bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

martedì 19 aprile 2011

Haevnen, in un mondo migliore

haevnen, un nome che ricorda il paradiso.
in un mondo migliore i paesaggi si confondono. nel film dal kenia si passa alla danimarca e a volte il cielo fa da tramite da una zona all'altra del mondo, da tramite e continuità, il dolore si vive nelle tendopoli africane dei medici senza frontiere e nel riflesso dello specchio gelato e cristallino dei laghi danesi.
non sono sicura che in un mondo migliore certe sofferenze, quelle adolescenziali e delle morti violente, saranno debellate, forse in un mondo migliore sarà possibile insegnare ai nostri figli l'importanza della resistenza non violenta alla violenza senza avere la sensazione aberrante che stiamo comunicando la sconfitta.
nel film, questo film, un bel film, di Susanne Bier, c'è molto della violenza che scuote la mente di un adolescente che ha perso tutto, l'amore di sua madre, e non sa non riesce non può dare un senso a questa perdita così traumatica. il padre del suo amico gli spiega, con parole sante, che tra noi e la morte c'è un velo. e questo velo è necessario per sopportare la portata di non senso che la morte reca con sè. a volte, quando il trauma della perdita ci colpisce dritto in faccia, con forza inaudita, quel velo si solleva e non siamo in grado di tollerare il peso della mancanza di logica. poi, con il tempo, il velo si ricrea e noi torniamo a fare i conti con la vita, e la sua morte, in modo mediato, non diretto, in modo tollerabile. in modo compatibile con la vita.
credo che il film colga un punto nodale, colga il trauma della morte nell'adolescenza, un contatto forte e vicinissimo che a volte sfiora la voragine. sono nel buco nero il bullo che minaccia mimando la violenza adulta, la vittima del bullismo che subisce ma sa come comportarsi nel momento in cui la morte si fa molto vicina, e il giovane orfano incapace di fidarsi di un mondo adulto che finge di non vedere la morte anche quando è innegabile.
il film è schietto e meriterebbe la tragedia come finale, la meriterebbe perchè verosimile e veritiera, sfiorare l'abisso e non avere nessuno che ci strattoni prima del salto è esperienza plausibile in molti contesti.
l'adolescenza è il luogo dell'esigenza di separazione per eccellenza in cui l'aspetto cruciale è l'orientamento sull'asse del desiderio, in bilico tra eros e morte. spesso in adolescenza si riscontra il trauma, il trauma del non-senso, il trauma della morte. uno sbandamento innominabile, un cedimento senza nome e senza collocazione. il velo, necessario a creare il mistero e l'enigma, deve poter svolgere la sua funzione di mediazione, il velo mostra e cela, senza velo gli occhi si bruciano. e gli occhi di questi adolescenti sembrano ustionati, almeno fino al momento in cui di nuovo, un adulto, consentirà di celare l'inguardabile.

8 commenti:

fabrax ha detto...

ho bisogno del tuo aiuto. Tu che hai studiato, debbo sapere una cosa, c'è una parola (in latino o in greco) che riassuma il tempo che trascorre abbinato alle situazioni che si ripetono all'infinito!?
Di recente ho riletto i vecchi post, alcuni vanno corretti in modo adeguato

Rossa ha detto...

ah ah Fabrax amica mia...ti ringrazio per la richiesta di aiuto, mi lusinga, ma più che panta rei e repetita iuvant non sono in grado di dirti!!
ma non correggere i post vecchi...vanno bene così, eri tu in quel momento...

(pesa) ha detto...

ho trovato illuminanti quelle che hai definito 'parole sante'. come spesso quello che cerchiamo/troviamo per spiegare (spiegarci :-) ) ciò che 'semplicemente' descrivibile non è. qualche volta il risultato è così sorprendente, le parole e sono così familiari e vicine che ti si apre un mondo.
alla prossima

laliebredemarzo ha detto...

Se non gli adulti chi possono mettere un velo di mussola sul nostro capo quando siamo piccoli? Oggi riscontro che gli adulti si sentono in pace col proprio ruolo educativo quando trasmettono ai figli la cruda verità delle cose prima ancora di accertarsi se essi siano in grado di recepirla nel modo adeguato. Sanno tutto, ma non capiscono niente. Alla violenza rispondono con violenza, sono pieni di preconcetti e pregiudizi che secondo me funzionano da protezione. Amore e morte nell'adolescenza, la sensazione di essere senza rete, l'impulso del volo... La paura che nessuno ti dica di fermarti... Sono importanti le tue riflessioni.

Rossa ha detto...

buonasera pesa. le parole le dice proprio il padre dell'amico, nel film. parla di velo e io di velo ho sentito parlare nelle mie lezioni di psicoanalisi che tu ben sai. ed è il velo che consente agli adolescenti di andare oltre il trauma, qualsiasi esso sia, e che consente di non aver disvelato ciò che non può essere guardato. soprattutto il velo della sessualità.
baci

Rossa ha detto...

qual che dici Irene è vero o quanto meno probabile. a volte sono i genitori che alzano il velo, senza pudicizia, a volte, e direi forse la maggior parte, è il mondo virtuale che i giovani frequentano più di casa propria. a volte nel lavoro con gli adolescenti si tratta proprio di ricostruire il velo che altri hanno sollevato. è proprio quel guardare senza mediazione che porta agli agiti, ai voli, agli strappi, alle dipendenze, da alcool o da qualsiasialtracosa. un mondo difficile, tu forse lo sai molto bene.

Raffaele ha detto...

ho appena visto il film: mi è piaciuto molto, equilibrato. Certo che l'idea di Cristian sulla violenza per fermare la violenza, mi seduce alquanto e nel film tra l'altro pare funzioni. Mi sono soffermato a pensare quanto sia giusto (efficace) un comportamento del tutto pacifista, incondizionato... e quanto a volte forse sia meglio colpire subito molto forte...

Rossa ha detto...

Ciao Raffaele. Non so, la violenza non mi seduce per niente e in tutto il film ho provato un forte senso di disagio. ho sentito che l'esempio di quel genitore non poteva fare breccia, almeno non in quella occasione. ma sono certa che nel tempo un genitore possa insegnare efficacemente il senso lungimirante della risposta pacifica.