bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

venerdì 29 maggio 2009

metamorfosi

Metamorfosi. l'ho vista in un balletto, magari presuntuso negli intenti ma prezioso nell'ispirazione.



Lo spettacolo, che si immerge nell’immaginario di Ovidio per analizzare come le metamorfosi possono rimandare ai nostri modelli contemporanei, all'ossessione del cambiamento continuo, diventa l’occasione per una riflessione sulle forme della natura umana, sulle manifestazioni del desiderio, sullo scontro tra il bene e il male, sull’ordine che genera il disordine, sulla reazione del corpo umano quando lo si rinchiude in categorie, quando gli si propongono delle sfide o si cerca di addomesticarlo.



Le pietre si trasformano in corpi animali fino ad arrivare all’uomo che, diverso dagli altri animali la cui testa è volta verso terra, si erge in posizione eretta e può contemplare le stelle e il cielo, spinto dal desiderio di conoscere. Fetonte guida presuntuoso il carro luminoso che lo porta alle porte del sole ma i cavalli non rispondono al suo comando umano e sbandano paurosamente rischiando di bruciare la volta terrestre e di devastare la superficie terreste...Zeus lo fulmina, prima della catastrofe. La tecnologia che dovrebbe regolare le vita del pianeta, sfida il divino, sfugge di mano all’apprendista e produce caos, trasformazioni non programmate: ad ogni tecnologia è associata una catastrofe? Il mito di Narciso ci rivela i pericoli che nascono dalla contemplazione della propria bellezza, o meglio del riflesso di essa. La società contemporanea fa da contenitore della dimensione narcisistica che contempla solo se stessa e annulla l’esistenza dell’altro, dell’altro da sè.



Oggi il corpo ipermoderno sogna di rimodellarsi grazie alla scienza, aperta alla possibilità di ogni tipo di variazione-trasformazione-metamorfosi. Ma come in Ovidio, l’uomo non dovrebbe interrogarsi sui limiti della propria identità? I limiti e il suo valore? fino a che punto l’uomo rimane se stesso quando rivendica delle identità multiple e cangianti?

Ecco. penso al corpo di chi si plastifica. di chi si trasforma e si trasfigura con una plastica che renderà il suo viso e la sua espressione uguale a quelle di milioni di altre forme plastificate. penso a chi si trasforma clonizzandosi. a chi si trasforma da soggetto a oggetto, si oggettivizza proponendosi sul mercato delle lattine di coca cola perdendo per sempre la propria identità.
che metamorfosi è questa? è onnipotenza? è dominio del tempo? è richiesta di immortalità?

metamorfosi.

oggi desiderare di crescere e di cambiare non ha più il senso di una trasformazione mentale che si adatta al sentire e al pensare necessario alla condivisione. oggi crescere significa uniformarsi alla crescita mondiale della plastificazione materiale fisica e mentale. cervelli prefabbricati di plastica che ammortizzano le espressioni dell'anima e dello sguardo.

metamorfosi.

Il desiderio di immortalità produce oggetti mostruosi, non solo nell’estetica uniformante senz’anima, anche nella trasformazione in corpi ancora efficienti, ma profondamnente vecchi, anche contro le più elementari leggi della natura. invecchiare significa solo rimandare il momento della morte, rimandarlo possibilmente all’infinito, trascorrendo la vita rimasta a combattere l’ineluttabilià della morte, trascorrendo le ore rimaste a produrre altre ore rimaste, giorni passati a costruire altri giorni privi di salute ma possibilmente non sovraccarichi di malattia, mettendo “oltre” le lancette dell’orologio biologico che, comunque avanza, rattoppando la fisiologia del corpo ma perdendo ineluttabilmente la materia della mente. di Levi Montalcini ce n’è una, tutti gli altri sono un corpo che si rammenda senza una mente che li sorregga.

il corpo non è qualcosa che abbiamo, un oggetto. non è che io ho un corpo, io sono il mio corpo. sono io che, attraverso il significato che sono in grado di conferire al mio corpo, lo riduco alla dimensione dell’oggetto, del corpo anatomico, del corpo oggetto, oppure lo trasfiguro in soggetto, in persona. il mio corpo è a dimensione del mio spirito. anche se il corpo, per sua natura, impedisce e limita, porta a compimento, rendendola possibile, la relazione con gli altri, la comunicazione, la presenza. il corpo è il luogo, il punto d’incontro indispensabile dei rapporti con gli altri. rifiutare il corpo significa quindi rifiutare la socialità, la solidarietà con il mondo, la responsabilità di noi stessi. può risultare una conquista difficile, ma indispensabile, quella di superare la contraddizione tra il nostro corpo anatomico, corpo oggetto, le cui particolarità o imperfezioni possono anche riuscirci sgradite, e il corpo come struttura carica si significato, nella quale quelle stesse particolarità o imperfezioni, vengono da noi presi “in carica”, responsabilmente, come nostre proprie, segni sacrosanti della nostra personalità. (Salvini Palazzoli)

penso al futuro. il futuro del mio lavoro, dei modi per farlo e dunque di noi stessi.
poiché a volte si fatica a comprendere il presente, l’immaginare il futuro può essere d’aiuto per capire quello che abbiamo a disposizione oggi, che ieri non avevamo.
siamo attratti da quello che possiamo scoprire e che forse ci darà una soluzione migliore di quella di cui disponiamo oggi. ma disponiamo già oggi, sul piano perlomeno medico, di più risorse di quelle che possiamo permetterci.
si é detto che la medicina, che noi, siamo al traino della corsa della società.
dobbiamo essere rapidi, efficaci, specializzatissimi e sapere tutto. E in più dobbiamo guarire, non curare. onnipotenti ed impotenti di fronte alle richieste esterne, allo sguardo degli altri su di noi ed al nostro sentimento di noi stessi. veloci o lenti non andiamo mai bene, né per noi né per gli altri e così possiamo sentirci inadeguati e frustrati ma, allo stesso tempo, testimoni di un’idea del lavoro e della cura fuori dal concetto di tempo in corsa costante.
il tempo diventa dunque nodo centrale.
il tempo del corpo e della mente non sempre coincide con il tempo dei desideri.
cosa dobbiamo rispondere a chi chiede di renderli immortali? saremo capaci di riportarli in un altro tempo, che segue logiche che non necessariamente coincidono con il principio del piacere? memento mori o, come dice il samurai alla mattina, “vivi come se fosse il tuo ultimo giorno”.
il futuro é nell’arcaico o, forse, nella sua trasformazione.


Nel corpo, non meno che nel cervello, è racchiusa la storia della vita. (Edna O'Brien)

1 commento:

Smaug ha detto...

questa è la Rossa che mi piace...