difficile reggere il confronto con questa scrittura.
guardarla in faccia senza arrossire.
conosciuta su preziosa indicazione, ora so anche che un film a breve ne parlerà.
Antonia Pozzi. grande piccola poetessa morta suicida.
la sua poesia mi ricorda, pur senza quello strappo violento della follia scuotente, quella di silvia plath.
una parola che entra dentro e non puoi non riconoscerti e sentirti corrodere da qualcosa che scava le stesse buche, in profondità, nella propria nudità più disarmante.
quella che nessuno e dico nessuno conosce, nè mai dovrà conoscere, di te.
Canto della mia nudità
Guardami: sono nuda. Dall’inquieto
Languore della mia capigliatura
Alla tensione snella del mio piede,
io sono tutta una magrezza acerba
inguainata in un color avorio.
Guarda: pallida è la carne mia.
Si direbbe che il sangue non vi scorra.
Rosso non ne traspare. Solo un languido
Palpito azzurrino sfuma in mezzo al petto.
Vedi come incavato ho il ventre. Incerta
È la curva dei fianchi, ma i ginocchi
E le caviglie e tutte le giunture,
ho scarne e salde come un puro sangue.
Oggi, m’inarco nuda, nel nitore
Del bagno bianco e m’inarcherò nuda
domani sopra un letto, se qualcuno
mi prenderà. E un giorno nuda, sola,
stesa supina sotto troppa terra,
starò, quando la morte avrà chiamato.
20 luglio 1929
La vita
Alle soglie d'autunno
in un tramonto
muto
scopri l'onda del tempo
e la tua resa
segreta
come di ramo in ramo
leggero
un cadere d'uccelli
cui le ali non reggono più.
18 agosto 1935
lunedì 7 settembre 2009
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