domenica 21 febbraio 2010
Epopea del tabacco. un colloquio inusuale
mi dice che ha smesso di fumare.
bene, grande prova di coraggio, indice di un cambiamento.
mi dice che da ragazzi si comincia a fumare per dimostrare di essere uomini. e da vecchi si smette esattamente per lo stesso motivo.
penso: sagace.
parla di umiliazione, l'umiliazione della segregazione. all'aeroporto non si può fumare, in albergo proibito, in ufficio non se ne parla, al cinema o a un convegno si rischia la fucilazione. infilare il cappotto per andare a fumare in terrazza, o nella stanza fumatori, o in strada è una vergogna. ci si ritrova tra reietti.
la stanza non fumatori è un non-luogo. come i centri commerciali, come i cinema mutisala, come i supermercati o le sale giochi. luoghi privi di elementi identitari, luoghi senza luogo. luoghi "ovunque".
il gusto viene mortificato, si soddisfa solo la dipendenza, non c'è più da mostrare niente. il gesto perde senso, anche il suo potere di seduzione.
un tempo passò alla pipa, mi racconta. "oralizzazione" alternativa.
mi svela la lenta ossessiva metodica della pipa ("Ceci n'est pas une pipe", Magritte), raffinata, non catarrale e slabbrata come quella del fumatore senza filtro. la pipa è un investimento, oltre che sulla salute anche sull'oggetto. la dipendenza fluttua dalla nicotina al culto collezionistico.
il tabacco non crea dipendenza, ed è molto igroscopico, mi spiega.
penso: sorprendente.
poi con un atto di nuova libertà -scrivere al pc con la pipa significa, con il tempo, scardinare la mandibola dall'acetabolo mascellare- si è liberato dalla sua nutrita collezione ma l'intenditore gli ha confessato: queste pipe non tradiranno mai il loro proprietario. una dipendenza ben spesa. ripagata.
l'ultimo passaggio, mi confessa, è stato il toscano.
penso: o la dipendenza o la socialità. il toscano isola. delimita. allontana.
ha smesso di fumare.
prima si premiava, a sera, per non aver fumato, con una sigaretta.
penso: fenomenale.
ma la liberazione è arrivata.
non fuma più.
penso: è diventato un uomo.
fumo, sottile linea di confine.
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7 commenti:
Mmm molto eloquente...
Comunque è un bene smettere di fumare..
io che non sono e non lo sono mai stato un fumatore ne ho tratto beneficio da questo..
ora che nei locali non si può più fumare non mi sveglio più con il mal di testa la mattina seguente .... e questo vuol dire tanto ...
per me hanno pensato proprio bene con questa legge...
perchè ho capito cos'è il fumo passivo che mi toccava respirare ...
vabè è un opinione personale ...
Anche i miei genitori hanno smesso di fumare dopo vent'anni ...
io ricordo il mio primo tiro (il primo e l'ultimo) di sigaretta... buah
per me quello non voleva dire diventar grande .. ma diventare idiota ....
con tutto il rispetto per chi fuma ma io l'ho pensata così dall' inizio ..
e poi.. perchè devo pure pagare per farmi del male?
Comunque smettere di fumare , da quanto ho sentito è un sacrificio enorme e credo pure io che chi ci riesce ...
cominci a crescere ...
Un saluto
ciao Ivan, bentornato. quello che mi incuriosiva di questo personaggio era il percorso, quello di una dipendenza che trova molti sostituti alternativi e che non sa risolversi. non solo, una dipendenza "colta" sostenuta da argomentazioni molto eudite. ma penso che la dipendenza sia un male comune, le nuove dipendenze sono versioni moderne della stessa malattia. ognuno di noi ha la propria e mette in circolo sostanze diverse che alimentano lo stesso bisogno di colmare un vuoto, un'astinenza. ciao montanaro.
Anche a me, leggendo il tuo racconto, ha colpito i vari passaggi della dipendenza. Forse più dal punto di vista del fumatore passivo. La sigaretta puzza e da fastidio, si passa alla pipa, che puzza di più, ma magari la sopporto meglio perchè in fondo mi lega ad un pregiudizio di intellettualità, alla fine il toscano, che puzza ancora di più e proprio non lo sopporto. Una dipendenza colta? Forse una ricerca di giustificazioni per continuare la dipendenza...
io volevo parlare di dipendenza ma si coglie solo il fumo (del mio discorso?). una dipendenza erudita che forse si certa giustificazioni ma soprattutto crea motivazioni al proprio dipendere e la rende in qualche modo più consapevole. alla fine non fa molta differenza in effetti e ribadisco che siamo tutti dipendenti da qualcosa, siamo tutti al confine di un vuoto che ci risucchia, più o meno coscientemente. anche il post sulla solitudine isolamento, sull'ideale reale parla di questo...
quanto è vero! la dipendenza - anche se conosciuta - ti avvolge a tal punto che finisce per vedersi solo dall'esterno (la visione globale?) mentre per il soggetto è ormai parte integrante di se. relativamente a cose e persone in pari misura.
però anch'io avevo malamente preso per messaggio quello che volevi lasciare solo come contorno.
alla prossima
beh allora non sono buona a scrivere se non si capisce quel che voglio dire!!
su, su, non fare così!!! :-)))
lo sai anche tu che non è per niente vero.
puoi vederla anche in altro modo: hai fuso così sapientemente il punto con il contesto che io lettore - non essendo nella tua mente, ne conoscendo le tue intenzioni - non li ho saputi distinguere.
oppure che io lettore sono 'de coccio'.
:-)))
alla prossima, non te la prendere...
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