bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

venerdì 20 febbraio 2015

vanessa winship

fotogiornalismo e un gran tocco di umanità.
le fotografie di Vanessa Winship sono pregevoli, comunicative. sono una narrazione.
al Palazzo delle Stelline la mostra si sviluppa con delle prefazioni dell'autrice a ogni blocco fotografico. si è spinta in varie parti del mondo, nei Balcani, sul Mar Nero, in Georgia, in Anatolia, in Almeria, negli Stati Uniti, questi i luoghi presentati nel percorso fotografico della mostra. le sue prefazioni mi sono piaciute moltissimo, le ho trovate ricche, riflessive, piene di spunti molti interessanti che mi fanno pensare al modo in cui questa persona orienta il suo lavoro. un lavoro di indagine che non mente. se penso alle tante foto che ho visto in questo mese, da Mccurry e Elgort, mi rendo conto che qui, con la Winship, siamo in un'altra dimensione, la foto che dice quel che è. non c'è edulcorazione, non c'è manipolazione, non c'è posa, non c'è niente se non quel che c'è da vedere. non c'è nemmeno sensazionalismo, nemmeno trauma, nemmeno carne dilaniata, non c'è shock, c'è quel che c'è da vedere. non c'è la spettacolarizzazione della foto, solo quel che c'è da sapere. siamo nel bianco e nero, non c'è il colore a dare vita e luce, non c'è la bellezza del mondo.
ed è così che la foto diventa narrazione, anche poetica, della vita ai confini del globo. perchè la Winship si spinge ai margini dei territori, in luoghi di decadenza come le Georgia, o di stagnazione, come il Mar Nero. c'è una forte connessione tra la fotografia e una precisa presa di posizione dal punto di vista narrativo. fotografa la vita dentro un contesto storico che collassa, che decade, che si sgretola, che trascina via detriti del passato. ma la gente ci vive dentro, come può, adattandosi al paesaggio e alle risorse. ci sono i confini, le frontiere, le identità, la vulnerabilità delle etinie e il corpo. ci sono corpi nelle foto, corpi che incarnano la storia. quindi l'effetto è doppio, narrativo sul piano storico e di cronaca sul piano attuale, è la vita che scorre dentro la storia, che vi assiste senza saperlo.
l'effetto fotografico, soprattutto nel suo insieme, nello sguardo che emerge dal gruppo di fotografie per ogni luogo di narrazione, è davvero sorprendente, molto toccante, autentico, senza veli, profondo e sinceramente partecipe.
una scoperta per me fantastica, una fotografa nel vero senso della parola, una ricercatrice, un'esploratice. una persona.








Comunicato Stampa: 
Dal 17 dicembre al 15 febbraio (ma è stata prolungata fino al 22 marzo) la Fondazione Stelline presenta la personale di Vanessa Winship organizzata dalla Fundación Mapfre di Madrid: oltre 100 fotografie in bianco e nero ripercorrono attraverso un’ampia panoramica tutta l’opera dell’artista, dall’inizio della sua carriera, giovane fotografa nei Balcani, fino ai suoi ultimi lavori ad Almerìa.
Vanessa Winship è un’artista polivalente, i cui lavori analizzano la profondità dei temi della frontiera dell’identità, della vulnerabilità e del corpo, il tutto in uno spazio geografico ricco di intensità ed emozioni, dove l’instabilità dei confini va di pari passo con il mutare dell’identità storica contemporanea.
Le sue serie offrono uno spunto di riflessione su come il corso della storia riesca a modellare le forme del paesaggio e a lasciare il segno sui corpi dei suoi abitanti, ma anche sulle loro caratteristiche e sui loro gesti. Il viaggio e i suoi incontri con l’”altro” sono temi fondamentali della sua vita e della sua fotografia. Un paesaggio umano, che si impone sui conflitti politici e sociali ed emerge tra le rovine di mondi in decadenza. Un recente passato (edifici, sculture commemorative e mezzi di trasporto) procede in direzione opposta alle persone che si muovono tra di esse. La Winship descrive la componente mitica e leggendaria di questi luoghi e allo stesso tempo li destabilizza. Vengono certamente evocati gli eventi storici che hanno segnato queste regioni, ma la Winship pone l’enfasi più alta sulla microstoria di ognuna di esse: le attività del tempo libero, gli interni delle scuole, le condizioni di lavoro e le diverse forme di socializzazione e di culto religioso.
Le fotografie realizzate fino al 2011 tracciano una mappa personale dei confini dell’Europa e dei loro punti di contatto con l'Asia.Il suoparticolaremetodo di lavoro ha dato origine a serie come “Imagined States and Desires: A Balkan Journey”, “Black Sea: Between Chronicle and Fiction”, “Sweet Nothings: Schoolgirls of Eastern Anatolia” e “Georgia. SeedsCarried by the Wind”, che uniscono spazio pubblico e privato, concentrandosi su un evento e sulla costruzione di un ritratto in posa.
“Ospitare un’artista come Vanessa Winship è come fare un itinerario in un mondo che muta, nei confini e nella percezione storica dell’evoluzione –dichiara PierCarla Delpiano, Presidente Fondazione Stelline. Il tema del cambiamento alla vigilia di Expo2015 è particolarmente attuale nella Milano di oggi che diventa metropolitana. Come si intuisce nel dibattito culturale: grandi eventi, contaminazione, apertura. Grazie alla Winship abbiamo la possibilità di vedere ritratta la storia che cambia nei confini e nell’identità, particolarmente contestuale al momento storico che viviamo”.
Nel 2011, la Winship è stata la prima donna a ricevere il prestigioso premio Henri Cartier-Bresson per la fotografia. Il suo progetto vincente è stato “Shedances on Jackson. UnitedStates”, una serie che si concentra sui segni del declino dell’American Dream, visibile sia sulla superficie della terra che nelle caratteristiche umane e nel linguaggio del corpo. Nel 2014, su incarico della FUNDACIÓN MAPFRE, la Winship si è recata ad Almería (Spagna), per rappresentarne la notevole diversità geografica, lo sradicamento e la storia fatta di alterne vicende. Questi ultimi due progetti rivelano una progressiva scomparsa delle forme umane e l'emergere di un paesaggio che diventa eloquente attraverso il suo apparente silenzio e la sua immobilità. Il senso di un territorio di frontiera, la vulnerabilità della terra e il peso del passato, suggeriti dalla serie “Almería. Where Gold WasFound”, mettono questa regione in connessione con le altre parti del mondo su cui si è posato lo sguardo fotografico di Vanessa Winship.

Vanessa Winship (nata a Barton-upon-Humber, Regno Unito, nel 1960) è oggi uno dei nomi più acclamati della fotografia internazionale. Il suo stile non è meramente documentario, ma si concentra su temi quali la frontiera, l'identità, la vulnerabilità e il corpo. Sin dagli anni ’90, la Winship ha lavorato in diverse aree geografiche, tra cui i Balcani, il Mar Nero e il Caucaso, che nell'immaginario collettivo sono luoghi associati all'instabilità e ai tempi oscuri del recente passato e alla mutevolezza dei confini e delle identità. 


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