bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

sabato 5 novembre 2016

e fai come se nulla fosse, quando invece tutto è in atto, presente, lì nella stanza povera e un po’ buia

Arrivò il 12 marzo, una giornata mite, già primaverile. 
Lila volle che andassi presto nella sua vecchia casa, che l’aiutassi a lavarsi, a pettinarsi, a vestirsi. Mandò via la madre, restammo sole. Si sedette sul bordo del letto in mutande e reggiseno. Accanto aveva l’abito da sposa, che pareva il corpo di una morta; davanti, sul pavimento a esagoni, c’era la conca di rame ricolma d’acqua fumante. 
Mi chiese a bruciapelo: «Secondo te sto sbagliando?». 
 «A far che?». 
 «A sposarmi». 
 «Pensi ancora alla storia del compare di fazzoletto?». 
 «No, penso alla maestra. Perché non mi ha voluto far entrare?». 
 «Perché e una vecchia bisbetica». 
 Stette zitta per un po’ a fissare l’acqua che brillava nella conca, poi disse: 
 «Qualsiasi cosa succeda, tu continua a studiare». 
 «Altri due anni: poi prendo la licenza e ho finito». 
 «No, non finire mai: te li do io i soldi, devi studiare sempre». 
 Feci un risolino nervoso, poi dissi: 
«Grazie, ma a un certo punto le scuole finiscono». 
 «Non per te: tu sei la mia arnica geniale, devi diventare la più brava di tutti, maschi e femmine». 
 Si alzo, si tolse mutande e reggiseno, disse: 
«Dai, aiutami, che senno faccio tardi». 
Non l’avevo mai vista nuda, mi vergognai. Oggi posso dire che fu la vergogna di poggiare con piacere lo sguardo sul suo corpo, di essere la testimone coinvolta della sua bellezza di sedicenne poche ore prima che Stefano la toccasse, la penetrasse, la deformasse, forse, ingravidandola. 
Allora fu solo una tumultuosa sensazione di sconvenienza necessaria, una condizione in cui non si può girare lo sguardo dall'altra parte, non si può allontanare la mano senza riconoscere il proprio turbamento, senza dichiararlo proprio ritraendosi, senza quindi entrare in conflitto con l’imperturbata innocenza di chi ti sta turbando, senza esprimere proprio col rifiuto la violenta emozione che ti sconvolge, sicché ti obblighi a restare, a lasciarle lo sguardo sulle spalle di ragazzo, sui seni coi capezzoli intirizziti, sui fianchi stretti e le natiche tese, sul sesso nerissimo, sulle gambe lunghe, sulle ginocchia tenere, sulle caviglie ondulate, sui piedi eleganti; e fai come se nulla fosse, quando invece tutto è in atto, presente, lì nella stanza povera e un po’ buia, intorno il mobilio miserabile, su un pavimento sconnesso chiazzato d’acqua, e ti agita il cuore, ti infiamma le vene. 
La lavai con gesti lenti e accurati, prima lasciandola accoccolata nel recipiente, poi chiedendole di alzarsi in piedi, e ho ancora nelle orecchie il rumore dell’acqua che sgocciola, e m’è rimasta l’impressione che il rame della conca fosse di una consistenza non diversa da quella della carne di Lila, che era liscia, soda, calma. 
Ebbi sentimenti e pensieri confusi: abbracciarla, piangere con lei, baciarla, tirarle i capelli, ridere, fingere competenze sessuali e istruirla con voce dotta, distanziarla con le parole proprio nel momento di massima vicinanza. Ma alla fine rimase solo il pensiero ostile che la stavo mondando dai capelli alle piante dei piedi, di buon mattino, solo perché Stefano la sporcasse nel corso della notte. La immaginai, nuda com'era in quel momento, avvinta al marito, nel letto della nuova casa, mentre il treno sferragliava sotto le loro finestre e la carne violenta di lui le entrava dentro con un colpo netto, come il tappo di sughero spinto dal palmo dentro il collo di un fiasco di vino. E mi sembrò all'improvviso che l’unico rimedio contro il dolore che stavo provando, che avrei provato, era trovare un angolo abbastanza appartato perché Antonio facesse a me, nelle stesse ore, la stessa identica cosa. L’aiutai ad asciugarsi, a vestirsi, a indossare l’abito da sposa che io - io, pensai con un misto di fierezza e sofferenza - avevo scelto per lei. La stoffa diventò viva, sul suo candore corse il calore di Lila, il rosso della bocca, gli occhi scurissimi e duri. Alla fine si infilò le scarpe da lei stessa disegnate. Pressata da Rino, che se non le avesse calzate ci avrebbe sentito una specie di tradimento, se ne era scelto un paio col tacco basso, per evitare di sembrare troppo piu alta di Stefano. Si guardò allo specchio sollevando un po’ il vestito. 
 «Sono brutte» disse. 
 «Non è vero». 
 Rise in modo nervoso. 
 «Ma si, guarda: i sogni della testa sono finiti sotto i piedi». 
 Si giro con un’espressione imprvvisa di spavento: «Cosa mi sta per succedere, Lenù?».

sono già al secondo, dall'amica geniale sono passata, senza che passasse un solo minuto, alla storia del nuovo cognome.
Lila e Lenù sono le mie nuove amiche. e sono mie, solo mie.
io poi delle amiche non so sempre bene cosa farmene, entrano ed escono dalla mia vita, non mantengo rapporti costanti e secolari, le persone non cambiano con me e le lascio tutte indietro.
dietro di me.
non ho voglia di raccontarmi e non ho la pazienza di spiegarmi.
sono una creatura solitaria, amo stare sola, faccio quasi tutto da sola, fermo restando che passo la mia vita ad occuparmi, e ad ascoltare per ore e giornate intere, gli altri.
ebbene, due amiche così posso permettermele e me le tengo strette. sono perfette per me e la mia solitudine.
penso che in realtà siano una persona sola, non le penso divise, sono i pensieri di una stessa mente; forse è Elena Ferrante la mia amica. la giostraia di questo gioco letterario.
io sento che non sono divise, sento che sono una, solo parlano in due.
la scrittura della Ferrante è misteriosa, come lei.
non dice mai fino in fondo, non spiega, non trova giustificazioni, fa passaggi inaspettati e a volte inconcludenti.
geniale.
geniale perché per tutto il libro pensi che l'amica geniale sia Lila ed ecco la smentita, è di Lenu' che si parla. ma ci sarà tempo per essere smentiti ancora.
il passo che ho citato è stupefacente, il turbamento per la nudità di Lila è strepitoso, è la scoperta della femminilità e il suo segreto riflessi in uno specchio, sono le parole di Lenù con il corpo di Lila. sempre due in una.
una possibilità impossibile, nella vita.
ma nel romanzo, si.

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