bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

venerdì 11 gennaio 2019

la signorina Else, a teatro

"Vorrei gridare il mio saluto al cielo prima di tornare giù in mezzo alla gente. Ma dove andrà il mio saluto? Sono così sola. Terribilmente sola, tanto che nessuno può immaginare la mia solitudine. Amore mio, io ti saluto. Chi sei? Ti saluto mio promesso sposo! Ma chi sei?"

La signorina Else, di Arthur Schnitzler (1924)

che bella la rappresentazione di Tiezzi al Piccolo Teatro Studio.
si tratta di un testo straordinario, che conosco bene, e ho letto più volte, di enorme intensità, di veridicità psichica, di discesa negli inferi dell'angoscia.
ne ho anche già scritto, folgorata dalla lettura (https://nuovateoria.blogspot.com/2013/09/la-signorina-else.html)
Else cade, lasciata cadere dalla perdita di un padre che la vende per interessi, sola, massacrata dalla colpa e dalla vergogna, accasciata dal simbolico che perde consistenza. colui che dovrebbe proteggerla, così giovane e sognante, tramite la "voce" della madre la getta nel reale più insopportabile, ovvero lo sguardo perverso dell'altro, lo sguardo adulto che chiede soddisfazione, lo sguardo senza pietas. 
spogliata delle sue difese contro l'invadenza del mondo, si mostra nuda e perde la testa e il senno, si perde, entra in angoscia, va in confusione, perde i riferimenti reali, uomini e donne della bella società viennese perdono i connotati umani e diventano i mostri dei peggiori incubi, allucinazioni e deliri. meglio morire, non si deve avere paura di morire se questo è vivere.
come già scrivevo anni fa, Else si spacca letteralmente, si frantuma, senza un senso che possa tenerla insieme. la salvezza del padre passa attraverso il suo corpo, la sua mercificazione. una giovane donna di 19 anni, e questo valeva allora come oggi anche se le apparenze odierne di semplificazione e accelerazione sessuale potrebbero far pensare il contrario, non è in grado di tenere insieme una visione unitaria della propria persona quando da una parte deve rispondere a una responsabilizzazione così schiacciante e dall'altra deve cedere un corpo che ancora non conosce, che ancora non sente suo, un corpo giocattolo che ancora non ha conosciuto l'attenzione dell'amore e che già deve svendersi in un gesto di prostituzione. vaneggia su di sé, la sua bellezza, le sue prime fantasie ed esperienze nell'illusione di avere consapevolezza del proprio corpo, e quindi di essere preparata a un gesto così seduttivo e spudorato, ma si vede proiettata in una dimensione conflittuale con la sua formazione, l'educazione genitoriale che l'ha sostenuta fino ad allora: è proprio dai suoi genitori che arriva il dettato di usare il suo corpo per ottenere un sostegno economico. come si conciliano due indicazioni così profondamente antitetiche, dove aggrapparsi per tenere salda la propria integrità se proprio da lì, ove riteniamo origini e trovi sostegno e protezione, riceve l'indicazione di sfaldarsi?
Schnitzler e Freud si parlavano, si stimavano, si scrivevano, uno trovava nell'altro conferma delle proprie intuizioni.
certo, a Schnitzler spetta l'arte della scrittura.
e a Federico Tiezzi l'arte della regia.
bella presentazione scenica, bellissima, strepitoso quel fine sequenza con volti sfigurati dall'angoscia  trasformati inmascgere aliene (e la maschera di coccodrillo riprende lo spettacolo dell'anno scorso sull'interpretazione dei sogni di Freud, proprio a segnarne una continuità artista intellettuale e interpretativa) e con le rose rosse sparse sul terreno, vicino al tavolo anatomico, luogo della vivisezione della vita di Else, luogo del sacrificio della purezza in nome del cinismo.
strepitosi i suoi interpreti, Lucrezia Guidone e Martino D’Amico, ancora una volta il teatro mi sa dare momenti di gioia esaltante.





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