bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

giovedì 6 dicembre 2018

ROMA e la sua merda

film incredibile.
da Gravity a questo film è un bel salto, e Gravity mi era piaciuto, ma qui la regia, di Alfonso Cuaron, è altissima, cosmica.
è un film che mi ha tormentato per tutta la sua visione per via di un sottobosco di violenza, ripetuta, martellante, inesauribile, perdurante, invasiva. a volte manifesta, a volte sottotraccia, a volte addirittura invisibile, subliminale.
eppure non c'è una scena in tutto il film, di almeno due ore, che non abbia nell'angolo un punto di fuga, un luogo terzo, un segnale visivo che dica: morte.
o meglio
che dica merda.
si merda.
nelle prime scene del film si vede un cane
accudito dalle serve (si tratta di serve e viene voglia di urlare dalla rabbia)
un cane che, come tutti i protagonsti della storia, vive prigioniero, lui, il cane, prigioniero nella casa signorile in quel di Roma quartiere di Città del Messico, anno 1971
non esce mai, nessuno lo fa uscire, salta nevrotico impazzito davanti al cancello di casa ma nessuno lo vede, ad ogni uscita degli abitanti di casa viene trattenuto
il cane cosa fa
caga
nel cortile di casa, lungo e stretto, ove vengono parcheggiate le macchine, il cane caga, di continuo
le serve puliscono la mattina (la lunga scena iniziale è già l'inizio della storia della merda del cane) ma lasciano lì la merda del cane che, piano piano, colonizza tutto il cortile fino a riempirlo completamente, arrivati a sera
sembra poco, o solo brutto, ma questo elemento è il segno dell'angoscia e per tutto il film si pensa di continuo a quella merda di cane ovunque che nessuno considera, che nessuno corregge e con cui tutti convivono
va da sè che venga calpestata, o evitata, o schiacciata, dalle ruote delle auto parcheggiate
bene
il film è ciò che gira intorno a quella merda e assicuro che è un capolavoro.
.
punto.
ad ogni scena ci sarà del marcio, dello schifo, della violenza, della melma, dell'indicibile, della soprafffazione, dell'abbandono, della disperazione
insomma della merda.
e quando la vedi la prima volta non sei sicuro. ma cos'è quella? ma no non può essere.
e poi la rivedi, la scena successiva, e poi ancora e non è più una, sono molte, e il cane è lì.
si quella è merda, e poi non avrai più dubbi.
ci sono scene memorabili, come il parcheggio dell'auto da parte del padre, che poi evaporerà lasciando tutti nello sgomento, in cui le mani, i gesti al volante, le sigarette saranno solo viste dalla prospettiva del padre stesso, come se a filmare fosse lui.
preciso, inesorabile, in uno spazio ridottissimo parcheggerà l'auto in modo perfetto, senza strisciare l'auto mai
MA
con le ruote pesterà la merda, con dovizia di particolari, manovrando.
bene, la merda è ovunque, inutile perfezionarsi o spazientirsi, la merda sarà sempre lì a ricordarci che l'angoscia è insopprimibile.
è un film strepitoso, di una sapienza registica memorabile.
nessuno spreco sui particolari inutili o retorici, la crisi coniugale sarà esposta in un'unica sequenza, una porta della camera da letto che sta per chiudersi con il padre che si lamente del disordine e di tutta quella merda. e la porta si chiude. fine del matrimonio.
elementi portanti del film e del sistema che consente alla casa padronale di funzionare sono le serve, la sguattere che lavorano senza sosta e che non solo fanno i lavori di casa ma si occupano anche della crescita e dell'accudimento di quattro poveri figli sbandati e senza genitori.
dalla melma nauseabonda, e il regista di certo non si sottrae, del bel mondo mondano che beve vino bianco davanti a un incendio mentre gli schiavi spengono il fuoco o lascia dietro sè detriti di oggetti in modo noncurante, emerge la vita, quella che ha radici e consistenza e umanità e legami, delle serve, del popolo, che vive negli scantinati, festeggia il natale nelle cantine, o soggiorna nei sottotetti e sa cosa siano la vita e l'amore. sono le serve che tracciano i solchi dell'esistenza ed è  grazie a quei solchi che la vita ancora vi abita, nonostante le bizzarrie estetiche e mondane del mondo di sopra.
si, il mondo di sopra, ma comunque segnato dalla merda di cane.
scene strazianti si susseguono, in rigoroso bianco e nero, le scene della rivolta studentesca e dei parti in ospedale sono un pugno nello stomaco, ma il reale è meno drammaticamente scuotente delle angosce sotterranee, delle noncuranze, delle madri incapaci che abdicano al ruolo genitoriale senza consapevolezza dei rischi che corrono.
il film si apre su un pavimento e sull'acqua che lo lava. di riflesso sull'acqua vediamo un aereo che passa nel cielo. 
il film si chiude sul cielo, con lo stesso arereo che passa.
ma intanto è passata la vita.
non ci si può perdere nemmeno una scena di questo film, ogni inquadratura ha qualcosa da dire, e da sottendere. e da tacere. 

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