martedì 13 ottobre 2009
Scarpe: Lella Costa è mia sorella
Scrive mia sorella sul suo libro autobiografico- La sindrome di Gertrude-
«.. a me le scarpe piacciono da pazzi! Trovo che la scarpa in sé sia un oggetto meraviglioso. Sgomberiamo subito il campo da possibili equivoci: la scarpa vera deve avere il tacco. Il tacco è imprescindibile, essenziale, fondamentale, di più: è la scarpa. È una questione filosofica, direi ontologica: la scarpa-in-sé, il noumeno della scarpa, ha il tacco. Alto: sotto i sette centimetri non viene neanche preso in considerazione. Infatti la cosiddetta ballerina non è da ritenersi scarpa vera, scarpa fino in fondo. Forse solo Audrey Hepburn è riuscita a essere incantevole con quelle cosette insulse ai piedi, e in ogni caso anche lei stava meglio con un po’ di tacco. (...)
Comunque, vorrei chiarire che non sono totalmente schiava della mia passione: in casa giro con le Dottor Scholl’s, e possiedo anche una serie di scarpe assolutamente comode e ragionevoli. Insomma, non proprio una serie: qualcuna, ecco. Lo stretto indispensabile.(...) Che poi, col fatto che ho fama di attrice impegnata, seria, anche un po’ social, forse dovrei ostentare un’amabile indifferenza per moda e affini, una sorta di ascetismo anticonsumistico. E invece no: mi piace da pazzi! (...) In fatto di scarpe, io sono un’autarchica. La citazione morettiana è doverosa, anche perché l’amatissimo Nanni, ancorché molto più sobrio di me e sicuramente alieno da tentazioni consumistiche, non ha mai nascosto un’attenzione quasi maniacale per le calzature (come ampiamente esplicitato in Bianca, per esempio). Non mi piacciono particolarmente le scarpe straniere, preferisco di gran lunga le italiane. Sì, ho un paio di Jimmy Choo, e ovviamente delle Manolo Blahnik, ma francamente le trovo sopravvalutate, con buona pace di Carrie Bradshaw. Possiedo anche delle Louboutin, che al momento è considerato il più grande, ma in tutta franchezza trovo che creatori come Sergio Rossi, Caovilla o Ferragamo non abbiano nulla da invidiargli, anzi. E che dire di Prada? O di Casadei? Insomma, diciamocelo, la classe e lo stile delle scarpe italiane sono inarrivabili. Non è campanilismo, è storia. (...) Quanto ai miti che ci vengono imposti fin da piccole, vorrei proporre una rilettura critica di Cenerentola: siamo poi così sicuri che una che si è persa una scarpetta di cristallo, modello esclusivo preziosissimo fatto su misura, si meritasse alla fine di sposare un principe? Non è negativa una tale dimostrazione di superficialità, sciatteria e incuria? Vi invito a una riflessione serena, priva di pregiudizi e di retaggi del passato».
cosa dire.
per le scarpe ci vado PAZZA anch'io.
per una Jimmy Choo darei un piede (!!?!!)
no dai, ci siete cascati, non è vero...
MA
se c'è una cosa che trovo intrigante al massimo e alla quale non posso rinunciare neanche nei giorni più bui,
pure piovosi e oltretutto nebbiosi,
nemmeno con i calli ai piedi,
che mi da il senso della mia seduzione,
che mi fa sentire femmina ed elegante,
che, figurati, a volte proprio mi fa dire che sono una gran figa
quella cosa sono le scarpe con i tacchi.
ma tacchi. non mezzi tacchi.
tacchi veri svettanti, pungenti, invitanti, seducenti.
e se sono sandali poi mi sento regina. regina di me stessa.
le donne a volte...
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