bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

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venerdì 5 febbraio 2021

di nuovo in Triennale

due pazienti, mica pochi, disdicono ma io, intrepida, non mi perdo d'animo.
come la Goggia infortunata, mia eroina, mi rimbocco le maniche e dico: ce la farò.
sulla spinta di un'energia furibonda che mi permette di superare ogni ostacolo cosa faccio?
vado, tardo pomeriggio in Triennale.
sull'onda dell'euforia mi vedo una mostra. una mostra? cos'è una mostra? poi ve lo spiego, per ora fidatevi.
chiuderà venerdì e mi ci fiondo: Claudia Andujar: la lotta Yanomami. 
Si tratta di una retrospettiva dedicata al lavoro e all'attivismo di Claudia Andujar, che ha trascorso oltre cinquant’anni a fotografare e proteggere gli Yanomami, uno dei più grandi gruppi indigeni del Brasile oggi minacciato dai cercatori d’oro illegali e dai rischi di contagio. Frutto di molti anni di ricerca negli archivi della fotografa, l'esposizione, curata da Thyago Nogueira, Direttore del Dipartimento di fotografia contemporanea dell’Instituto Moreira Salles in Brasile, presenta l’opera di Claudia Andujar attraverso più di 300 fotografie in bianco e nero o a colori – tra cui numerosi inediti –, una installazione audiovisiva, documenti storici, nonché i disegni e un filmato realizzati dagli artisti yanomami. La mostra, oltre a riflettere i due aspetti indissolubili del percorso di Claudia Andujar – uno artistico, l’altro politico – rivela l’importante contributo che l’artista brasiliana ha dato alla fotografia e il ruolo essenziale che ha svolto, e continua a svolgere, in difesa degli Yanomami e della foresta in cui vivono.

la mostra, una situazione in cui uno con un talento mostra al pubblico cosa sa fare e come ha speso la fortuna di avere un talento, non è di mio enorme interesse ma, francamente, me ne frego.
c'è gente
non sono sola di mercoledì pomeriggio
c'è pure una visita guidata!
inaudito
ci sono gli operatori della Triennale, gli addetti alla cassa e quelli di sorveglianza all'entrata della mostra
soprattutto, strabiliante, la Triennale è aperta e le luci sono accese
c'è vita
io ho un cuore che batte e le gambe che camminano due occhi che vedono (e un dente rotto)
buon segno
porgo il biglietto e mi emoziono
vedo la mostra e mi emoziono meno ma alcune foto sono interessanti
spero di ritrovarmi ancora in una situazione così, non domestica, non lavorativa
una situazione











a rivederci mondo.

giovedì 15 ottobre 2020

Ren Hang

è tempo di morire

dice Roy prima di spegnersi e piegare la testa nella pioggia

siccome sto veramente male e non mi raccapezzo più mi sono rivista Bade Runner e Blade Runner 2049. e stiamo ancora applaudendo.

non so se è effetto di un coronavirus in visita o piuttosto di una forma gastrointestinale che con il corona non ha niente a che fare, in ogni caso sono un relitto. e in ogni caso ho fatto un tampone. sono tempi difficili e difficile è schivare i colpi della sfortuna. io non ci riesco.

lunedì, prima di questa dannazione che mi porterà all'inferno, ho visto la mostra alla Galleria Sozzani su Ren Hang, fotografo cinese morto a 30 anni dopo aver forsennatamente fotografato corpi.

ora, magari è perchè sto da cani, ma posso dire di non aver visto nulla di interessante, se non un gioco, sul filo della perversione, che fa del corpo un oggetto, una forma, un po' di carne e colore, una visuale sparaflashata con eccesso. ancora più perturbanti delle foto sono i filmini che lo vedono al lavoro. a me sembra un lavoro sessista, se per sessista intendiamo una discriminazione sessuale. non tra i generi, che si fondono in un mischione che non prevede differenze, ma tra il sesso e la vita. tutto è oggetto, massificato, carnificato, banalizzato, confuso, minimizzato. è stato come osservare lo scorrere della morte sotto i miei occhi. visioni paralizzanti, la pietrificazione dei vasi sanguigni a favore di un estetismo ossessionante.







eh si, è tempo di morire

giovedì 17 settembre 2020

ti guardo dall'alto, città

nell'ambito di questa rassegna di Milano artweek, un po' striminzita, si può citare la mostra, piccola e breve, al Museo della Scienza e della tecnica di Milano, di Elena Galimberti.

"Milano città aperta", l'hanno chiamata così. io penso a Rossellini ma sono fuori strada. 

nelle sue fotografie, per lo più scattate dall'alto, c'è un riguardo all'architettura, alla saturazione dei colori, agli spazi ampi, alle vedute aeree. direi che, in alcune foto, l'effetto di saturazione è eccessivo e toglie naturalezza alle fotografie, consegna subito la percezione di artefatto. un peccato, in quei casi, ma l'effetto scenico è spesso piacevole.









lunedì 14 settembre 2020

Ganga Ma

la chiamano Milano artweek, settimana dedicata all'arte moderna. ma Milano, al momento, non ha molto da offrire.

guardare le opere on line di Miart non ha veramente nessun senso. sfoglio un po' poi mi dico: ma perchè? mi sta forse piacendo?

rispetto alle proposte in città mi sono mossa per sondare alcune proposte, ma forse il meglio non era lì.

sarà stato là?

Palazzo delle Stelline
Ganga Ma 
è il frutto di una ricerca fotografica decennale sul Gange che documenta gli effetti devastanti dell’inquinamento, della industrializzazione e dei cambiamenti climatici. Il progetto segue il fiume sacro per oltre 2.500 miglia, dalla sua sorgente nel ghiacciaio del Gangotri, situato nella catena dell’Himalaya, fino alla foce nel Golfo del Bengala. Il Gange è un esempio emblematico della contraddizione irrisolta tra uomo e ambiente, poiché è un fiume intimamente connesso con ogni aspetto – fisico e spirituale – della vita indiana. La mostra presenta una selezione di opere fotografiche e due wallpaper che spaziano dal distacco della fotografia documentaria a una risposta quasi pittorica alle condizioni ecologiche e atmosferiche del Gange. Adottando quella che può essere definita "un'estetica dell'inquinamento", Giulio Di Sturco punta il suo obiettivo sul disastro ecologico che affligge il fiume più sacro e venerato dell'India. L’autore ci invita a entrare nell’opera e dopo l’iniziale stordimento dell’immagine seducente e poetica, che rivela la maestosità della natura dalla prospettiva del fiume e delle sue rive, a vederne la sua tossicità.
















mi sono piaciute. il Gange muore, il pianeta muore, e noi anche. la luce di queste foto sa di morte.

lunedì 3 agosto 2020

Linbergh e Armani, amore per l'androgino















le donne sono belle se ricordano gli uomini.
le donne sono intriganti se vestono come uomini.
le donne che si muovono, che si siedono, che ricoprono ruoli come uomini sono seducenti.
le donne sono anche uomini, e gli uomini anche donne?
Woolf sarebbe d'accordo? a quale sesso mai apparteniamo?
Peter Lindbergh e Giorgio Armani conoscono la risposta.



io non ci credo a questa storia,
mi sembra solo una scelta di campo.
artistica?
o di spazio commerciale?
quella donna poserà così per Lindbergh e Armani, e superfemmina per Dolce e Gabbana e Scianna.
questione di convenienze. dello sguardo dell'Altro.

ma le foto sono belle.
all'Armani Silos, Milano.