bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

sabato 24 gennaio 2015

Otello

parla in siciliano, stretto, questo Otello di Luigi Lo Cascio.
parlano siciliano, stretto, anche Iago e e il soldato narratore (invenzione di questa sceneggiatura).
parla rigorosamente italiano, Desdemona.
e già qui c'è una presa di posizione che mi piace moltissimo.
una metafora che dice che il linguaggio delle donne è differente, profondamente differente.
la donna è l'alterità misteriosa e inavvicinabile che parla un'altra lingua.
e tutta la tragedia va in questa direzione, le differenze tra uomo e donna, la differenza della parola dell'uomo e della parola della donna.
diceva Calvino che i testi diventano dei classici quando sono inesauribili. è così per tutta l'opera del Bardo, a ogni rilettura una nuova chiave di interpretazione è possibile, inesauribile.
all'inizio è dura, caspita, 'sto siciliano è ostico. quando parla Lo Cascio, che interpreta  magistralmente il male, Iago, si capisce poco, emergono solo alcune parole, il discorso si perde. ma le parole, quelle che intendi, restano. sedimentano, lasciano il segno.
è una scelta geniale questo siciliano duro e materico, in bocca agli uomini, e questo italiano, fluido e gentile, in bocca alla donna.
uno è all'attacco spavaldo della fortezza, femminile, l'altro è in difesa della sua posizione, relazionale e affettiva. per gli esseri parlanti l’incontro con l’Altro sesso è sempre problematico e il malinteso strutturale dei sessi nasce proprio dal linguaggio, c’è una differenza costitutiva fondamentale, differenza spesso impossibile da sopportare.
si parte dalla tragedia già compiuta e si ripercorre la sua costruzione, la sua lenta inesorabile solidificazione.  il palco è vuoto, in sostanza, è scarnificato, pochi oggetti lo animano, alcune riprese in bianco e nero, psichedeliche e dure, granitiche e a tratti spaventose, lo sottolinenano, così, senza materia se non quella del pensiero, e della parola.




Desdemona muore quasi senza difendersi, Otello uccide amando.
lei difende non la sua vita, che è disposta a perdere, ma il suo amore, il suo ideale d'amore, il suo desiderio d'amore.
lui uccide, pazzo, completamente pazzo, impossibilitato a cogliere l'interezza dell'altra, di possederla completamente. non si può possedere il battito di ciglia di una donna, il suo mistero, che fa impazzire l'uomo. andrebbe rispettato, con benevolenza, con rispettosa distanza. la natura della donna, la sua disposizione all'amore, all'Altro, è quel che l'uomo, che la riceve, non sa accogliere, ma che vuole fare propria, in un delirio di possedimento totale, che passa dal corpo ma dal corpo non arriva mai. l’Uomo non riesce ad abdicare al proprio trono selvaggio.
tanto meno con la morte, non c'è modo più definitivo di perderla quell'alterità, quella differenza.
e riemergono alla memoria tutti i casi di cronaca in cui lei resiste all'idea dell'amore che avrebbe voluto, e non cerca riparo, non protegge se stessa, non fugge lontano. e lui distrugge quel che non potrà mai colonizzare, quel mai potrà riavere, la cosa primaria, l'amore assoluto, irripetibile, della madre.
la violenza, l’odio, il disprezzo si palesano ogni volta che la donna non si fa trovare là dove un uomo la posiziona, dove avrebbe voluto che fosse per divorarla. si assiste a un paradosso più la donna, e la sua parola, avanzano, e più l’uomo perde la sua identità e la perseguita “o mia o di nessun altro".
Otello e Desdemona.

me lo dai, il fazzoletto, per favore?
quello che io ti diedi
come pegno d'amore.
non voglio questo, no.
non è la stessa cosa.
il fazzoletto che ora ti domando
nella sua trama è intriso di magia.
la seta proviene dai vermi sacri
di una sibilla antica e posseduta
da gran furore mentre lo tesseva.
il rosso adoperato
per tingere il ricamo
è quel colore pallido spremuto
dal cuore imbalsamato
di femmine illibate
che morte catturò prima del tempo.
non voglio un fazzoletto senza storia.
voglio quello che mi lasciò mia madre.
la maga dell'Egitto
a lei lo aveva dato
per fare al loro amore un sortilegui.
potente era la naga fattucchiera:
sapeva indovinare ogni pensiero,
leggeva ogni destino nelle mani
ed era a conoscenza del segreto
per muovere le stelle a suo piacere.
mentre la maga dava il fazzoletto
 con voce dell'abisso insiene disse
proprio dentro le orecchie di mia madre:
"fino a quando conservi il fazzoletto
la tua bellezza resta sempre incanto
che tiene stretto l'uomo alla catena.
ma se poi tu lo perdi per sventura
o se te ne sbarazzi o lo regali,
la luce negli occhi di tuo marito
si spegne in un attimo e arriva il tempo
insieme di disprezzo e indifferenza,
e della caccia muove fantasie
per tutte le altre femmine del mondo".
...
ora che son vere le parole,
conserva con gran cura questo dono,
chè se lo perdi è gran maledizione
che intossica e avvelena amore e vita.
(dal copione dello spettacolo)

Otello di Luigi Lo Cascio liberamente tratto da William Shakespeare. Regia di Luigi Lo Cascio. Scenografia, costumi, animazioni Nicola Console e Alice Mangano. Musiche di Andrea Rocca. Luci di Pasquale Mari. Interpreti: Vincenzo Pirrotta, Luigi Lo Cascio, Valentina Cenni, Giovanni Calcagno. Produzione Teatro Stabile di Catania- ERT Emilia Romagna Teatro Fondazione. Foto di scena di Antonio Parrinello.  In scena al Piccolo Teatro di Milano.

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