bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

giovedì 2 aprile 2015

divine parole

diciamo che ho faticato a trovarle, anzi non ce ne sono.
le uniche parole che ho sentito sono state orribili, pesanti, massacranti, volgari, senza senso.
non sono mai uscita da uno spettacolo teatrale prima del tempo.
mai.
è stata la mia prima volta.
dopo la scena di un incappucciato che dondola nello spazio teatrale a corpo morto trattenuto da una corda e che viene sgozzato e che annaspa nei respiri e perde sangue gocciolante (e perché non staccargli la testa già che ci siamo?) ho pensato che di questo spettacolo di merda, ma dopo quasi un'ora e mezza di strenua resistenza per non darmi dell'impulsiva, ne avevo avuto già abbastanza.
posso immaginare una cosa più volgare di questa? di un testo teatrale che nulla ha a che fare con la moderna oscenità -ma che è altrettanto impresentabile- che propone lo sgozzamento come atto rappresentativo della punizione mortale (faccio notare che il giustiziato ha appena ammazzato un infante nano idrocefalo abbandonato dopo la morte fetida della madre poche scene prima) con evidente riferimento ad atti di sgozzamento di propaganda del terrore, che definizione si può dare se non di una putrida e infima forma di propaganda ancora più volgare che fa da risonanza alla peggiore immagine del nostro tempo? guardavo la gente durante la scena, era attonita, confusa, chissà se pensava che merda è mai questa? oppure se ha avuto modo di riflettere.- che so- sul senso profondo della miseria umana, sull'empatia penosa, o sul riverbero della morte nella nostra vita? temo nessuna di queste ipotesi, perché aderire alla più deleteria immagine del nostro tempo ammazza ogni forma di ripensamento e di valutazione riflessiva di un testo, fa solo da schiacciamento sul terreno melmoso  e soffocante dell'angoscia, della morte peggiore, riscuote solo il senso dell'orrore e non dell'operazione artistica e creativa del teatro.
usare, nella peggiore strumentalizzazione possibile, una scena siffatta significa, da parte dell'esimio regista e di tutti gli attori acefali al suo seguito, significa non avere nessuna idea da rappresentare, solo utilizzare il peggio che c'è -ma che è molto in voga on line e mediaticamente in genere, e che, così impiegato, diventa, paurosamente, moda- per dare risonanza a una qualche forma di disturbo, profondo, personale. a me non interessa grazie, cerco altro nel teatro, non i turbamenti del giovane inetto Damiano Michieletto (regista dello sfortunatissimo spettacolo in scena al piccolo teatro Studio di Milano) e della loro messa in scena.
il testo parte già male e si sviluppa anche peggio, è una sequela infinita di sole brutture, quelle sequele che non dicono niente, presentano solo la miseria dell'uomo senza dare scampo, senza significazione, senza essere in contrapposizione a qualcos'altro da dire (che non si ha da dire, dunque). tutto si svolge su un terreno fangoso, la gente si sporca, si insudicia (qual senso raffinatissimo metaforico!!) cammina nel fango, si fa di fango. i personaggi sono tutti disperati, non si salva nessuno, gli uomini sono assassini delinquenti omosessuali perversi nani idrocefali, ci sono figlie violentate dal padre bastardo, ovvero un sacrestano ossessionato dal vangelo e delirante di purificazione, madri che muoiono di crisi epilettiche soffocate dal fango e altre soffocate da un cellophane dopo un atto sessuale immondo e abbietto. un neonato mostruoso, usato per estorcere soldi e spartito con violenza tra gente immonda che sfrutta l'anomalia e la distorsione corporea per tirare a campare, viene ammazzato dal gay di turno -vestito e mosso come nella classica iconografia del travestito all'ultima spiaggia- ed è il peggiore di tutti, sarà un caso? pare che il testo finisca con una lapidazione..pare con significato di valore biblico catartico(?)... ma me la sono persa...sopravviverò?
queste sono le divine parole che "fermano il tempo", questo è il testo teatrale, altissimo e sapientissimo, di Ramon Maria del Valle-Inclan, e via con la rappresentazione scenica.
affidarsi al senso dell'orrore non è atto teatrale, non è artistico, è la messa in scena di una disperazione, quello del vuoto mentale, che riesce solo a far riferimento alle immagini televisive per riempire uno spazio scenico senza simboli, altrimenti desolatamente vuoto, vuoto di pensiero.

complimenti al Piccolo Teatro, veri complimenti da parte mia, uno spettacolo che indica il peggior deterioramento possibile della ricerca teatrale italiana. 

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Se non l'ha visto tutto non può giudicare..... Per me era come un film di Lars von Trier: ti disgusta, non lo capisci tutto, ma è di qualità indiscutibile. Massimo

Rossa ha detto...

Posso giudicare eccome. Se avessi letto avresti letto che ho resistito a lungo. Per la precisione un 'ora e mezza su due di spettacolo. E poi dobbiamo capirci..una cosa che disgusta che valore artistico ha? Se i video dell' isis fossero fatti con qualità sarebbero arte? Come fai tu a valutare una cosa che non hai nemmrno capito? Dall'arte mi aspetto l'assoluto tu di essere disgustato senza nemmeno capire? Attenzione molta attenzione quando si parla.

Anonimo ha detto...

Si confronti col giudizio di Mussapi su Avvenire di oggi. Forse l'aiuterà a mettere in discussione la sua prospettiva. Comunque se il teatro fa discutere e' buon teatro! Saluti.
Massimo