bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

giovedì 27 novembre 2014

big change big chance

In un saggio di qualche anno fa (La carità che uccide, Rizzoli), l'economista zambiana Dambisa Moyo imputava all'Occidente la persistente povertà dell'Africa. Non causata, come si potrebbe pensare, dalla mancanza di aiuti economici, quanto dal suo esatto contrario: uno spaventoso flusso di denaro (oltre mille miliardi di dollari a partire dagli anni Cinquanta) che da una parte ha viziato e impigrito l'economia del Continente Nero, adagiatasi in una sorta di adolescenza senza fine, dall'altra ha fatalmente alimentato la corruzione nei Paesi politicamente meno strutturati.  
Una situazione complessa e in rapida evoluzione che oggi è oggetto anche di una mostra dedicata dalla Triennale di Milano all'Africa ( Big Change, Big Chance , fino al 28 dicembre), per spiegare le dinamiche delle sue grandi trasformazioni attraverso l'architettura intesa nel suo senso più ampio (urbanizzazione, costruzione di infrastrutture, conseguente gestione del territorio e salvaguardia dell?ambiente, oltre alle opere dei principali architetti). Problematiche inevitabili e pressanti in un continente dove nei prossimi anni un miliardo di persone, spesso poveri destinati a costituire un nuovo ceto medio, lascerà i villaggi attirato da megalopoli come Lagos, Maputo, Nairobi, il Cairo o da altre in costruzione (nel 2030 la popolazione urbana dell'Africa, 748 milioni, supererà quella complessiva dell'Europa, 685 milioni).
La mostra appare più un inizio che una fine, enuncia delle problematiche ed esorta a studiarle, a decodificarne il significato. «Il titolo che abbiamo scelto riassume la posta in gioco: in Africa ci sono grandi cambiamenti, e quindi grandi opportunità. È una specie di laboratorio globale dove è ancora possibile sperimentare, e quello che succederà in quei Paesi, tra eccessi, progetti ambiziosi e fenomeni inquietanti, servirà a comprendere il futuro dell'intero pianeta - dice il curatore Benno Albrecht-. Mostriamo le grandi trasformazioni territoriali, i progetti che riguardano le nuove città, lo sfruttamento delle acque con le dighe, la produzione di energia con impianti solari ed eolici, l'arresto della desertificazione attraverso la riforestazione, sempre secondo modalità diverse da quelle a cui siamo abituati. Quello che è chiaro è che in Occidente non abbiamo ancora gli strumenti mentali e concettuali per comprendere davvero cosa significhi una città africana abitata da svariati milioni di persone, cioè un probabile modello urbanistico e sociale alternativo alle città occidentali e asiatiche contemporanee. In Africa le categorie e i parametri di tradizione europea e americana non funzionano. Dobbiamo studiare ancora a lungo e inventarci strumenti concettuali che non abbiamo ancora individuato».  
Parilli Marcello -  Corriere della sera 20 Ottobre 2014

mostra molto interessante, immensa infinita non finiva più. allestimento straordinario.
la Triennale di Milano si conferma luogo di enorme fermento e vitalità, è un posto dove vado, insieme ad alcuni altri, sempre molto ma molto volentieri.
una mostra sull'Africa, e chi se l'aspettava, ben modulata, così ricca di immagini e informazioni, così declinata e distribuita: reportage di progetti architettonici, immagini di realtà architettoniche, fotografie (alcune strepitose).






(foto di Kiripi Katembo, Pierrot Men, Ali Charaibi, Justine Punkett)

Il “contesto planetario” sta cambiando a causa della scarsità di risorse fossili, ormai in accertato esaurimento, della pressione antropica, oggi dotata di una immensa potenzialità tecnica, della situazione demografica, in impetuoso aumento, dell’incremento dell’urbanizzazione, della globalizzazione dell’economia ed anche del pensiero. 
Occuparsi dell’Africa dal punto di vista dell’architettura, intesa nel suo senso più ampio, significa occuparsi di un luogo in cui stanno sviluppandosi alcuni dei fenomeni più interessanti, complessi ed anche inquietanti di questi ultimi anni. 
La mostra AFRICA Big Change Big Chance vuole rendere palesi le dinamiche delle grandi trasformazioni in corso in Africa. 
Il cambiamento – Change – riguarda in particolare i fenomeni di concentrazione urbana. Nel 2030 anche le regioni che oggi hanno il minor tasso di urbanizzazione saranno a maggioranza con una popolazione residente nella città. 
La possibilità – Chance – è impersonata dai protagonisti della scena dell’architettura in Africa dal dopoguerra, dal modernismo tropicale, ad oggi. Sono gli interpreti di una progettualità impegnata nella proposizione di una nuova modernità, il cui interesse travalica le ragioni specifiche, estetiche e tecniche, e fa riflettere attorno a problemi più generali, di assetto complessivo delle città e delle modalità di intervento. 








oltre all'interesse suscitatomi da immagini e progetti, riqualificazioni e sogni, in un territorio a me totalmente sconosciuto -lo conoscerò mai un po' di più?- e lontano, e che immagino caldo, povero, malato, torturato dalla guerra e dalla segregazione-emarginazione ma anche bollente di evoluzioni, natura, possibilità, la Triennale ha allestito una mostra in modo eccellente, anche questo mi piace, la cura nelle cose. 








È il solito dilemma «bifocale» di quando pensiamo all'Africa: troppo piena o mezza vuota, la frontiera della maggiore crescita o il pantano della più resistente povertà, promessa di nuove megalopoli sostenibili o inferno di sterminate baraccopoli. Gli africani sono tanti o pochi? È vero che se oltre il Mediterraneo e soprattutto oltre il Sahara le donne continueranno ad avere in media 4,7 figli a testa, la popolazione complessiva quadruplicherà prima di fine secolo: da 1,1 a 4,2 miliardi di abitanti. E allora entro il 2100 quasi un ragazzo su due nel mondo sarà africano. Però non sbaglia chi sostiene che quello rimane un continente relativamente deserto: con il 25% delle terre emerse conta oggi solo il 15% della popolazione mondiale. L'Asia, il più (densamente) popolato, ospita 137 persone per chilometro quadrato. L'Africa appena 39. C'è posto per altri abitanti, scrive l'«Economist». Ma come sarà quel posto? Come saranno «le Afriche» che si affacciano sul domani?
...
La finestra di opportunità rappresentata dal «dividendo demografico» (più persone in età da lavoro, meno bocche infantili o anziane da sfamare) non resta aperta in eterno: l'Africa diventerà vecchia prima che ricca? L'altro giorno alla Triennale, mentre percorrevo le sale di Big Change , ho chiesto a un monaco francescano amico di missionari cosa pensasse della mostra: «Bellissima -ha risposto- Questa è la storia, anche architettonica, dell'Africa: bravissima a fare pasticci, a mischiare il vecchio e il nuovo». L'Africa vista con la lente «bifocale»: grandi pasticci, grandi cambiamenti.

Michele Farina- Corriere della sera 20 Ottobre 2014

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