bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

giovedì 5 dicembre 2013

io sono Heathcliff

Virginia Woolf: 
“Il suo è il più raro dei poteri. Potrebbe liberare la vita dagli eventi; con pochi tocchi, tracciare lo spirito dietro un viso, così che non abbia più bisogno di un corpo; parlando della brughiera può fare soffiare il vento e roboare un tuono.”

Cime tempestose, Wuthering Heights, unico romanzo di Emily Bronte.
la sorella Charlotte scrisse Jane Eyre, il fratello, il primo a morire in giovane età seguito poi a raffica dalle tre sorelle, scriveva poesie anch'egli, poesie che ho scoperto da poco sulla rivista Poesia.
romanzo intenso, molto complesso, gotico e satanico, denso di male e di devozione vitale al male, ha uno sviluppo piuttosto particolare, spesso confuso nella sua costruzione a flash back. ci sono passaggi inconsueti, presentazione iniziale di personaggi che poi si dimostrano diversi, passaggi temporali inconcepibili, nascite di figli della cui gravidanza non si era fatta menzione, forzature diaboliche, sembra un libro scritto e non riletto. potrei dire che, dal punto di vista narrativo sembra ingenuo, ma questo contrasta con la rappresentazione della crudeltà, della cattiveria, della vendetta, del desiderio di fare male, della degradazione, in termini fisici e morale, che vi si legge.
l'Examiner riportò che Cime Tempestose: « ...è uno strano libro. Ci sono segni di un grande potere di scrittura, ma nell'insieme è violento, confuso, incoerente e improbabile ».
è una critica eccessiva forse ma in parte concordo, è inverosimile -ammesso che la verosimiglianza sia necessaria a un romanzo e forse non lo è- ma certamente espressivamente potente.
qualcuno sostiene si tratti di una grande storia d'amore, travolgente e distruttiva, tra Catherine e Heathcliff, ma anche di questo non sono così sicura. c'è una forza oscura, melmosa come la brughiera in cui vivono i personaggi, tempestosa come la forza della natura che aleggia, nella relazione tra i due protagonisti, ma di amore non si parla mai e di amore non si tratta. piuttosto, appunto, di un'attrazione malvagia, di un rapporto fusionale, di un'identificazione reciproca, di un'unicità, una simbiosi, che si spezza causa morte prematura di lei che si ricostituisce con la morte inspiegabile e misteriosa di lui.
un legame satanico, una passeggiata tra le tombe in compagnia di spiriti maligni, tra demoni e fantasmi.
siamo comunque nel regno del mito, questo libro ha una quota magica irresistibile, al di là di certe scompostezze, fa vibrare e leggere nell'attesa, l'attesa dell'ineludibile morte del protagonisita, la fatale ricongiunzione delle anime afflitte dalla forza malvagia della passione malata. non c'è sensualità nelle pagine di Emily, nessun accenno alla sessualità dei protagonisti, l'unione tra i due amanti non è carnale, mai, nemmeno accennata, nemmeno ipotizzata, solo spirituale e al di là della carne, al di là della morte.

dice Catherine lucida alla prima separazione da Heathcliff.
Non so spiegarmi: ma certamente tu pure hai un'idea; sai come chiunque altro, che c'è o ci dovrebbe essere un'esistenza al di là di noi stessi? A che scopo sarei io stata creata se fossi interamente contenuta in me stessa? Le mie grandi pene in questo mondo sono state le pene di Heathcliff, e io le ho conosciute e le ho sentite tutte una a una dal principio; la sola ragione di vivere per me è lui. Se tutto il resto perisse, e lui rimanesse, io continuerei a esistere; e, se tutto il resto rimanesse e lui fosse annientato, l'universo si cambierebbe per me in un'immensa cosa estranea; non mi parrebbe più di essere una parte di esso. Il mio amore per Linton è simile al fogliame del bosco; il tempo lo muterà, ne sono sicura, come l'inverno muta gli alberi; il mio amore per Heathcliff somiglia alle eterne rocce che stanno sottoterra: una sorgente di gioia poco visibile, ma necessaria. Nelly, io sono Heathcliff! Lui è sempre, sempre nella mia mente; non come un piacere, come neppur io sono sempre un piacere per me stessa, ma come il mio proprio essere. Così non parlare più della nostra separazione: è impossibile, e...
dice Catherine nel delirio, nel deliquio dopo la seconda fatale, mortale separazione da lui:
«Guarda!» esclamò con calore, «quella col lume è la mia stanza, con gli alberi che ondeggiano davanti; l'altro lume è nell'abbaino di Giuseppe. Sta alzato sino a tardi? Aspetta che io ritorni a casa per poter chiudere il cancello. Ebbene, dovrà aspettare un bel po'. È un viaggio duro, penoso, ed il cuore è triste!... e per farlo dobbiamo passare davanti alla cappella di Gimmerton! Spesso abbiamo sfidato gli spiriti e ci siamo sfidati a stare fra le tombe, ad evocarli e dir loro di venire. Ma, Heathcliff, se ora ti sfidassi,ne avresti ancora il coraggio? Se vieni ti terrò con me; non voglio giacere sola. Se mi seppellissero a dodici piedi di profondità e la chiesa crollasse su di me, io non riposerò fin che tu non mi sarai vicino.»
dice Heathcliff nel disperato tentativo di rivederla prima della sua morte, della sua evanescenza:
«Credi proprio che mi abbia quasi dimenticato?» disse. «Oh, Nelly, sai bene che non è vero. Lo sai quanto me che per ogni pensiero che lei concede a Linton, ne ha mille per me. In un miserabile periodo della mia vita, mi ero anch'io formata tale idea, che mi ha perseguitato al mio ritorno in questi luoghi tutta la scorsa estate; ma soltanto una sua dichiarazione potrebbe farmi accettare di nuovo quell'orribile idea. E, allora, Linton non sarebbe più nulla, e neppure Hindley e neppure tutti i miei sogni. Il mio avvenire starebbe tutto in due parole: morte e inferno! l'esistenza senza di lei sarebbe l'inferno. Eppure sono stato tanto pazzo da credere per un istante che lei potesse apprezzare l'attaccamento di Edgard Linton più del mio. Ma, se lui amasse con tutte le forze del suo piccolo essere, non riuscirebbe nemmeno in ottant'anni ad amarla quanto io in un sol giorno. E Catherine ha il cuore profondo non meno del mio. Linton le è appena più caro del suo cane o del suo cavallo! Non è lui che possa essere amato come lo sono io!»

tratto da “Ovvero delle Cime Tempestose” di Margherita Giacobino, leggo una valutazione che mi sembra molto interessante, ispirata dal libro di Clarissa Pinkola, Donne che corrono con i lupi: Catherine «baratta» Heathcliff, ovvero la sua natura selvaggia, in cambio della ricchezza, del prestigio e della rispettabilità sociale che Linton le offre. Ma non fa i conti con la realtà, s’inganna, pensando di poter pagare il prezzo richiesto senza eccessivo sacrificio, di potere, addirittura, continuare ad amare Heathcliff senza incorrere nella condanna sociale e destreggiarsi fra i due uomini senza mettere gravemente in pericolo la propria identità personale. Il «baratto» è possibile proprio a causa dell’inesperienza della giovane donna, «tradita» dai genitori, che non sanno consigliarla. Il padre, ovvero quella funzione della psiche femminile che deve tutelare la donna nei suoi rapporti con l’esterno, e la madre, cioè la donna saggia che è dentro ciascuna di noi, «tradiscono» Catherine, vale a dire queste istanze non sono ancora così forti dentro di lei da darle buoni consigli: Catherine deve crescere, affrontare l’iniziazione e la morte per conquistarsi una sua saggezza, una conoscenza del mondo e di sé.Quindi, una storia d’amore ad un primo livello di lettura, e la storia di una psiche femminile ad un secondo livello. Catherine muore esattamente a metà del libro, e viene sotituita da sua figlia, che si chiama come lei, anche se il suo nome viene abbreviato Cathy per distinguerla dalla madre. Cathy è figlia della morte di sua madre, perché nasce nella notte in cui Catherine muore, ma anche perché ne raccoglie l’eredità, opera trasformazioni che sua madre non è riuscita a compiere. Insomma, Catherine/Cathy sono una sola donna, e Cime Tempestose è la storia del suo lacerarsi e ricomporsi con una parte di sé.
ho pensato leggendo il libro, proprio a un desiderio di riscatto della giovane Emily, a un desiderio di crescita, di rivalsa, di sollievo da una vita piuttosto infelice, anzi disperata, trascorsa nel lutto e nel disagio, un riscatto che mi sembra di leggere nella figura di Cathy, figlia di Catherine, stesso nome ma diverso apparente destino.

e chi la dimentica Kate Bush...

Wuthering Heights
Out on the winding, windy moors
We'd roll and fall in green
You had a temper, like my jealousy
Too hot, too greedy
How could you leave me?
When I needed to possess you?
I hated you, I loved you too

Bad dreams in the night
They told me I was going to lose the fight
Leave behind my wuthering, wuthering
Wuthering Heights

Heathcliff, it's me, Cathy, I've come home
I'm so cold, let me in-a-your window

Ooh it gets dark, it gets lonely
On the other side from you
I pine a lot, I find the lot
Falls through without you
I'm coming back love, cruel Heathcliff
My one dream, my only master

Too long I roam in the night
I'm coming back to his side to put it right
I'm coming home to wuthering, wuthering,
Wuthering Heights

Heathcliff, it's me, Cathy, I've come home
I'm so cold, let me in-a-your window

Oh let me have it, let me grab your soul away
Oh let me have it, let me grab your soul away
You know it's me, Cathy

Heathcliff, it's me, Cathy, I've come home
I'm so cold, let me in-a-your window



e anche la Plath, attratta dalla terra smossa, fredda, dal biancore delle ossa, dal destino senza scampo, ne scrisse una poesia.

Cime tempestose
Gli orizzonti mi circondano come fascine,
inclinati e diversi, e sempre instabili.
Toccati da un fiammifero, potrebbero scaldarmi,
e le loro linee sottili strinare
l’aria di arancione
prima che le distanze da loro trattenute evaporino,
appesantendo il pallido cielo di un colore più solido.
Invece, via via che avanzo, si dissolvono e dissolvono,
come una serie di promesse.

Non c’è vita più alta della cima dell’erba
o del cuore delle pecore, e il vento
si riversa come il destino, piegando
ogni cosa in una sola direzione.
Lo sento che cerca
di svuotarmi del calore.
Se presto loro troppa attenzione,
le radici dell’erica mi inviteranno
a imbiancare le mie ossa in mezzo a loro.

Le pecore sanno dove sono,
brucano avvolte in sporche nuvole di lana,
grigie come il tempo.
Sono accolta dalle nere fessure delle loro pupille.
E’ come essere spedita nello spazio,
messaggio esile e sciocco.
Loro se ne stanno là camuffate da nonne,
tutte riccioli posticci e denti gialli
e belati duri, di marmo.

Arrivo a solchi di ruote, e ad acqua
limpida come le solitudini
che mi sfuggono tra le dita.
Sulla soglia scalini incavati vanno di erba in erba;
architrave e davanzale si sono scardinati.
Delle persone l’aria ricorda solo
poche sillabe sparse.
Le ripete gemendo:
pietra nera, pietra nera.

Il cielo si appoggia su di me, l’unica eretta
tra tutti gli orizzontali
L’erba batte il capo forsennatamente.
E’ troppo delicata
per una vita in simile compagnia:
il buio l’atterrisce.
Ora, nelle valli strette
e nere come borsellini, le luci delle case
occhieggiano come piccole monete.

Nessun commento: