bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

martedì 30 ottobre 2012

cecità

ho letto Cecità, di Saramago.

l'ho ascoltato in audiolibro letto da Sergio Rubini.
qualcuno mi ha fatto notare che così non era valido.
che una delle caratteristiche del libro era proprio la scrittura -sembra una banalità ma non lo è- e che, quindi, la lettura di un altro non mi avrebbe fatto leggere il libro, ovvero intenderlo nella sua completezza,  ma solo ascoltare l'interpretazione di chi leggeva.
certo, mi sono detta, la soggettività, nella vita, è tutto.
in questo caso la mia, quella di chi legge il testo per me, quella di chi ha scritto il libro e, non ultima, quella di chi mi ha fatto notare questo aspetto: la lettura non è come la scrittura.
l'osservazione del mio collega, psichiatra (al quale le scrittura in questione non è piaciuta affatto) mi ha messo curiosità. in verità, quasi sempre, se posso, mi procuro il libro che mi viene letto, per lo meno i grandi libri. Moby Dick, Guerra e Pace, L'opera al nero e anche Cecità, li ho avuti tutti sottomano, per mio diletto e per completezza, appunto. la scrittura di cecità in effetti produce un effetto molto particolare. mentre per i classici di Tolstoj e di Melville, la scrittura aveva un impianto classico, narrativo, drammatico e, quindi, adatto a una lettura ad alta voce senza particolari stravolgimenti, in Cecità di Saramago la scrittura è densa. è diversa. ha una punteggiatura alternante, a volte assente, a volte bizzarra. i periodi sono molto lunghi, a volte infiniti. non ci sono virgolette nè due punti.i discorsi dei personaggi vengono inagurati da semplici maiuscole. come ad improntare un discorso che non finisce mai. i personaggi non hanno un nome proprio, solo delle definizioni che li caratterizzano. Rubini riesce a dare l'idea della concitazione di alcuni paragrafi, e devo dire che, anche senza saperlo, capivo che la scrittura era irruente, era senza fiato, senza sosta, era drammatica ma a tratti tragica.
il libro è immenso secondo me.
è un viaggio nell'angoscia del corpo. un corpo senza occhi sembra trasformarsi in un corpo senza anima. il corpo diventa corpo e basta, corpo che urina che defeca che si sporca che puzza che viene abusato e diviene abusante. un corpo che ha FAME. questo nostro corpo, al quale, se stiamo bene, facciamo perfettamente coincidere la nostra soggettività, si stacca irreparabilmente da noi, dal nostro sè, ci divemta estreneo ed ostile, quando sta male, quando è perduto, quando chiede qualcosa che non possiamo più dare. è una riflessione potentissima sulla cecità che alberga in noi, anche quando e se vediamo, la cecità di chi non sa vedere la propria esistenza, la propria soggettività, la propria identità.
ci portiamo appresso corpo e anima, per lo più senza conoscerli veramente mai.
e come ci viene tolta una facoltà che consideriamo ovvia, anzi nemmeno la consideriamo, la inglobiamo in noi come scontata, improvvisamente ci troviamo completamente nudi ignari ignoranti inconsapevoli di noi stessi e degli altri.
la riflessione del mio collega sembra incredibilmente attinente al libro. ascolti ma non sai di cosa ti stai occupando, sei affetta da una forma di cecità. oltre alla lettura c'è altro, c'è oltre, c'è sempre qualcosa "altro". c'è sempre un enigma da capire. è poi tutto da definire se un enigma possa essere illuministicamente sempre risolto o rimanga per sempre irrisolto in noi, come un mistero oscuro che non si dipana mai.

Perché siamo diventati ciechi, Non lo so, forse un giorno si arriverà a conoscerne la ragione, Vuoi che ti dica cosa penso, Parla, Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono. La moglie del medico si alzò e andò alla finestra. Guardò giù, guardò la strada coperta di spazzatura, guardò le persone che gridavano e cantavano. Poi alzò il capo verso il cielo e vide tutto bianco, è arrivato il mio turno, pensò. La paura le fece abbassare immediatamente gli occhi. La città era ancora lì.

4 commenti:

enzo ha detto...

Non ho letto niente di Saramago, questo suo piccolo brano che hai riportato mi incuriosisce, la sua punteggiatura è accattivante, mi piace leggere "di seguito".
Ho un amico che scrive così, in continuo, usando altri accorgimenti stilistici e le sue pagine, sempre poche, scorrono via veloci (suo il racconto autobiografico da cui è stato tratto "I primi della lista").

Un mondo di ciechi, ciechi vedenti, privi di l'altezza, una moltitudine di piccole storie che scorrono nel basso, nelle quattro mura delle case, dove l'avere è l'unica valenza e l'essere è fatica.
E pensare che riuscire a vedere rende tutto così semplice.

E forse più che di cecità si tratta di uno sguardo costantemente rivolto verso il proprio ombelico, una vista ottusa, mentre il mondo e la vita sono fuori, e basta alzare lo sguardo.

Buon fine settimana, Rossa!

Paolo

enzo ha detto...

E ieri ero proprio dal mio amico, e fra una chiacchera e l'altra gli ho chiesto se conosceva il libro. Me ne ha vivamente consigliato la lettura.
Ora sto leggendo IQ84, un libriccino nonostante il suo chilo e tre di peso.

Rossa ha detto...

buongiorno Paolo, sono qui.
del tuo primo commento non ho capito se la parte di mezzo (un mondo di ciechi...) sia una tua considerazione o una citazione degli scritti del tuo amico.
il mio fine settimana è stato decente, ho visto delle belle cose, ne scriverò. il tuo?
sarei contenta se leggessi il libro e mi dicessi poi quel che ne pensi.
invece del tomo che citi -IQ84- non ne so assolutamente nulla. cos'è??

enzo ha detto...

Erano miei pensieri, sono stato (e sono ancora) un sognatore e questo individualismo basso che ci circonda mi fa soffrire, mi fa rabbia, volevamo il potere all'immaginazione (dopo averlo chiesto "al popolo").

1Q84 (http://it.wikipedia.org/wiki/1Q84) è un tomo che ormai ho iniziato e che voglio portare in fondo (erano molto meglio i gialletti della Bartlett che ho letto questa estate); non è scritto benissimo (come invece lo sono i libri della scrittrice spagnola), e la storia fino ad ora "morde" poco.
Spero migliori con l'andar delle pagine, non sono un grande divoratore di libri e 774 pagine per me sono un traguardo molto lontano.

Sono stato di festa dal giovedì, nelle quattro mattine abbiamo lavorato in giardino, ne aveva molto bisogno, e nei pomeriggi mi sono goduto il meritato riposo. Viviamo con mia suocera da un anno, non era più autosufficiente al 100%, così i nostri spostamenti sono rari e limitati, un po' di noia ogni tanto affiora.
Ho passato quel bruttissimo momento di cui ti accennai, sto lavorando sul mio rapporto di coppia e quindi su di me, spero di arrivare da qualche parte :)

Aspettavo un tuo cenno, sei una bella persona e fa piacere avere contatti intelligenti.
Resto in attesa del tuo resoconto a riguardo delle belle cose che hai visto.
Ciao, e buone cose a te!

Paolo