bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

lunedì 3 dicembre 2018

bohemian rhapsody, salvare qualcosa del tempo in cui non saremo mai più

se non fosse che è biologicamente impossibile, direi che sono incinta.
mi commuovo a ogni passo, mi salgono lacrime e magoni, solo in attesa mi sono sentita così vulnerabile, effetto estrogenico ben noto.
sono a un corso di formazione dell'Ordine dei Medici, Il bambino e la malattia, e dopo gli interventi delle psicoanaliste della SPI  (e avrei qualcosa da dire, forse non sono proprio del tutto sopita...) è stato il turno della pediatra. pediatra che lavora al San Paolo e ha esperenza di bambini affetti da tumore.
non una ma più volte ho avuto la sensazione dell'emozione che travalica, certamente mi sono trovata con gli occhi lucidi. soprattutto i disegni dei bambini, e poi le foto, mi hanno annientato. 
piango per loro? o piango per me? mi identifico e sento che non ce l'avrei mai fatta, al posto di quei genitori di bambini gravemente malati.
domenica mattina sono a un bel concerto da camera, Domenico Nordio suona insieme a un trio e poi a un settimino per violino, viola, violoncello, contrabbasso, clarinetto, fagotto e corno di Beethoven.
va da sè che ho sentito di nuovo quel trasalimento. 
una paziente mi ha detto che sono troppo romantica, non è vero purtroppo, romantica non sono, con i pazienti meno che meno, ma forse sono attraversata da uno strum und drang.
il tutto ha trovato il suo inizio martedì a teatro con Onegin, e chi se lo dimentica più, ma ha avuto la sua apoteosi venerdì sera al cinema, con il film su Freddy Mercury.
appena uscito sono andata, non avrei mai potuto perderlo.
non so nemmeno se sia un buon film, non me lo sono proprio del tutto chiesta.
ho fatto fatica ad abituarmi al Freddy Mercury versione Rami Malek, mentre ho aderito da subito a Brian May e Roger Taylor e, incredibile, a John Deacon (identico, un clone, facciamo indagini sullo sconfinamento etico della scienza).
mi sono abituata, e accomodata, all'ultimo look, quello che ho più in mente, capello corto, baffi, jeans e sneaker a strisce da wrestling e canotta bianca.
ad ogni modo ho pianto, moltissimo, ho cantato e ho pianto. in verità mi aspettavo che alle canzoni del live aid cantassero tutti in sala, non mi sembra, ma io ho cantato. 
l'età media era ovviamente la mia ma non mancavano i giovani, quelli che hanno cultura musicale e non si fermano a rovazzi.
la mia esperienza cinematografica si riassume in lacrime e sangue, ad ogni canzone ho avuto un brivido, alla lunga scena finale un autentico deliquio.
di notte ho dormito male, cantavo di continuo, ad ogni risveglio si passava da we will rock you a we are the champions (my friends) (and we'll keep on fighting till the end).
ora.
che dire.
piango per Freddy Mercury?
certamente piango per quel genio che era, per quella bocca assurda che aveva, per quelle canzoni, per quel gruppo,  per quella cultura musicale, per la storia del rock, vera galassia luminosa e indiscussa della musica di tutto il 900.
piango perchè ora negli stadi c'è fedez, e altre seghe, di più mezze, un quarto di seghe come lui, perchè i giovani, compresi i miei figli, ascoltano musica di merda, e quella esplosione musicale non tornerà mai più. penso ai gruppi che hanno animato quegli anni, tra gli anni 60 e i 90 del XX secolo, e mi esalto per la portata di quegli eventi. sono andata ad alcuni concerti e mi rammarico che oggi i miei figli non sappiano quasi nulla, poco, e male, di quella cultura musicale. ma non è la loro e non so cosa loro abbiano al posto di quella. Baricco mi fa girare le palle con le palle che racconta sul suo Game.
ma piango per me, è certo, piango per me, per ciò che non sono più, e mai più sarò, e nessuno saprà mai, oltre a me, cosa mi porto dentro e nulla rimarrà di queste mie passioni, tutto morirà con me, nulla sono riuscita a trasmettere. è chiaro che ho finito di leggere Gli Anni di Annie Ernaux, la memoria è dentro di noi e con noi finisce.
allora non sono gli estrogeni, no. tutta colpa della letteratura.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

non riprendermi....il post lo trovo bellissimo. E,mi permetto di aggiungere,credo che tu lascerai delle tracce,forse sulla sabbia,ma le lascerai. Io credo di non avere questa chamce. e' bello leggerti Rouge.

Rossa ha detto...

corte sconta sei tu l'anonimo che scrive?
ma quali tracce, ma no credimi, qualche passaggio nella memoria di qualcuno e al prossimo giro sarò cancellata, come tutti tranne gli eterni, i michelangelo, i caravaggio, i mozart, i beethoven, i van gogh e così via. solo l'arte e la bellezza ci sopravvivono.

corte sconta ha detto...

mah..certo che ci sono anime artistiche eccelse come le già citate,e lì siamo nell'immortalità!ma credo vi sia spazio anche per altre dimensioni.."minori"?eppure non meno importanti. chiaramente se il giudizio,il metro,è prettamente artistico,allora sì,concordo,siamo spacciati in molti.Ernaux vedo che ha lasciato il segno..un'ultima cosa,non capisco la cosa dell'anonimo,boh una svista credo.
buona serata Rouge