è possibile, è proprio successo, che un'osteopata, solo toccando e osservando il mio corpo abbia capito che l'origine del mio malessere e della mia spalla dolente e drammaticamente malfunzionante sia il mancato riconoscimento.
riconoscimento non è una parola scontata, non è una descrizione popolare o una motivazione inflazionata. non è un luogo comune non è un'intuizione scontata.
chi dice riconoscimento sa quello che dice, non può esser un caso, una coincidenza.
all'osservazione, diretta sul mio corpo, delle mie contrazioni e risonanze durante il colloquio l'ostepata ha individuato la mia malinconia e poi scartato una serie di ipotesi possibili. aiutata da me a individuare nel lavoro e nelle relazioni iterpersonali i fattori di scardinamento del mio umore, non si è accontentata.
non è il lavoro in sè, mi dice, non è così semplice. il lavoro le piace, il lavoro è passione, il problema è il riconoscimento.
poichè ci sono anni di psicoterapia alle spalle durante i quali su questo tema ho già dato l'anima, è piuttosto sconcertante che tutto questo dolore si possa leggere sul mio corpo palpandolo e analizzando la natura della mia contrattura patologica di collo e spalle.
il problema non è solo sul lavoro, le dico, si riflette anche più incisivamente nelle relazioni con gli alttri. e molto è già stato filtrato e scorporato e anche depurato dal dolore. ma molto ancora rimane. e lo porto addosso. lo porto simbolicamente -banalmente direi- sulle spalle.
prima si concentra sull'analisi della mia postura, postura da medico e soprattutto da psichiatra. la mia parte destra è tutta anteroversa, la spalla guida la scrittura, e io scrivo moltissimo, a mano. mentre parlo avverte un affaticamento, ed è vero anche questo, parlare mi stanca moltissimo, mi sfianca e mi sfiata, soprattutto quando parlo per lavoro. mentre parlo le spalle si contraggono e si fanno carico. e anche mentre ascolto, sono in tensione verso l'altro.
poi si sposta sulla valutazione della mia reazione al mancato riconoscimento, che, fisicamente, si traduce in contrattura e dolore.
prima la descrive infantile. punto i piedi come i bambini per avere quello che non si può avere. no dai, non nel lavoro.
poi mi definisce presuntuosa. no dai, non nel lavoro, anzi, sono fin troppo umile.
infine decreta che il riconoscimento lo vivo come dovuto.
lasci stare mi dice, bisogna cambiare strada per avere ciò di cui ha bisogno.
vero. bisogna cambiare strada, nel lavoro e con gli altri, non si può avere ciò che non viene riconosciuto, anche se è dovuto.
intanto la spalla mi fa male, come sempre, come dovuto.
giovedì 3 marzo 2011
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21 commenti:
Non sò dare una valutazione professionale del tuo osteopata, posso però dire con certezza, che è un buon conoscitore delle dinamiche del "Male oscuro" oramai, amico a prescindere dell'uomo.
In passato un pò come per gli animali, per sopravvivere ci affidavamo all'istinto, era dura ma si andava avanti: Ora pensiamo troppo, ed è un dramma.
La gratificazione personale è diventata bisogno primario, e viviamo i segnali contrari come fallimento umano, e come malattia.
Per quanto mi riguarda, la scoperta e l'accettazione dei miei limiti, e di quelli degli altri, mi hanno cambiato la vita riequilibrando la mia presenza nel mondo.
Ma ognuno deve trovare la strada per sè, può essere difficile, ma non impossibile.
Naturalmente auguri per la tua spalla!
Io penso che la vita dovrebbe essere più semplice. In assoluto più semplice.
Non voglio che questo sembri un inno alla stupidità, anzi.
Credo che ci si debba riavvicinare alle cose vere, alla terra, alla natura, alla vita vera, tangibile, palpabile.
Sono convintissimo che questo farebbe bene alla testa di tanti ed al mondo di tutti.
Ed anche alle tue spalle.
e l'amore?
monteamaro, io non parlo di gratificazioni. di appagamenti narcisitici dell'io. io mi fermo molto prima a un bisogno primario, il riconoscimento. ognuno di noi esiste in base al riconoscimento, non la . gratificazione non l'approvazione non l'amore, solo il riconoscimento dell'altro. mentre tutti i nostri organi crescono anche solo con l'ingestione di cibo in assenza di qualsiasi stimolo, il nostro cervello se non incontra l'altro che lo riconosce e gli rimanda il segnale, rimane a uno stato larvale. non cresece. chiedo poco, molto poco, solo di essere guardata e riconosciuta
nessuno di noi è semplice, l'esssere umano è terribilmente complesso. lo vedo lo tocco con mano tutti i santissimi giorni. l'essere umano è articolato, si intensifica nella relazione con l'altro, nell'incontro inevitabile con il diverso da sè, e spesso, davvero molto spesso, soffre. confondi semplicità con semplificazione, la tua è una semplificazione, una banalizzazione di una complessità inevitabile. tu, per primo, sei una persona drammaticamente complessa.
ma bisogna sapersi guardare e riconoscere, noi per primi, per fare altrettanto con l'altro. altrimenti tutto è vano.
io sono una persona concreta, mi conoscessi e leggessi questo blog, capiresti che io sono legata al reale in modo viscerale. con l'esserci il sentirsi il vedersi il progettare la colazione il pranzo e la cena la spesa il contatto l'abbraccio il sesso l'orgasmo e il parlarsi. se una cosa è bella lo dico, se un uomo mi piace lo dico, se non mi piace faccio altrettanto, io tendo a fare istituzione delle cose, a fondare, e a dare concretezza. chi mi conosce sa che spendo moltissima energia per dare realtà alle relazioni. qui non troverai mai sesso fantasticato e falsificato, non troverai mai pontificazioni sui percosi bui dell'anima, o fantasie mistiche sulla vita. qui c'è solo il reale, il mio reale. io sono carne gioia e dolore.
le mie spalle sono prorpio il riflesso dela mia assoluta radicata e vissuta realtà.
l'amore? l'amore c'è, esiste. lo so, lo respiro, lo abbraccio, lo sento, ci dormo, ci mangio, ci esco, ci parlo, ci scopo. il mio amore c'è e mi riconosce. ma c'è altro oltre l'amore. e l'amore si ciba di noi, di ciò che siamo. e a volte sono così incompleta...
per te? L'AMORE?
Farsi conoscere attraverso i blog è una semplificazione.
Una banalizzazione del banale.
Spacciandolo per realtà.
Parli di realtà in un blog? Che ridere.
Questa tua realtà virtuale è di per sé una necessità
di riconoscimento che non è possibile ottenere qui e che a volte,
ci si deve rassegnare, non è possibile ottenere nemmeno nella vita reale.
Le cose possono non andare come si vorrebbe che andassero.
Altrimenti sarebbe Alice nel paese delle meraviglie e non quello che viviamo sulla pelle tutti i giorni.
Pensare troppo a volte fa male. Cercare di fare sempre un'analisi logica del vita spesso non porta buone cose.
Ci si perde nei tornanti di quello che si vorrebbe che fosse
dimenticandosi l'autostrada del vivere. La vita è difficile, noi siamo estremamente complessi, l'unica salvezza
è che possa esserci una soluzione facile. Una soluzione possibile.
penso si possa dire tutto del mio blog tranne che sia banale. ma è chiaro che tu non lo hai mai letto, giudichi senza sapere. brutta cosa direi.
rassegnazione è la parola giusta, vedo che sei d'accordo con me.
il mio pensare è sano e ha risolto tante questioni difficili, personali e non, senza soluzioni facili, tutte le soluzioni sono faticose. chiedono cambiamento, riflessione e cambiamento.
spero che finisca qui, grazie.
Ciao Rossa, ci portiamo addosso ferite e traumi fin dall'infanzia. Fisici o emotivi che siano, questi ci fanno assumere posture e contrazioni in risposta.
Poi, con gli anni, il tutto si ripercuote sul nostro benessere, a volte in maniera pesante.
Siamo i migliori medici di noi stessi, se sappiamo ascoltare chi ne sa più di noi e se possiamo ascoltarci.
Un salutone augurante un fine settimana decente.
non lo so
decente Enzo, speriamo sia decente.
grazie
anche a te, un we passabile...
Rossa
fabrax, non lo so nemmeno io.
Allora è più importante di quanto pensassi.
Richiedere gratificazione è come da procedura, naturale, legittimo, umano.
Voler essere riconosciuti però, col significato che tu dai al verbo, mi spiazza totalmente.
Per quanto insignificante e misero, ogni essere vivente ha una propria identità riconosciuta da terzi, forse negativa nella definizione, ma presente.
Anche chi ignora volutamente l'altro, e se ne impippa dei sentimenti, dentro di sè lo riconosce, solo, decide di ignorarlo.
Nel corso della vita saremo invisibili spesso ad altri, entità non riconosciute ma che continueranno a vivere.
Ed è su questo che dovremmo riflettere: L'altro non ci riconoscerà per calcolo, per insensibilità, o perchè noi glielo impediremo, ma NON perchè inesistenti.
Stà a noi continuare a vivere...nonostante.
Doloroso ma necessario.
un momento. non mi sento inesistente snza lo sguardo dell'altro. direi di no. sono consistente.
ma è innegabile che ci siano situazioni in cui nonostante il lavoro di anni, le dedizione di decenni, l'istituzione non ti riconosca, contrattualmente ed economicamente.
ci sono situazioni in cui le persone, anche a distanza di anni, non siano in grado di riconoscere la tua consistenza e mettano in atto modalità sempre uguali, ripetitive all'infinito, per svalutare la tua portanza, il sentimento e l'appartenenza che porti. e, all'occorrenza, deprivati di argomentazioni, diventino pure aggressivi e offensivi.
ovviamente non nego, anzi affermo con convinzione, la mia responsabilità in tutto questo. siamo respoonsabili dei nostri sintomi, tutti. e questo è proprio grosso, e grave.
ma continuo a vivere, assolutamente, con il mo dolore, sulle spalle e non solo.
grazie.
Il riconoscimento che ci aspettiamo dagli altri non sempre arriva come desideriamo avvenisse, ma magari esiste. Nell'ambiente lavorativo, coi tempi che corrono, sono molti gli impedimenti, ma nella vita relazionale e affettiva, una persona come te, palesemente generosa, non dovrebbe avere un mancato ritorno di attenzioni e valorizzazione.
Io somatizzo molto sullo stomaco e sull'intestino, e a periodi alterni soffro non poco, però con il passare del tempo ho imparato a conviverci, anche perchè temo che se eliminassi questi sintomi ne potrebbero arrivare altri peggiori come supplenti :)
Ho conosciuto diverse persone che fanno il tuo mestiere e a pensarci bene diverse di loro avevano un postura un po' incurvata e con il collo incassato nelle spalle. Uno psicologo in particolare, lo ricordo mentre si massaggiava il collo. Forse si tratta di una postura esistenziale, portarsi il peso del dolore altrui non deve essere mica cosa facile! Io, essendo molto alta, ho sempre avuto la tendenza a rimpiccolirmi, per esempio curvandomi, ma con una buona attenzione e contatto col corpo si riesce. A me hanno aiutato lo yoga e il nuoto. Oltre all'obbligo di un tipo di portamento che mi è stato necessario. Magari è una cosa risolvibile banalmente...
Baci!
i.
buonasera I.
le descrizioni della tua storia aggiungono sempre nuove cose, a te e anche a me, ai miei post.
anche io mi tocco il collo, spesso, a volte brucia, e' evidente che i pazienti notano tutto. hanno molto tempo per osservarci!!
e' vero, a volte le somatizzazioni ci salvano dagli atti delinquenziali del cervello, io in linea di messima non mi faccio mancare niente...
eppure, mia cara I, anche a me mancano i riconoscimenti, per qunto generosa. e' chiaro che qualcosa manca lo stesso...
lo YOGA, dici bene. quella e' la mia medicina, visto che la testa e' dura ho deciso di raggirarla con altra disciplina. e presto ne parlero', mi piace moltissimo e mi aiuta veramente.
notte...
si, cara Rossa, i pazienti osservano. e molte relazioni terapeutiche sono finite perchè irrimediabilmente sterilizzate dalle mie considerazioni. Im-paziente esigente.
Irene
mhhh, vedo che arrivo tardi, molto tardi :-)
la prima cosa che mi viene è fare un metaforico rispettoso inchino al signor monteamaro #13.
sul potere della mente di tirannizzare a suo piacimento il corpo a cui appartiene credo che tu possa già sapere tutto quello che c'è da sapere.
ecco, invece la capacità di riuscire a 'leggere' così chiaramente (almeno nel tuo caso) la sorgente di questi effetti fisici rimane effettivamente sorprendente. direi parimenti alla sorpresa che ci provoca l'opera di un ottimo... chiamiamolo... artigiano (in qualunque campo: artistico, tecnico, manuale, gastronomico, sportivo, letterario :-) ) che con elementi che sono a disposizione di tutti realizza qualcosa al di fuori dal comune. il valore aggiunto è la sua stessa sensibilità, innata o acquisita per esperienza. quel quid che ci fa sgranare gli occhi e pensare 'ma come fa?!?' come al cospetto di un giocoliere, che alla fin fine è un artigiano anch'egli, dove quello di stupire è proprio il suo punto di arrivo.
sul riconoscimento in se ricordo ci siamo già confrontati. credo che quello che si legge su queste pagine tratteggi una persona piena e decisa. mi sorpende sempre questa ricerca del riconoscimento, appunto non l'adulazione o la gratificazione, proprio il riconoscere, quasi oggettivamente, l'esistenza e il valore di una persona. probabilmente è semplicemente mancanza mia di vissuto in questo senso. capita di trovarsi davanti qaulcuno che... diciamo... non ti vede. di solito mi faccio una risata. non posso pretendere che un cieco veda o un sordo senta, anche se ho appena tarminato di dare l'ultima pennellata alla cappella sistina o fatto vibrare l'ultima nota della concerto K466 di mozart (naturalmente impossibili entrambe per me, lo specifico nel caso ti fosse venuto un dubbio :-) ). ovviamente stiamo parlando di rapporti e comportamenti in perfetta buona fede, se aggiungiamo anche 'il dolo' dell'interlocutore è chiaro che non abbiamo sicuramente nessuna possibilità. un motivo in più per farcene una ragione. abbiamo necessità di essere visti da coloro che non possono o non vogliono vederci? non è un discorso di superiorita o inferiorità, solo di orizzonti e piani diversi.
sul reale, ho visto che ti sei un attimo accesa... si, vero, quello che scrivi qui è reale, ma lo sarebbe anche se scrivessi di cucina o di composizioni floreali. mi azzardo a dire che vai anche oltre la semplice oggettività, questo è IL TUO reale. invece delle ricette ci metti i tuoi pensieri, le tue convinzioni e le tue passioni. va bene, ora sono in una posizione in cui ho la possibilità di toccare con mano che ciò che sei qui lo sei anche al di fuori, ma non potevo certo saperlo (e altrettanto vale per te) qundo ho iniziato a leggerti.
diciamo che non ho neanche allora avuto quest'idea di posticcio e artificiale. credo di avertelo anche scritto in qualche commento.
sul confornto, ecco, qui sfondi proprio una porta aperta. è naturale che chi condivide le sue idee sia pronto e disponibile al confornto. anche... diciamo... pesante, dal momento che non possiamo avere tutti (evviva!) le stesse idee. anch'io che non sono un fanatico della comunicazione (l'orso, ricordi? :-) ) riesco sempre a soprendermi (e, lo ammetto, spesso anche a irritarmi) quando si deraglia da un argomento di confronto a valutazioni (spesso con intento offensivo) sulla persona. mi sembra solo un banale trucchetto per celare una mancanza di argomenti, come a dire: 'se non posso contrastare le tue idee con dei validi argomenti, contrasto te direttamente e personalmente'. sei sufficientemente forte (di argomenti) per picchiarmi (sempre metaforicamente, eh?!?) sulle gengive? bene! sono qui... e guarda... sorrido anche :-) non sia mai che le mie (tue o di chiunque) idee debbano essere le migliori in assoluto. altrimenti che senso avrebbe confrontarsi?
(continua...)
(... segue)
solo per affermare di essere sempre e comunque il meglio? mi sembra un po' triste. ma la necessità di abbandonare il confronto per spostarsi sul campo del 'cosa ne vuoi sapere tu, che ti puzzano i piedi' va al di la della mia comprensione.
ehm... mi sa che mi sono fatto prendere un po' la mano, ma è un argomento a cui sono particolarmente sensibile. se vuoi si avvicina un po' al discorso che abbiamo fatto tempo fa nel tuo post sul fanatismo.
stai serena, alla prossima :-)
si Irene è così, proprio così, nella relazione ci si guarda in due. anche in quelle terapeutiche.
carissimo pesa, il tuo commento è un post. ne parleremo a voce, ma credo ne abbiamo già parlato. grazie.
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