bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

venerdì 15 febbraio 2019

la monaca di Monza: E allora liberaci, Cristo! Liberaci!

prima indossa un vestito tutto nero e una veletta nera le ricopre il viso. non le si vede il volto.
poi si solleva il velo e si vede il volto incorniciato dal velo bianco delle suore.
poi, improvvisamente, con un gesto forte e netto, si toglie anche il copricapo bianco e si vedono i capelli, rossi, bellissimi, lunghi ma raccolti, i boccoli ai lati che scendono sulle spalle.
si, la monaca di Monza è una donna.
più le hanno negato il diritto di esserlo più si è ripresa quel ruolo con lucidità assassina e perversa.
siamo dalle parte di Testori, autore che mi strega, a dir poco.
siamo dalle parti del Teatro Franco Parenti.
siamo, soprattutto, dalle parti di Federica Fracassi, che devotamente ammiro.
una disperazione blasfema prende corpo, letteralmente, nelle parole potentissime di Testori.
le parole sono così forti da incatenarmi, da desiderarne di più, di nuove, di altre. 
ascoltando, la mia speranza è che di parole ne escano ancora, ne sgorghino a fiumi, perché quelle che sento già non bastano più proprio perché sono così inesauribilmente cariche di forza arcana.
la parola è lussureggiante, indomita, erotica, non fa sconti, scandaglia desideri, angosce, scelte delittuose, violenze carnali, passione godimento impulso che non lasciano spazio ad alcuna pietà.
luci colori suoni mi frastornano e mi mettono a confronto con il mio cervello, cerco di capire e mi ritrovo travolta da un linguaggio così serrato e denso che non mi lascia scampo. sono forse più incatenata alle parole per il significante che non per il significato. per il segno più che per il sintomo. ma sono anche ammaliata da questa fede che fa bestemmiare, senza fede non sarebbe possibile questa tragedia, è perché c'è dio che si consuma la perversione, è perché c'è dio che c'è la corruzione, la sordidezza, lo sporco, il putridume, il marciume, è perché crede in dio che non ha salvezza, Marianna De Leyva. è per dio, è per cristo, che invoca di continuo, che sarà schiava sempre, del padre, del convento, dell'amante e delle mura in cui sarà incarcerata a vita.
mi dibatto ascoltando, mi domando se c'è scampo e invece no, la cattura e la condanna sono inevitabili, e più passa il tempo e pù sento che non ci sarà redenzione e più mi dispero, insieme a Marianna.
nei loro loculi, i personaggi, tutti già morti, si muovono e parlano: lei mossa da un’inquietudine indecifrabile fisica e spirituale, blasfema, che chiede a Dio di discolparsi per la sorte che le ha riservato; lui, Gian Paolo, complice del suo destino "Avete voi mai visto più bella cosa?" folgorato e catturato, imprigionato da lei e dall'attrazione irresistibile della profanazione della sua veste, folle e sguaiato; la novizia Caterina, che minaccia di rivelare la loro storia ma desidera condividere quella passione inconsapevole di esserne solo il bruciante acceleratore.



Guardaci. Punta i tuoi occhi su questi stracci che ti bestemmiano, su questo niente che ti reclama. Te lo chiediamo con strazio delle nostre ossa e della nostra carne: liberaci dal nostro sangue: liberaci dalla nostra morte. O distruggiti anche tu nella nostra carne, nel nostro sangue e nella nostra morte. Ci senti? E allora liberaci, Cristo! Liberaci!




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