bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

giovedì 19 aprile 2012

è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia

Umberto Boccioni - madre

Supplica a mia madre

E' difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.

Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d'ogni altro amore.

Per questo devo dirti ciò ch'è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.

Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.

E non voglio esser solo. Ho un'infinita fame
d'amore, dell'amore di corpi senza anima.

Perché l'anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:

ho passato l'infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l'unico modo per sentire la vita,
l'unica tinta, l'unica forma: ora è finita.

Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.

Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…


mi impressiona questa poesia, è un tratto profondissimo, è il legame simbiotico mai scisso, è la fusione patologica, è l'impossibilità di separarsi dall'utero materno, è la premessa alla sofferenza di tutta una vita, a volte anche il prologo della follia.

6 commenti:

fabrax ha detto...

meravigliosa

0012 ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Rossa ha detto...

per la potenza con cui esprime un attaccamento malato. veramente meravigliosa.

Rossa ha detto...

non so perche' abbia cancellato il suo commento, comunque per chi ha scritto e poi cancellato il commento, e io ho poi letto sulla mia mail direi che non potrei essere piu' in disaccordo di cosi'.
una madre che gode di tutto questo e' una madre malata. i figli sono creature autonome da noi, madri, vivono per se stessi e il nostro compito e' che si separino dalla matrice materna, e in fretta, e sappiano vivere di un'interiorita' propria. quella di Pasolini e' una sofferenza immensa, e' la constatazione impotente di un fallimento di vita, di un'esistenza appendice di un'altra. se me lo sentissi dire da un figlio, ne morirei.

monteamaro ha detto...

Leggendola sento di essere un pò a disagio.
E' troppo intima per farla propria, e troppo vera, perchè scorra senza quasi ferire, le sensibilità Madre/Figlio/Lettore.
E' molto di più che un insieme di parole, definite poesia. E' dolore e non solo.
Ma forse questa, è soltanto la mia impressione.

Rossa ha detto...

disagio mi sembra una parola appropriata. c'è qulcosa di estrememente imbarazzante in questa poesia per la schiettezza della sua enormità. un amore che produce angoscia, proprio l'amore per una madre.