bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

venerdì 28 novembre 2014

il femminile impossibile da sopportare

“L’uomo che vuole imporre la sua diversità con la violenza fa pensare che nascere donna sia quasi un invito al delitto. L’Uomo non riesce ad abdicare al proprio trono selvaggio e ci sono donne, così stupide come me, che provano intolleranza mista ad amore verso ‘i portieri di notte’. Io non lotto per le anime delle donne, per la loro rivendicazione civile e sessuale. (…) Checché se ne dica la donna un poco ama la violenza che sta come l’ombra alla luce, la notte al giorno”. 

 Alda Merini

voce fuori dal coro, come sempre la Merini. una considerazione, analitica, sulle donne interessante dal mio punto di vista, la pubblico oggi e non il 25, giornata mondiale  contro la violenza sulle donne, volutamente.
e pubblico questo bellissimo articolo di Monica Vacca tratto dall'Ebook a cura dell'Istituto Freudiano:
FEMMINICIDIO. IL FEMMINILE IMPOSSIBILE DA SOPPORTARE.
(raccolta di testi di rappresentanti istituzionali, giuristi, psicoanalisti e operatori del sociale riunitisi a Roma il 17 Maggio 2013 alla Casa Internazionale delle Donne)
da leggere. 

Monica Vacca 
Crisi. Crisi economica, crisi politica, crisi spirituale, crisi istituzionale. È lecito domandarsi che cosa succede? Niente è più quel che era. Qualcosa nel sistema è imploso. Se da una parte i nostalgici non mancano di rievocare la tradizione, dall’altra un nuovo vento soffia. Vento che soffia nella rete. La rete è il teatro di incontri amorosi, relazioni interpersonali, movimenti politici, anche il Papa twitta. Non si può più fare a meno della rete. Ci troviamo in un’era dominata dal discorso della scienza e dal discorso del capitalismo-finanziario. “Sono Introduzione12 i due discorsi che prevalgono nella modernità e che dall’inizio, dalla loro apparizione, hanno cominciato a distruggere la struttura tradizionale dell’esperienza umana ”. Si è sgretolata la funzione del simbolico. E “il disagio della civiltà” si estende.Nel 1938, anno delle leggi razziali, Jacques Lacan mette in luce “il declino sociale dell’imago paterna”. Ma già da qualche anno era in atto la ripulitura sociale sostenuta dall’Eugenetica. I primi a essere sterminati sono stati i bambini handicappati e i malati psichici, quelli che Hitler chiamava “vite indegne di essere vissute”. Nel 1967, Lacan a proposito dei campi di concentramento, in modo profetico afferma “Abbreviamo per dire che ciò che abbiamo visto emergere, con nostro orrore, rappresenta la reazione di precursori riguardo a ciò che andrà sviluppandosi come conseguenza del rimaneggiamento dei raggruppamenti sociali a opera della scienza e segnatamente dell’universalizzazione che essa introduce qui. Il nostro avvenire basato sui mercati comuni troverà la sua bilancia con una sempre più dura estensione dei processi di segregazione”. Un anno dopo nel 1968, Lacan articola l’evaporazione del padre con la segregazione: “Noi pensiamo che l’universalismo, la comunicazione della nostra civiltà omogeneizzi i rapporti tra gli uomini. Al contrario io penso che ciò che caratterizza la nostra era - e non possiamo non accorgercene - è una segregazione ramificata, rinforzata, che fa intersezione a tutti i livelli e che non fa che moltiplicare le barriere”. Ecco le coordinate che costituiscono ciò che oggi definiamo come multiculturalismo e globalizzazione. In passato il padre funzionava come garante e come principio regolatore. Oggi invece niente è più al suo posto. Se da un lato l’Uno del mercato spinge, dall’altro il molteplice delle culture esplode. Comanda il mercato globale, “la mano invisibile”. Per dirla con Toni Negri siamo nell’Impero: “L’impero non solo amministra un territorio e una popolazione, ma vuole creare il mondo reale in cui abita. Non si limita a regolare le interazioni umane, ma cerca di dominare la natura umana ”. L’Impero si costituisce dopo la caduta del muro di Berlino, caduta che apre la porta all’ipermodernità. La civiltà ipermoderna si fonda sull’assenza di un principio unico regolatore che tiene insieme il sistema sociale. I principi sono multipli, equivalenti e interscambiabili. Assistiamo al declino di ciò che garantisce l’ordine delle cose. La società della disciplina cede il posto alla società del controllo. Siamo sotto l’egida del biopotere. La scienza si allea alla finanza, identifica i fattori di rischio e attraverso la politica della prevenzione e della guerra giusta produce nuove forme di segregazione, vite di scarti. L’ipermodernità è il tempo dell’accelerazione. Muta la nozione di spazio e di tempo. La società diviene “liquida”. Una nuova geografia sociale prende corpo: famiglie monoparentali, ricomposte, allargate, omosessuali. L’ordine della famiglia si sovverte. Cade la famiglia come sostegno alla sceneggiata del rapporto sessuale, quello che Freud chiamava Edipo. Siamo nell’era del dopo Edipo. La maternità era dell’ordine della natura, la paternità aveva lo statuto della legge, della parola, della fiducia. Oggi l’esame del DNA mostra la certezza della paternità. Si sfalda la nozione di natura, di ordine naturale che legava donna e maternità. La disgiunzione tra procreazione e sessualità prende avvio con l’introduzione del contraccettivi, per poi consolidarsi con l’aborto, e infine prende la rincorsa con l’avvento delle biotecnologie: la fecondazione assistita, la fecondazione eterologa, l’utero in affitto. Non più mater certa est. Nell’epoca della comunicazione generalizzata la parola perde consistenza e lascia il posto all’acting-out e al passaggio all’atto. I legami sociali si allentano, si disfano. “ciò che è stato rigettato dal simbolico riappare nel reale”, in particolare ritorna sotto forma di violenza, di odio e di razzismo. Le pratiche di rottura dilagano. Si legge sempre più spesso di femminicidi, di violenza domestica, di violenza bruta tra giovanissimi. Possiamo dire con Lacan che “la violenza è l’aspetto essenziale dell’aggressione, almeno sul piano umano. Non è la parola è esattamente il contrario. Ciò che si può produrre in una relazione interumana è o la violenza o la parola”. 
Sulla violenza domestica 
A livello mondiale la violenza domestica è la causa principale di morte o lesioni nelle donne tra i 16 e i 44 anni. Nel mondo una donna su 3 è stata picchiata o è stata vittima di abusi da parte del partner. In Italia, nella fascia di età tra i 16 e i 50 anni, le donne muoiono più per violenza domestica e sessuale che per malattia o incidenti stradali. Dal 2002 al 2012 sono state uccise 2061 donne. Il 10% delle donne in Europa è vittima di stupro o di tentato stupro. 127 femminicidi nel 2012 di cui il 70, 8% perpetrato in ambito familiare o affettivo. A maggio del 2013 si rilevano 27 femminicidi. Morti annunciate, nella maggior parte dei casi l’assassino era stato denunciato per violenze, atti persecutori, maltrattamenti. Non mancano le polemiche sui dati, ma al di là dei numeri ci troviamo qui ad affrontare un tema spesso mal-trattato e sfruttato dai media. Oggi abbiamo l’opportunità di offrire una possibile lettura di questo fenomeno che non è altro che la punta di un iceberg, la cui parte sommersa fatta di soprusi, maltrattamenti, violenze ogni giorno si consuma avvolta dal silenzio. Silenzio assordante. Il 25 giugno 2012 la relatrice speciale delle Nazioni Unite Rashida Manjoo afferma: “A livello mondiale la diffusione degli omicidi basati sul genere ha assunto proporzioni allarmanti, culturalmente e socialmente radicati, questi fenomeni continuano a essere accettati, tollerati e giustificati, e l’impunità costituisce la norma… Le donne è come se vivessero sempre “nel braccio della morte”. La violenza non è più un problema privato ma politico. Dunque quelle morti annunciate sono a carico delle Istituzioni che non si adoperano per far fronte al fenomeno. E’ arrivato il tempo di parlare, di gridare NO MORE. 
Ma che cosa è il femminicidio? Neologismo cacofonico introdotto da Marcela Lagarde, antropologa messicana. Il femminicidio è la forma estrema di violenza di genere contro le donne, prodotta dalla violazione dei suoi diritti umani in ambito pubblico e privato, attraverso varie condotte misogine. Per dirla con Pierre Bourdier “la forma suprema, perché la più sottile, la più invisibile” di dominio dell’uomo sulla donna”. Ma c’è un al di là da mettere in luce, al di là che si apre a partire dalla pratica clinica. Dunque una politica orientata dall’inconscio, dalla logica del caso per caso. Se da un lato il mandato sociale è aiutare le donne, dunque promuovere una serie di servizi per il bene e la salute delle donne, dall’altra l’orientamento psicoanalitico introduce una dimensione etica che mira alla singolarità e che oltrepassa la logica universale vittima-carnefice. La pratica clinica ci mostra che c’è una certa regolarità nella vita del soggetto, qualcosa si ripete nel modo di soddisfarsi, nel modo di godere, nel modo di stare al mondo, nella scelta del partner. La scienza dal canto suo tenta di rendere conto della relazione tra i sessi, della relazione con l’Altro. I laboratori scientifici vogliono scrivere le condizioni soggettive dell’amore, della felicità, dell’attaccamento affettivo genitoriale o amoroso. Uno studio recente, pubblicato in diversi giornali ha osservato che più l’ossitocina è presente nel cervello degli individui più la relazione amorosa sembra forte e duratura. Da quando si può prevedere il potenziale di una relazione amorosa con il dosaggio dell’ossitocina? Da quando si può rivitalizzare una coppia con l’aiuto periodico dell’ossitocina? E l’odio? Un interrogativo si palesa. L’odio è legato a un difetto di ossitocina o all’azione di un altro ormone? 
Con Freud e Lacan invece possiamo dire che l’amore e l’odio hanno a che vedere con il godimento. Dunque è necessario riprendere il cammino tracciato da Freud, cammino che si è interrotto sulla “roccia basilare”, “il rifiuto della femminilità”, ostacolo per uomini e donne,“ quell’inspiegabile intreccio di Eros e Thanatos, l’odio che nasce ogni volta dall’amore, nella vita personale come nella sfera pubblica”. Lacan nel 1971 afferma “È buffo che tutto questo abbia preso la forma di una idealizzazione di una razza, ossia della cosa che in quella faccenda centrava di meno. (…) Ma intanto occorre dire che non c’è nessun bisogno di una tale ideologia perché si costituisca un razzismo basta un plusgodere che si riconosca come tale”. Lacan dunque sovverte la prospettiva non si tratta di ideologia ma di godimento. In Television profetizza l’ascesa del razzismo, specificando che si tratta dell’odio del godimento dell’Altro. Jacques-Alain Miller riprende la questione e seguendo la pista tracciata da Lacan afferma: l’uomo e la donna sono due razze non dal punto di vista biologico ma per quanto riguarda il godimento. A partire da questa sovversione si può aggiungere che il rapporto tra i sessi per gli esseri parlanti non è dato dalla biologia, non è scritto, non si può misurare. Altro accade tra gli animali dove tutto è scritto nell’ordine della specie. Con Freud e Lacan possiamo dire che per gli esseri parlanti l’incontro con l’Altro sesso è sempre problematico. Il malinteso strutturale dei sessi nasce proprio dal linguaggio. C’è una differenza costitutiva fondamentale, differenza spesso impossibile da sopportare. “Questo significa che, invece di usare la squisita cortesia animale, agli uomini capita di stuprare una donna, o viceversa”. Freud termina la sua ricerca su un interrogativo, che cosa vuole una donna? E definisce la donna “un continente nero”, un enigma per l’uomo, ma anche per la donna stessa. Poco prima di morire ci ricorda che le analisi si arrestano per uomini e donne su un punto cieco “il rifiuto della femminilità”. Lacan a partire dalla strada tracciata da Freud va oltre, afferma che la donna non esiste, ma esistono le donne. Detto altrimenti non c’è nell’inconscio un significante che la dice donna. Infatti o la si diffama (ditfemme) o la si idealizza. La violenza, l’odio, il disprezzo si palesano ogni volta che la donna non si fa trovare là dove un uomo la posiziona. Si assiste a un paradosso più l’emancipazione della donna avanza, e più l’uomo perde la sua identità e la perseguita “o mia o di nessun altro”. 
Ma questo non vuol dire che non ci possa essere un incontro felice tra un uomo e una donna, fondato sulla parola d’amore.

tratto da
FEMMINICIDIO.
IL FEMMINILE IMPOSSIBILE DA SOPPORTARE
Interventi del 17 Maggio 2013
Casa Internazionale delle Donne - Roma
(http://www.istitutofreudiano.it/sites/default/files/femminicidio.pdf)

Copyright 2013, Il Cortile - Consultorio di psicoanalisi applicata,
Istituto freudiano e la Scuola Lacaniana di Psicoanalisi,
in collaborazione con Parteciparte, Solidea, Tavolo Pari Opportunità
- Comitato Più scuola meno mafia, Casa Internazionale delle donne.

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