bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

domenica 22 marzo 2015

Tutto ciò che passa non è che un simbolo, l’imperfetto qui si completa, l’ineffabile è qui realtà, l ’eterno femminino ci attira in alto accanto a sé

se ci penso è stata per me un modello di femminilità.
è sempre stata simpatica, aperta, comunicativa.
gentile, ma di carattere.
era alta, gambe sottili -ma busto un po' grosso- tachi alti, abbastanza, capelli mogano.
quando andavo a casa sua, o il sabato e domenica, o nella settimana in cui i miei genitori partivano per il loro viaggio annuale e mi lasciavano a turno da una delle mie nonne, rimanevo stregata dagli oggetti della sua camera.
dormivo con lei in un lettino, a fianco del suo. 
mi ricordo un tavolino con uno specchio, di quelli da specchio delle mie brame, delle scatole con dei bigodini, con i trucchi, i belletti.
mi ricordo l'armadio e le calze di seta.
mi ricordo che volevo sapere quello che faceva.
mia zia T. non si è mai sposata, è sempre rimasta a casa della nonna con mio zio P., mai sposato nemmeno lui, eterno infante che ha avuto due madri che non l'hanno mai fatto crescere, mia nonna prima, mia zia dopo.
mi piaceva molto andare a casa della nonna G., casa enorme, popolare, mal ridotta, camere strette buie piene di oggetti. mistero nella mia mente di bambina. un bagno che non si può descrivere, una cucina altrettanto, ma mi piaceva. la sala era enorme, ci guardavamo la tv la sera, se solo passavano per caso un bacio in un film o le gambe scoperte di ballerine di fila volevo nascondermi sotto il divano per la vergogna. aleggiava aria di peccato,  di castigo, doveva essere l'aria in cui è cresciuto mio padre.
ma la nonna G. era dolcissima, occhi chiari capelli bianchi, era buona, e devota.
al nonno devo avere detto 4 parole in tutta la mia vita, mi terrorizzava, ne avevo una soggezione indicibile. se gli portavo il te nel gioco del "te e pasticcini" si vedeva che non stava al gioco, mi sentivo una cretina.
la zia T. era speciale, è probabilmente la zia alla quale ho voluto più bene di tutte, e di zii e zie ne ho avute a bizzeffe, le famiglie dei miei genitori erano numerosissime, solo mio padre aveva 12 fratelli.
uno dei ricordi più belli sono le dolorosissime vacanze a Salsomaggiore, ci si andava per fare le cure termali. le mie otiti sono sempre state un calvario per me. si affittava una casa e ci stavamo in tanti, le zie T. e G. e P. e L., e i cugini, parecchi pure quelli. mia madre mi portava e mi lasciava lì per 15 giorni, a settembre. era bellissimo, si andava al parco a giocare, si mangiava tutti insieme, si andava alle terme e si facevano le inalazioni e le maledette insufflazioni. quanto facevano male. ma le passeggiate in centro con la zia T. a vedere negozi e fare picoli acquisti e imparare a fare la maglia, erano strepitose, mi ripagavano di tutto quel male, tutti i santi pomeriggi. anche la zia T. faceva le insufflazioni, molto più coraggiosamente di me, e ce le somministrava un medico fighissimo. questo particolare lo ricordo molto bene: era bello, alto, gentile e fascinoso.
e faceva la corte alla zia.
e figurati la fantasia come partiva, navigava e veleggiava, mi ricordo le domande insistenti e impertinenti. aveva accettato di uscire con lui, e ci credo!!,  ed era tutto un come dove quando ma cosa vi siete detti cosa avete fatto dove siete andati ma ti piace ma lo vedi anche a milano. io e mia cugina C. la tormentavavamo di domande, lei ci stava, ma con discrezione. un po' ci accontentava, un po' si ritraeva. una giusta dose di notizie tra generosità e ritrosia. ma è stata una fonte preziosissima, una conferma alle fantasie pressanti di quell'età dispensate con buon senso.
ieri sono andata a trovarla in ospedale, ormai ha 80 anni ed è molto malata. gravemente malata.
sono rimasta sul letto con lei a parlare per un'ora. il suo carattere è ancora quello, nonostante tutto: forte e volitivo, sorridente e simpatico.
mi ha presentato a tutti come un medico, sua nipote medico, e di continuo mi ha citato mio padre, suo fratello, e le sue considerazioni di allora sul mio lavoro. tutte sbagliate, viste con la consapevolezza, mia, di oggi su di me.
mentre la guardavo vedevo la faccia di mio padre, un'impronta identica e indelebile, la bocca e i denti. la struttura del volto e degli occhi.
i miei nonni erano cugini di primo grado. i tratti genetici, fisici e metabolici (in famiglia tutti diabetici e ipercolesterolemci e cardiopatici, me compresa) si sono radicati e decuplicati nei figli. mio padre e la zia, e altri, hanno la stessa struttura del nonno, e da vecchi, su quel letto, malati, scavati, pallidi e disidratati, mi mostrano quella dentatura scolpita e replicata.
la vedo e la rivedo, la vidi nel nonno, decine di anni fa, l'ho vista in mio padre, l'ho rivista ieri in mia zia. ieri la guardavo, le parlavo, ma dentro di me qualcosa scavava, si turbava, andava altrove, in un luogo segreto. nel mistero.
per me, quella, è la faccia della morte, non c'è nulla da fare.
dall'eterno femminino all'eternità della morte.
memoria, anima del tempo.

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