bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

lunedì 7 aprile 2014

gomorra

“Non permettiamo uomini che le nostre terre diventino luoghi di camorra, diventino un'unica grande Gomorra da distruggere! Non permettiamo uomini di camorra, e non bestie, uomini come tutti, che quello che altrove diventa lecito trovi qui la sua energia illecita, non permettiamo che altrove si edifichi ciò che qui viene distrutto. Create il deserto attorno alle vostre ville, non frapponete tra ciò che siete e ciò che volete solo la vostra assoluta volontà. Ricordate. Allora il SIGNORE fece piovere dal cielo su Sodoma e Gomorra zolfo e fuoco; egli distrusse quelle città, tutta la pianura, tutti gli abitanti delle città e quanto cresceva sul suolo. Ma la moglie di Lot si volse a guardare indietro e diventò una statua di sale. (Genesi 19,12-29). Dobbiamo rischiare di divenire di sale, dobbiamo girarci a guardare cosa sta accadendo, cosa si accanisce su Gomorra, la distruzione totale dove la vita è sommata o sottratta alle vostre operazioni economiche. Non vedete che questa terra è Gomorra, non lo vedete? Ricordate. Quando vedranno che tutto il suo suolo sarà zolfo, sale, arsura e non vi sarà più sementa, né prodotto, né erba di sorta che vi cresca, come dopo la rovina di Sodoma, di Gomorra, di Adma e di Seboim che il SIGNORE distrusse nella sua ira e nel suo furore, (Deuteronomio 29,22). Si muore per un sì e per un no, si dà la vita per un ordine e una scelta di qualcuno, fate decenni di carcere per raggiungere un potere di morte, guadagnate montagne di danaro che investirete in case che non abiterete, in banche dove non entrerete mai, in ristoranti che non gestirete, in aziende che non dirigerete, comandate un potere di morte cercando di dominare una vita che consumate nascosti sotto terra, circondati da guardaspalle. Uccidete e venite uccisi in una partita di scacchi il cui re non siete voi ma coloro che da voi prendono ricchezza facendovi mangiare l'uno con l'altro fin quando nessuno potrà fare scacco e ci sarà una solo pedina sulla scacchiera. E non sarete voi. Quello che divorate qui lo sputate altrove, lontano, facendo come le uccelle che vomitano il cibo nella bocca dei loro pulcini. Ma non sono pulcini quelli che imbeccate ma avvoltoi e voi non siete uccelle ma bufali pronti a distruggersi in un luogo dove sangue e potere sono i termini della vittoria. È giunto il tempo che smettiamo di essere una Gomorra…” (lettera in commemorazione di Don Peppino Diana, scritta da un amico di Roberto Saviano)

quel che penso, ho finito il libro, è che Roberto Saviano, nato in terra di camorra, cresciuto e infiltrato nella terra di camorra, al corrente e informato su moltissimi fatti di camorra, dai traffici illeciti di droga e qualunque altra cosa, alle speculazioni edilizie, al marciume dei rifiuti tossici provenienti da tutta l'Italia e sepolti nel territorio campano fino a farne una voragine tombale di cancro e putrescenza, abbia vissuto in bilico tra la rabbia e il cedimento. tra il desiderio di verità, riscatto per la sua terra e per l'Italia intera, e l'adesione a un richiamo fortissimo. credo che abbia vissuto un profondo dilemma, stare fuori o stare dentro.
magari dico una cosa inaudita, o una cosa da lui stesso ammessa, come a me sembra dalle ultime pagine del libro.

Cercavo di capire se i sentimenti umani erano in grado di fronteggiare una così grande macchina di potere, se era possibile riuscire ad agire in un modo, in un qualche modo, in un modo possibile che permettesse di salvarsi dagli affari, permettesse di vivere al di là delle dinamiche di potere. Mi tormentavo, cercando di capire se fosse possibile tentare di capire, scoprire, sapere senza essere divorati, triturati. O se la scelta era tra conoscere ed essere compromessi o ignorare – e riuscire quindi a vivere serenamente. Forse non restava che dimenticare, non vedere. Ascoltare la versione ufficiale delle cose, trasentire solo distrattamente e reagire con un lamento. Mi chiedevo se potesse esistere qualcosa che fosse in grado di dare possibilità di una vita felice, o forse dovevo solo smettere di fare sogni di emancipazione e libertà anarchiche e gettarmi nell'arena, ficcarmi una semiautomatica nelle mutande e iniziare a fare affari, quelli veri. Convincermi di essere parte del tessuto connettivo del mio tempo e giocarmi tutto, comandare ed essere comandato, divenire una belva da profitto, un rapace della finanza, un samurai dei clan; e fare della mia vita un campo di battaglia dove non si può tentare di sopravvivere, ma solo di crepare dopo aver comandato e combattuto. Sono nato in terra di camorra, nel luogo con più morti ammazzati d'Europa, nel territorio dove la ferocia è annodata agli affari, dove niente ha valore se non genera potere. Dove tutto ha il sapore di una battaglia finale. Sembrava impossibile avere un momento di pace, non vivere sempre all'interno di una guerra dove ogni gesto può divenire un cedimento, dove ogni necessità si trasformava in debolezza, dove tutto devi conquistarlo strappando la carne all'osso. In terra di camorra, combattere i clan non è lotta di classe, affermazione del diritto, riappropriazione della cittadinanza. Non è la presa di coscienza del proprio onore, la tutela del proprio orgoglio. È qualcosa di più essenziale, di ferocemente carnale. In terra di camorra conoscere i meccanismi d'affermazione dei clan, le loro cinetiche d'estrazione, i loro investimenti significa capire come funziona il proprio tempo in ogni misura e non soltanto nel perimetro geografico della propria terra. Porsi contro i clan diviene una guerra per la sopravvivenza, come se l'esistenza stessa, il cibo che mangi, le labbra che baci, la musica che ascolti, le pagine che leggi non riuscissero a concederti il senso della vita, ma solo quello della sopravvivenza. E così conoscere non è più una traccia di impegno morale. Sapere, capire diviene una necessità. L'unica possibile per considerarsi ancora uomini degni di respirare.

ringrazio Saviano per questo libro, per quello che mi ha raccontato e che ora so, almeno un po' di più, o mi illudo di sapere di più. per quello che so di più e dovrei sapere di più, e chissà se avrò mai il coraggio di sapere. Gomorra è un libro sul coraggio della conoscenza ancora più che sulla camorra: Non è la confessione in sé che fa paura, non è l'aver indicato un killer che genera scandalo. Non è così banale la logica d'omertà. Ciò che rende scandaloso il gesto della giovane maestra è stata la scelta di considerare naturale, istintivo, vitale poter testimoniare. Possedere questa condotta di vita è come credere realmente che la verità possa esistere e questo in una terra dove verità è ciò che ti fa guadagnare e menzogna quello che ti fa perdere, diviene una scelta inspiegabile. Così succede che le persone che ti girano vicino si sentono in difficoltà, si sentono scoperte dallo sguardo di chi ha rinunciato alle regole della vita stessa, che loro invece hanno totalmente accettato. Hanno accettato senza vergogna, perché tutto sommato così deve andare, perché è così che è sempre andato, perché non si può mutare tutto con le proprie forze e quindi è meglio risparmiarle e mettersi in carreggiata e vivere come è concesso di vivere.

2 commenti:

corte sconta ha detto...

-un sasso gettato in uno stagno suscita onde concentriche...-G.Rodari
questa è la speranza cara Rossa.superfluo dirti che il post fa pensare.a presto

Rossa ha detto...

ciao linx.
leggi il libro.
penserai diversamente.
notte
Rossa