bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

domenica 29 ottobre 2017

viaggi multimediali in tema di

mi sono fatta questo breve viaggio (è evidente che l'idea del viaggio ultimamente mi parassita un po' il cervello, viaggiare nell'arte, viaggiare nel bello, viaggiare nel mondo) nella realtà multimediale in tema di Chagall, al Museo della Permanente di Milano.
un paio di settimane fa ne avevo compiuto un altro nella realtà multimediale in odore di Klimt, al Mudec.
ma, devo dire, ho portato a casa ben poco.
se mi sento di bocciare l'odore di Klimt, consegno una sufficienza deludente al tema di Chagall.
premesso che si tratta di due must della mia limitata conoscenza artistica, due autori dei quali sono innammmmorata e sui quali ho scritto abbondantemente (e quindi che l'assunto di partenza è forte e solido), la loro resa digitale a tutto schermo non aggiunge nulla alla loro potenza espressiva, anzi, se possibile, sottrae loro qualcosa.

il motivo per cui Chagall funziona meglio di Kimt è certamente dovuto prima di tutto alla densità di colore del primo, che in uno spirito hollywoodiano di immagine totipotente e onniprensente è certamente destinato a un maggior successo polisensoriale e, in seconda battuta, alla scarsa qualità delle immagini del secondo, una sequenza sbagliata, noiosa, con pois e farfalle, un cocktail dagli ingredienti stonati. nel primo caso poi alla festa del colore si aggiunge la vastità dello spazio, sono ampie le sale della Permanente in cui vengono proitettate le immagini, con specchi e angolature: anche questo mi sembra un ingrediente necessario all'esperienza che si vuole regalare allo spettatore (perchè di spettacolo si tratta). al Mudec c'è un'unica sala, si assiste a una proiezione musicale su base figurativa, fissi, seduti, manca la percezione dell'immersione.
ma insomma Klimt non si addice a questa formula, la sua eleganza elitaria, la sua scelta immaginifica, allungata dorata raffinata femminea si gode su tela. lì ci si inchioda, l'occhio registra, i cervello si attiva furiosamente, il corpo gode.
con Chagall si procede meglio, forse anche l'accompagnamento musicale è più adeguato, inoltre i soggetti del grande pittore ebreo si addicono a un percorso spettacolare, tra donne volanti, amanti sognanti, musicisti giganti, violini musicanti, mucche e capre umanizzate e soggetti legati al circo, alle fiabe, alla musica e al teatro.
però, in ogni caso, non mi emoziono. guardo, osservo, ma nulla si muove in me.
aspetto, mi dico: adesso qualcosa verrà, ora una traccia di colore mi schianterà..
forse le immagini le vetrate di Chagall, che ho visto solo a Zurigo in un fiume di lacrime e di emozione (derisa dai figli che si vergognavano di me) hanno richiamato, ma insisto solo richiamato, quella portentosa sensazione di smarrimento di fronte al bello.
quel che posso fare, in questo mare di colorsuono, è ricordare, quella volta al Belvedere, a Vienna,  o la volta dopo, sempre a Vienna, al Palazzo della Secessione, oppure quella sera a Palazzo Reale, a Milano o quel giorno, decine di anni fa, in Svizzera, con mio padre.
mostre spettacolo come queste possono incuriosire chi non sa, chi non conosce, chi si "annoia".
ancora una volta il millennio della digitalizzazione solletica gli annoiati.
una visione cinematografica dell'arte può attrarre chi, manco morto, si metterebbe in coda per una mostra, a torto o a ragione. e poi magari fare da trampolino verso un approfondimento, un salto verso la qualità del vedere, del percepire. forse chi ama questa modalità del fruire le cose, ingurgitando video e film su schermi minuscoli, comodi, sul letto, sdraiati, smanettando strabici sul web potrà anche pensare che Chagall e Klimt in gigantografia colorscope siano cool, e, quanto meno, più digeribili.
ma chi ama altrimenti, senza schermi di mezzo, non potrà che trovarli deludenti, senza carne, senza sangue, senza sostanza, senza volto. l'arte chiede tempo, chiede presenza, chiede corpo, non sostituti virtuali di rapida digestione e in veloce successione.


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