bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

venerdì 23 gennaio 2015

il giardino delle vergini suicide

è un film del 1999 diretto da Sofia Coppola. 
è uno splendido film, l'ho visto in televisione, caso rarissimo di buona programmazione televisiva.
è u film delicatissimo ma intensissimo sull'adolescenza, le sue derive tragiche quando contestualizzata in una famiglia drammaticamente cieca, bigotta, incapace di amare, conservatrice, convenzionale, e, alla fine, assassina.
ebbene si, famiglia assassina impersonata da una padre che abdica al suo ruolo di educatore e regolatore della voracità materna, assente, ritirato, indegno, superficiale e da una madre divorata dalla sua visione cristallizzata e impenetrabile di un destino per le sue figlie, fissato nella sua mente, senza che delle figlie sappia vedere niente.
racconta bene il turbamento del cambiamento, la sofferenza della separazione, quando è resa possibile, la visione della morte anche suicidaria, così cara all'adolescenza. la consapevolezza della morte arriva con la consapevolezza della generatività, e la pulsione aggressiva e sessuale in adolescenza sgorga con una violenza mai vista né prima né dopo. se posso generare posso anche morire. e la sofferenza, a volte, nell'incomprensione, nell'indifferenza, nella rabbia, nella sfida, è così presente torturante soffocante da non trovare altra via di espressione se non nella morte. se non sono né visto, né udito, nè, soprattutto, riconosciuto, la morte è il mio unico destino, non quello stabilito nella mente possessiva e anaffettiva di mia madre che non mi vede per quel che sono ma per quello che lei vuole che io sia, è l'unica fine possibile al mio star male.
cinque bellissime sorelle bionde tra i 15 e i 19 anni si consegnano alla morte, prima una e poi le altre quattro, come unica espressione possibile di un dolore mai detto, tanto meno gridato, di una clausura fisica e psicologica che annienta l'individuo, la soggettività, l'espressione di desiderio e di crescita personale.
la narrazione è affidata a una voce parlante maschile, un uomo, allora coetaneo, che racconta la storia di queste cinque sorelle anni dopo la loro morte, che le ha vissute, le ha guardate, le ha osservate, le ha ammirate, le ha amate. le ha viste svanire nella loro inafferrabilità senza averle mai veramente capite.
questa narrazione è sorprendente per bellezza, delicatezza e intuitività. esprime bene la fascinazione del femminile sul maschile nell'età adolescenziale, e forse per tutta le vita, un turbamento profondissimo che evidenzia con sublime poesia l'attrazione verso l'alterità femminile e la sua assoluta incomprensione. il ragazzo, giovane maschio, vede la donna nella sua portanza relazionale, nell'importanza della sua potente domanda all'altro, ma sopratutto nella sua aura mistero inconoscibile, ne subisce un fascino conturbante, cerca di averla sessualmente ma non è sessualmente che l'avrà. è descritta mirabilmente la delusione del rapporto sessuale che dovrebbe svelare tutto dell'altra, e dell'altro, e non svela ancora niente, lo svelerà solo in rapporto all'amore. 
un giorno, forse, in un tempo a venire, per chi l'avrà, un tempo agognato ma, a volte, impossibile da raggiungere.
sofia coppola, chapeau.



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