bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

venerdì 17 luglio 2009

a voce alta



probabilmente il libro è meglio del film.
il film è confuso. dice ma non dice fino in fondo. cosa dice in fondo?
è pensabile che la vergogna della propria ignoranza sia più grande della vergogna della propria disumanità?
ci si può condannare all'ergastolo per non saper nè leggere nè scrivere tollerando su di sè il peso di avere avuto, agli occhi di tutti, la resposabilità della morte atroce senza senso di 300 donne?
è pensabile che la redenzione e il sollievo della morte siano raggiungibili proprio solo nel momento in cui questa colpa dell'analfabetismo è stata finalmente riscattata?
il personaggio sfugge, manca qualcosa. si intuisce solo per un attimo, durante il processo, che la sua ignoranza è un'ignoranza globale, totale, di sè. di sè e del mondo. è l'universale annullamento della coscienza e della consapevolezza a favore di un automatismo cieco, di un'obbedienza acefala, di un'adesione senza pensiero. lei obbedisce e non capisce cosa avrebbe mai dovuto fare altrimenti. come se una parte del cervello si spegnesse e non rispondesse alle sollecitazioni dell'anima a favore di una reiterazione ossessiva e senza riflessione autonoma.
"tu non devi chiedere perdono, nessuno deve chiedere perdono", dice al suo giovane amante in attesa di una sua approvazione. lei in effetti non chiede perdono e non lo vuole. lei agisce robotizzata, entra ed esce da un lavoro all'altro come se tutto si equivalesse, senza valore o dignità morale, entra ed esce da una relazione con un quindicenne, prende e da -ma sempre con una modalità di relazione come se lei non fosse mai dentro a niente veramente- poi si dilegua. "dovevo forse rimanere a lavorare alla siemens??". è la stessa domanda: doveva forse rimane lì, in quella relazione?, dovevo aprire le porte? cosa mai avrei dovuto fare di diverso?
lei, per me, è pura angoscia, concretizzazione del nulla, è un automatismo di vita che non da scampo. ed è per questo che la paura della propria menomazione analfabetica, la vergogna e la colpa, la commozione davanti alla narrazione dei libri, il pianto emozionato nella chiesa con il coro, la passione nell'amore fisico, mi risultano del tutto stonati.
oppure è l'unica luce, l'unica possibilità di vita in una persona che vita non ha, è l'unica speranza di una porta aperta alle parole dell'anima, ai suoi codici. forse è per questo che alla fine decide di darsi la morte. perchè quella sensazione di vita, che si è fatta strada con la lettura e la scrittura appena acquisite, quella voce da dentro che può prendere corpo e finalmente esprimersi e avere suono e forma, tutto questo è veramente troppo per chi, di fatto, nella vita quella voce non l'ha mai usata.

3 commenti:

(pesa) ha detto...

interessante vedere il mondo con i tuoi occhi! quando l'ho visto ho visto proprio tuitt'altro film. sono ancora in grave difetto di tempo e di argomentazioni nei tuoi confronti, ma confido di recuperare quanto prima.
alla prossima
ciao

Rossa ha detto...

guarda che sei imperdonabile.

Rossa ha detto...

guarda che sei imperdonabile.