bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

domenica 24 ottobre 2010

Il grande sogno

o forse la grande contraddizione.
questo ho visto in questo film italiano.
apprezzo molto l'impegno narrativo e a volte anche l'innegabile buona riuscita della filmografia italiana. "l'uomo che verrà" è un capolavoro.
questo film certamente no, ma si sforza di parlare. non ha una voce stentorea, non ti incatena con tono autorevole, sussurra solo un racconto autobiografico.
regia di Michele Placido con Riccardo Scamarcio, Jasmine Trinca, Luca Argentero, Massimo Popolizio.
e altri. di Placido ho amato Romanzo Criminale, che scandagliava la recente storia sociale italiana ma la cui forza espressiva era molto più convincente di quest'ultima produzione.
68, lotta studentesca. lei è una giovane cattolica universitaria, facoltà di fisica, alle prese con la sua estrazione borghese, lui è un giovane studente lavoratore alle prese con la rivoluzione, l'altro un poliziotto alle prese con la passione per il teatro.
lei è lucidamente intelligente, lui e l'altro certamente meno.
lei è riflessiva e parla con la sua voce, sempre, lui è più propagandistico e indottrinato, l'altro parla il linguaggio scarno della terra e, a volte, con l'intonazione della passione.
la contraddizione, oltre al sogno, regna su tutti, prima di tutto su chi abbraccia l'idea esaltante del cambiamento rivoluzionario ma proviene dalla più benestante borghesia italiana anni 60 - e anche in manifestazione veste abiti di sartoria e scarpe gucci- e si trova manganellato a sangue da celerini di indubbia provenienza proletaria. è un gioco delle parti nella ricerca di una nuova identità sociale.
come lo è quello amoroso. chi più sente e ci da di cuore, alla fine viene eliminato dal gioco del desiderio, una contraddizione che non trova una spiegazione, se non nella paura che ti fa scegliere chi ti somiglia e non chi ti scopre e accende come un falò. gioco delle parti.
nel tempo del soverchiamento dei ruoli sociali, almeno sperati, l'amore si piega alle paure di sempre, l'amore rimane una rivoluzione per pochi.
le contraddizioni non ce le risolviamo, il meglio che possiamo fare è di viverci dentro senza scordarci che ambigui ambivalenti e conflittuali lo siamo tutti.
forse questo è il limite del socialismo reale, diciamo così, il conflitto, di classe e non, non sa risolversi e non si può eliminare. le differenze sono inestinguibili e necessarie al vivere, sociale e non.

tornando faceti, ma anche serissimi, la cosa bella, vero motivo per cui scrivo il post, è il finale.
Finale 1.
dalla fecondazione di tanta passione tra lei lui e l'altro, per la politica, per l'amore, per la lotta, per la rivoluzione, nascerà, nella primavera del '69, una creatura che si chiamerà...ROSSA.
c'è un errore anagrafico, ma poco importa: quella nascita è la mia.

Finale 2.
il film si chiude con una bella canzone, di Placido e Piovani, cantata da Giorgia.
canzone che vuole sapere di datato e nostalgico, e forse proprio lo è.
parla di un sogno, di rosse ferite, del tempo in cui il desiderio di nuovo e di meglio e di bene aveva, al contrario di oggi, la forza di gridare.

12 commenti:

Anonimo ha detto...

Orribili quegli anni, quelle chiome unte, quelle basette cespugliose, quelle zampe d'elefante, quelle gonnellone sotto le quali non sai se ci stia una donna o un ippopotamo (e forse è meglio l'ippopotamo, perché la donna rivoluzionaria non si lava sotto la sottana nemmeno dopo la marcia per la pace), quelle parole ridicole ("comitato" in pole position), quel fumo dolciastro, quei denti anneriti dal fumo già a vent'anni, quelle mani giallastre, quelle unghie non curate, quella spocchia di sapere da che parte è la verità, quella nebbia (Milano con la nebbia: tali furono tutti i miei anni Settanta, e dentro macchine blindate per andare a scuola!), quel lezzo marcio commisto di ascella e patchouli, quegli occhiali pesanti e affumicati, quel NULLA, NULLA, NULLA degli slogan e delle magnifiche sorti e progressive della rivoluzione a spese dei celerini proletari (e delle vedove tali rimaste, quando la foja di sparacchiare giungesse a segno). Gli anni più schifosi della storia recente. Onore allo scomparso Francesco Cossiga, che tutti hanno dileggiato al momento della morte e la cui grandeur sibillina era forse un po' ridicola, ma che mandò, come qualsiasi statista assennato e pratico avrebbe dovuto fare, i carri armati a contrastare quella tabe. Avessero sparato ad altezza uomo (o donna: ma a quei tempi la differenza era spesso indecifrabile) sarebbe stato ancora meglio. (E oggi ci saremmo risparmiati tanti post-comunisti "pentiti" e finiti nei quadri del berlusconismo accanito: perché quella è l'evoluzione della nostra Prise de la Bastilla)...

Anonimo ha detto...

Bastille, tzè :)

DolcePrinciFessa ha detto...

Ciao Rossa... Condivido il tuo punto di vista... anche io ho gtadito molto ma molto di più romanzo criminale... questo mi ha lasciato ben poco... l'ho trovato quasi più un esercizio di stile... come se mancasse un po' di cuore...

Rossa ha detto...

Rofrano, bel commento, non c'è che dire.
io sono rivoluzionaria -rido da sola nel diro ma è per sintesi- eppure non puzzo sono una gran figa e faccio molta differenza con un uomo. o no, forse è l'ippopotamo che è in me che mi fa sragionaree vedere migliore di quello che sono..
le mie considerazioni non volevano essere di stile ma di sostanza, non di puzza e di basette lerce, ma di ideale e di cambiamento.
di contraddizione, sociale e reale.
se l'abitus della rivoluzione non ti piace - eppure avevo letto un tuo commento molto più benevolo al mio racconto di me vestita con gli zoccoli e le calze colorate, il golf del padre che arrivava fino alle ginocchia e il patchouli e alle prese con un gran figo occupatore di licei- puoi stare tranquillo, non tornerà più.
ora è tempo di grande fratello avetrana per aperitivo e immagine femminile fasulla ritoccata venduta ai gonzi come vera.
esalti cossiga, poveri noi, e i suoi carri armati, ma mi sembrava di aver letto un tuo altro commento a proposito di ulrike meinhoff.

farò un post di stile e di intimo e tacchi aspillo per recuperare un po' la mia immagine di femmmina sexy sennò qui si va in ribasso. meglio adeguarsi ai tempi. è anche giusto del resto.

sono un po'confusa dalla tua acredine ma ti ringrazio comunque per essere venuto a trovarmi, mi mancavi. sul serio.

Rossa ha detto...

habitus, chiedo venia.

Rossa ha detto...

vero carissima tequi (confondo i blog a questo punto...sei tu??) manca di qualcosa, forse di cuore, forse di forza, forse di idee.
a presto.

Anonimo ha detto...

No, non c'è acredine, tantomeno rivolta a te. Ci sono però alcune cose che nessuno dice mai e che invece hanno la loro importanza. Come riassumerle? Provo così: l'occupatore di licei impedisce al liceale che voglia andare a scuola di godere di un proprio diritto garantito dalla legge. Lo fa in nome della presunzione di sapere cosa sia bene e cosa sia male, non solo per sé ma per gli altri. L'occupatore guarda lo studente (a cui interessa l'aoristo, non il maoismo) dall'alto in basso, e gli dice "io so cosa è meglio per te, io agisco per una causa superiore che beneficherà anche te, io scelgo per te, al tuo posto: perciò ti impedisco di attuare il tuo stupido e illusorio diritto e impongo la mia legge". Questo è il principio sotteso a qualsiasi visione post-hegeliana (dunque marxista con ogni derivato) dela storia, ed è la negazione dell'eguaglianza, del rispetto dell'idea altrui, della libertà di pensarla non tutti allo stesso modo. E', detto altrimenti, fascismo. Fascisti erano i Che di Corso Magenta, il cui surfing sul bordo della lotta armata ha privato (non in Corso Magenta: nel Lorenteggio) figli dei padri, mogli dei mariti, genitori dei figli.
PS 1. L'alternativa non sono le femminucce in tacco a spillo o la gita ad Avetrana. Spostare l'argomento non giova alla tua dialettica. Del resto gli occupatori di licei oggi si ritrovano nei posti chiave dell'occupazione (essa sì) di poltrone ad opera del berlusconismo, sono gli stessi che progettano la gita ad Avetrana all inclusive e le stesse che zampettano sugli high heels agitando i flabelli intorno al capo.
PS 2. Di Ulrike Meinhof mi affascinano la tempra, il percorso intellettuale, l'aver pagato di persona per le proprie idee. Ciò non toglie che fosse un'orribile criminale che ha sparso immedicabile dolore attorno a sé.

lupo ha detto...

Rofrano, onorare Cossiga uno che ha additato con tono sprezzante dandogli del giudice ragazzino, il sostituto procuratore della Repubblica di Agrigento ROSARIO LIVATINO ucciso a 39 anni dalla mafia. Uno che è stato tra i diretti responsabili del rapimento e dell'uccisione di Aldo Moro (i ventenni di adesso non sanno chi sia). Uno che voleva far togliere sulla lapide della stazione di Bologna la parola "fascista", strage di Stato, che causò 85 morti e cento feriti. Uno che era iscritto alla loggia massonica deviata della P2, orgoglioso massone... e picconatore...
Invece di onorarlo, onora PIER PAOLO PASOLINI (anche per lui, i ventenni non sanno chi sia) assassinato dallo Stato 35 anni fa

Rossa ha detto...

No dai Rofrano, non ci siamo. Passi il primo commento ma questo no.
I tuoi sillogismi sono, come dire, forse affrettati dalla foga di chi deve affermare a tutti i costi -anche quello della grossolanità- il proprio punto di vista oppure dettati dalla superficialità decontestualizzata e astorica. Cosa è peggio?
L'equivalenza occupatore di liceo-maoista-fascista ha qualcosa di malsano. Io sono stata un'occupatrice di liceo ed ero interessata all'Ariosto e al Tasso (mi sono letta tutta l'Aminta, ci credi?) molto più di quelli che poi, alla fine, entravano a fare la loro lezioncina dopo la prima ora di picchetto, mi sono diplomata e laureata con il massimo dei voti, non sono maoista e riguardo al fascismo voglio credere che tu sappia di cosa stai parlando. Questa faciloneria di giudizio su chi si è occupato di lotta studentesca nel bollarlo di ignoranza e fanatismo è triste da leggere in te ed e’ frutto della peggiore delle banalizzazioni. Al contrario, nella vita mi sono occupata con coscienza di sanità in ambito pubblico e moltissimi come me e molto piu’ di me, a partire da quell'esperienza, si sono dedicati allo stesso modo, tenendo fede a un ideale di democrazia e stato di diritto, al proprio lavoro in qualsiasi ambito tenendo ben presente il senso dei diritti dei cittadini, degli uomini e delle donne in senso paritario, e lo hanno imparato anche nelle lotte studentesche di quegli anni. Qui il fascismo -parola da te abusata senza nessun senso logico in questo contesto- non c'entra nulla, al contrario, la dedizione e un ideale sociale di democrazia, a un senso civico e civile, a una giustizia e a un'equità di trattamento per tutti e’ stata una lotta alla ristrettezza di vedute di un mondo classista. Ma e’ chiaro che c’e’ ancora molto da fare.
Forse invece di stare a vedere il mondo dall'auto blindata era meglio, come dicevi in un precedente post, scendere a contatto con il mondo di quegli anni, magari non condividendo l'ideale, ma il confronto si, capire cos'è condivisione e comunanza, cosa significa, e quanto potere benefico abbia sulla crescita mentale e affettiva, sporcarsi le mani con un'idea di mondo migliore. Con le sue contraddizioni –su questo si puo’ discutere- con le sue derive drammatiche ma anche con i suoi valori –non confondibili con la coercizione fascista.
L'altra paurosa e quivalenza tra occupatore di liceo e passeggiatore di avetrana e dirigente berlusconiano è veramente molto povera e affossa la tua di dialettica. Sei spinto dal rancore non certo da un ragionamento lucido, direi che lascerò correre senza perderci troppo tempo, basta leggere qui e altrove per capire che confondi la gente, gli interessi, le motivazioni. Quello di allora era un pieno di idee e di speranze, questo e’ un vuoto pauroso che si riempe solo di orrore e di pulsione di morte.

Riguardo a Cossiga forse non sai che era disturbato, non solo politicamente, ma anche mentalmente. Soffriva di un grave disturbo bipolare e spesso era scompensato con gravi ripercussioni sul suo mandato istituzionale. Mi sono domandata se la sua trovata dei carri armati fosse dettata dalla peggior fase depressiva –i depressi sono capaci di furiose aggressivita’ in risposta alla loro impotenza- o dalla miglior fase maniacale, magari vedeva persecutoriamente dei viet cong negli studenti del ’77 o forse megalomanicamente si credeva hitler. Chissa’.

Anonimo ha detto...

@ Lupo e Rossa

Quello che mi preoccupa è vedere come ancora, dopo tanti anni, sia viva quella presunzione di detenere la verità che era tipica e connotante dei "rivoluzionari" di allora (spesso finiti nelle file dei "berlusconiani" di oggi: la mia è una banale constatazione). Ritiro la parola fascismo e uso la parola intolleranza. E' intollerante la chiesa cattolica quando dice "io, per il tuo bene, stabilisco quello che devi scegliere tu, il bene e il male"; è intollerante il fascismo storico quando dice "io, per il tuo bene, stabilisco che non hai bisogno di partiti fra i quali scegliere, scelgo io per te"; è intollerante l'occupatore di licei quando dice "io, per il tuo bene, prevarico il tuo diritto garantito dalla legge, scelgo io che oggi non si fa lezione, lo scelgo io per te perché so io cosa è bene e cosa è male". Dove stanno democrazia, legalità, rispetto e tolleranza delle idee e dei diritti altrui, in questa attitudine? Dove stanno?

E questo è un argomento che puoi giudicare, Rossa, grossolano, ma la cui radice non lo è. La radice, come sai, sta nell'idealismo hegeliano che nella dialettica del processo storico mira necessariamente a inglobare e superare ciò che è riconosciuto come momento provvisorio in una visione finalistica. Esempio: poiché il fine della storia consiste nella dittatura del proletariato (o nel culto del duce), chi non è d'accordo va tolto di mezzo. Hegeliani erano Gentile e Toni Negri, quella è la radice.

La traduzione pratica di tutto ciò, nella storia italiana, ha coinciso in gran parte nel giocare alla rivoluzione per fanciulli nati nella bambagia, e nel vedere i propri padri in polizia allegramente massacrati per fanciulli nati nei casermoni popolari della periferia. Chi indicò tutto questo con una lucidità formidabile, già allora, fu proprio Pier Paolo Pasolini. Il giocattolo della rivoluzione nelle mani della borghesia. (Chi fosse poi il burattinaio abile a tenere i fili di tutto ciò è altra questione).

Cossiga era certamente un personaggio complesso e contraddittorio, di cui ho sempre ammirato la formidabile intelligenza anche quando non mi piacessero le sue scelte. Tu Rossa sai meglio di me che chi soffre di disturbo bipolare non per questo va rinchiuso in manicomio e canzonato con battutine su Hitler. E' molto grave che questa reazione scaturisca da te, da un medico. E purtroppo so, come sai, di che cosa parlo. Cossiga non era comunque,
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Anonimo ha detto...

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salvo smentita supportata da documentazione, iscritto alla P2. E quanto a Moro ebbe le sue responsabilità ed ebbe anche il coraggio di riconoscerle dimettendosi da ministro degli Interni, a differenza di tutti i suoi colleghi democristiani ("L'affaire Moro" di Sciascia ne fa un bel ritratto). Ma il punto è un altro. Cossiga capì che la disgraziata stagione del terrorismo (nata, come ormai sanno anche i bambini, più in università che nelle fabbriche) doveva venire stroncata senza compromessi, altrimenti lo Stato avrebbe rinunciato a legalità e difesa dei cittadini, anche dei cittadini che della causa rivoluzionaria non ne volevano sapere: e sapeva che fra la lotta rivoluzionaria nelle scuole e la lotta armata c'era un gradino molto facile da valicare, e molto spesso effettivamente valicato. Le Brigate Rosse (che allora si chiamavano le "sedicenti" Brigate Rosse, perché rosso era il bene e nero era il male, per definizione) sapevano di avere di fronte, con lui, il nemico. Un nemico serio, non un parolaio come tanti ce ne erano in quegli anni.

Cossiga fece togliere la parola "fascista" da quella lapide e fece benissimo. Le Brigate Rosse erano "sedicenti" ma qualunque cosa non fosse in linea con i detentori del sapere e del bene e del male, era per ciò stesso "fascista". La strage di Bologna fu la tragedia che fu, ma non discendeva dal "fascismo" storico, così come è definito nella Costituzione italiana: discendeva da ragioni e concause molto più complesse e tuttora materia di indagine storica. La parola "fascismo" veniva usata a vanvera ("la vasca da bagno è di destra, la doccia è di sinistra", ricordate?) a spese di ogni profondità di analisi storica. Sia chiaro, a scanso di equivoci, che io non ho nulla a che fare con l'ideologia del fascismo, né tengo a svolgere alcuna apologia di reato. L'unica cosa che difendo è la libertà di decidere io, e non gli occupatori di licei, se voglio studiare il Tasso oppure no. Io, nessun altro al mio posto, nessun altro "per il mio bene" o "per una causa superiore". Io, grossolano come sono e come ho il diritto di essere.

Rossa ha detto...

naturalmente la parola grossolano non è riferita a te come persona, di cui apprezzo le belle pagine del tuo blog, ma alle tue considerazioni sul fascismo e sulle gite ad Avetrana del commento precedente, che mi sembrano veramente pesanti e fuori luogo. ma su questo almeno ci siamo capiti.
naturalmente non auspico il manicomio a nessuno -e non l'ho scritto peraltro- nemmeno al più squinternato degli psicotici (sai sono un medico psichiatra del XXI secolo), la prendi sul personale e non è assolutamente il caso. avrei voluto mettere sul piano dell'ironia delle scelte politiche altrimenti inaccettabili, dal mio punto di vista, ed evitare toni troppo pesanti ma evidentemente non ci sono riuscita, almeno con te.