce. no, non si capisce. a volte manca il verbo, a volte il soggetto, a volte non regge la frase. potrebbe trattarsi di un tentativo di trascrivere il pensiero senza mediazione della sintassi ma, no, nemmeno quello, è spesso un'accozzaglia di parole. alla fine del libro rincorrevo il senso senza reperirlo.
non posso dire che sia banale.
potrei dire che non si coglie il tema, per quanto ci sia un tentativo estremo, maldestro, di spiegarlo, di spiattellarlo a tutti i costi. il problema è che chi scrive ci tiene molto a spiegarti le cose, le sue cose, a dirti come funzionano le cose, le sue e quelle degli altri, fa dire ai personaggi non quel che si dice ma quel che si vorrebbe far capire. non è la storia che dice dei personaggi e da loro un senso, ma i personaggi che dicono, che spiegano, la storia. ci sono dettagli assolutamente inutili, uno poi mi ha colpito mortalmente, purtroppo nelle primissime pagine ed è lì che mi sono giocata il libro. il presunto rapitore si presenta in farmacia a chiede di acquistare il farmaco per curare le allergie di cui soffre il fratello rapito. chi scrive (uno scrittore??) specifica che il presunto rapitore non chiede il generico ma il farmaco di marca.
ora.
diciamocelo.
ma che dettaglio è?
ho aspettato la fine del libro per capire se quel dettaglio (è un libro giallo?) avesse una ragion d'essere e no, non ce l'ha. inoltre si tratta di un errore grossolano perché se ho capito l'epoca in cui si fa accadere il rapimento (senza cellulari, con le cornette del telefono, con gli elenchi telefonici) i generici dei farmaci proprio non erano in voga. quindi si tratta di un dettaglio non solo inutile ma anche sbagliato.
è vero che oggi si pubblicano libri immondi e di tutti i tipi e che l'editoria fa pena, ma qui, chi ha letto il libro prima di pubblicarlo (qualcuno lo ha letto??) non ha chiesto ragioni di questa dettagliata deragliata imprecisione?
o forse, chissà, mi sono persa qualcosa…
non posso dire che non mi piaccia il genere.
perchè non c'è alcun genere, non mi sono orientata nelle persone, nelle storie, nei personaggi, nelle parole, nelle descrizioni, nelle metafore, nelle allusioni, nei rimandi, nelle fantasie (ammesso che ci fossero), non c'è genere perché oggi chi scrive in Italia ha idee molto confuse su cosa sia la scrittura. e pure pensa di insegnarmelo come è accaduto nella mia assolutamente fallimentare esperienza alla scuola Molly Bloom. vergogna.
insomma cosa posso dire di "Matrigna" di Teresa Ciabatti?
che mi ha fatto schifo.

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