bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

lunedì 23 gennaio 2012

la morte di Achab, la fine del mio viaggio

ma nemmeno Moby Dick ha vinto.
Moby Dick però ci sopravvive, come la vergogna del signor K. di Kafka, la balena bianca è la dannazione autodistruttiva che in tanti si portano dentro. è la rabbia che consuma e alimenta, è l'odio, in punto cieco di non amore, che a volte da senso a un'intera esistenza.



da Moby Dick: • LA CACCIA. TERZO GIORNO

"... Infine, mentre il legno, con una virata, filava parallelo al fianco chiaro della balena, questa parve stranamente disinteressarsi al suo arrivo, come fanno le balene talvolta, e Achab era ormai dentro alla fumosa nebbia alpina che emessa dallo sfiatatoio si avvolgeva intorno alla sua gobba, grande come il monte Monadnock. Tanto vicino le arrivò, e piegando indietro il corpo e alzando in aria le braccia distese per dare equilibrio, scagliò il rampone feroce e la sua più feroce maledizione dentro l'odiata balena. Mentre acciaio e maledizione affondavano fino al manico, come succhiati in un pantano, Moby Dick si contorse di fianco, rollò spasmodicamente contro la prua, e senza aprirvi falla inclinò così di colpo la lancia, che non fosse stato per l'orlo del capo di banda cui s'era aggrappato, Achab sarebbe finito in acqua un'altra volta. Ma al colpo tre dei rematori, che non avevano previsto l'istante preciso del lancio e perciò erano impreparati ai suoi effetti, furono sbalzati fuori; e però caddero in modo che in un attimo due di essi si riafferrarono al capo di banda, e alzandosi al suo livello sulla cresta di un'onda si ributtarono in barca di peso, mentre il terzo cadeva senza rimedio a poppa, ma sempre a galla e nuotando.
Quasi nello stesso punto, con un poderoso, fulmineo colpo di testa, la balena bianca balzò nel mare ribollente. Ma quando Achab urlò al timoniere di dare altre volte alla lenza e bloccarla, e comandò all'equipaggio di voltarsi sui banchi e alare la barca fino alla preda, appena il cavo traditore subì il doppio sforzo e lo strappo, saltò secco nell'aria.
«Cos'è che mi si spezza dentro? Qualche nervo cede!... no, tutto è di nuovo a posto: remi! remi! Saltatele addosso!»
Udendo il tremendo impeto della lancia che sfondava il mare, la balena si girò per presentare a difesa la vuota fronte, e in quel girare scorse lo scafo nero della nave che s'avvicinava; e forse vedendo in quello la fonte di tutte le sue persecuzioni, credendolo, può darsi, un nemico più grande e più nobile, di colpo partì contro quella prua che avanzava, sbattendo le mascelle tra irruenti rovesci di schiuma.
Achab vacillò; si batté la mano in fronte. «Divento cieco. Mani, stendetevi qui, davanti, che possa ancora trovarmi strada a tastoni. È notte?»
«La balena! La nave!» gridarono i rematori allibiti.
«Ai remi, ai remi! Sprofòndati verso i tuoi abissi, mare, ché prima che sia troppo tardi Achab possa slittare quest'ultima volta, quest'ultima volta contro il suo bersaglio! Ora vedo: la nave! La nave! Scattate, ragazzi! Non volete salvare la mia nave?»
Ma mentre i rematori schiacciavano freneticamente la barca contro i colpi di maglio del mare, le teste prodiere di due assi colpite dalla balena saltarono, e quasi in un attimo il legno immobilizzato si trovò a pelo d'acqua, con l'equipaggio semisommerso e sguazzante, che cercava disperato di turare la falla e aggottare l'acqua che irrompeva.
Intanto, nell'attimo in cui guardò, il martello di Tashtego sull'albero gli restò in mano levato, e la bandiera rossa avvolgendolo come un manto gli svolazzò di dosso come fosse il cuore che lo lasciava; e Starbuck e Stubb, che stavano sotto, al bompresso, videro nello stesso momento il mostro che piombava loro addosso.
«La balena! La balena! Poggia tutto! Poggia! O voi potenze buone dell'aria, tenetemi stretto! Non fate morire Starbuck, se deve morire, in un deliquio da femmina! Poggia tutto, dico!... voi deficienti, quelle fauci! quelle fauci! È questa la fine di tutte le mie preghiere ardenti? Di tutta una vita di fede? O Achab, Achab, guarda cosa hai fatto. Alla via, timoniere, alla via! No, no, poggia di nuovo! Si volta per assalirci! Oh, la sua fronte implacabile si getta su un uomo a cui il dovere dice che non può fuggire. Signore, stammi accanto!»
...
Ormai quasi tutti gli uomini ciondolavano inerti sulla prua della nave: martelli, pezzi di tavole, lance e ramponi stretti macchinalmente in mano, così come erano accorsi dalle loro occupazioni, e tutti gli occhi incantati fissi sulla balena che vibrando stranamente da parte a parte la sua testa predestinata, si gettava davanti, nella corsa, un gran semicerchio rollante di schiuma. Giustizia, pronta vendetta e malvagità eterna erano in tutto il suo aspetto, e a onta di tutto ciò che l'uomo potesse fare, il bianco sperone massiccio della sua fronte colpì di tribordo la prua della nave, squassando uomini e assi. Qualcuno cadde lungo sulla faccia. Come pomi d'albero schiantati, le teste dei ramponieri arriva traballarono su quei colli taurini. Attraverso lo squarcio udirono le acque rovesciarsi come torrenti alp ini in una gola.
«La nave! Il carro funebre!... il secondo carro!» urlò Achab dalla barca.
Tuffandosi sotto la nave che si abbassava, la balena corse fremente lungo la chiglia, ma virando nell'acqua tornò in un attimo a emergere lontana a babordo di prua, e a poche jarde dalla barca di Achab. Per il momento, era immobile.
«Volto la schiena al sole. Olà, Tashtego! fammi sentire il tuo martello. O mie tre guglie indomabili, chiglia intatta, e tu, scafo che solo Dio può forzare, tu ponte saldo e barra superba, e prua puntata sul Polo... nave gloriosa di morte! Dunque devi morire, e senza di me? Anche l'ultima ambizione dei più mediocri capitani mi deve essere tolta? O morte solitaria dopo una vita solitaria! Ora sento che la mia massima grandezza sta nel maggior dolore. Ahimè!
Riversatevi qui dai vostri punti lontani, onde coraggiose di tutta la mia vita, su in cima al mucchio di questo gran maroso di morte! Verso te avanzo, balena che distruggi e non vinci, fino all'ultimo ti combatto, dal cuore dell'inferno ti pugnalo, e in nome dell'odio ti sputo addosso il mio ultimo respiro. Affondi ogni bara e ogni carro in un solo vortice! E visto che non sono per me, che io venga trascinato a pezzi mentre ancora ti caccio, benché sia legato a te, balena maledetta! Così getto la lancia!»
Il rampone fu scagliato; la balena ferita balzò avanti; la lenza corse bruciante nella scanalatura: s'imbrogliò.
Quello si chinò a districarla, ci riuscì, ma il cappio volante lo prese al collo, e senza gridare, come la vittima strangolata dai muti schiavi dei Turchi, Achab saltò dalla barca prima che gli altri vedessero che era sparito. L'attimo dopo, la pesante gassa impiombata in cima al cavo volò via dalla tinozza vuota, abbatté un rematore e frustando il mare sparì nei gorghi.
Un momento, l'equipaggio della lancia rimase impietrito. Poi si voltarono. «La nave, gran Dio, dov'è la nave?»
Presto, attraverso veli d'acqua foschi e confusi, ne videro il fantasma obliquo che svaniva, come tra i vapori della Fata Morgana, solo le vette degli alberi fuori dell'acqua; e inchiodati ai posatoi un tempo così alti, per pazzia, fedeltà o destino, i ramponieri pagani affondavano sempre scrutando sul mare. E ora cerchi concentrici afferrarono anche la lancia solitaria, e tutti quegli uomini, e ogni remo galleggiante, e ogni palo di lancia, e torcendo in giro in un solo vortice ogni cosa viva o senz'anima, trascinarono a fondo anche il più piccolo avanzo del Pequod.
Ma mentre le ultime ondate si rovesciavano fitte sulla testa sommersa dell'indiano all'albero maestro, lasciando ancora visibili pochi pollici della cima e lunghe jarde fluttuanti della bandiera che sventolava quieta, con ironica armonia, sui cumuli d'acqua distruggitori che ormai quasi sfiorava; in quel momento un braccio rossiccio e un martello si alzarono nell'aria, piegati all'indietro nell'atto di inchiodare sempre più salda la bandiera all'albero che sprofondava.
Un falco, che aveva beffardamente seguito il pomo di maestra giù dalla sua naturale dimora tra le stelle, beccando all'insegna e molestando Tashtego, cacciò per caso la larga ala palpitante tra il martello e il legno; e in un baleno avvertendo quel sussulto etereo, il selvaggio affondato lì sotto, nel suo rantolo di morte, tenne inchiodato il martello. E così l'uccello del cielo, con strida d'arcangelo, rizzando in alto il rostro imperiale, e tutto il corpo imprigionato avvolto nella bandiera di Achab, andò a fondo con la sua nave, che come Satana non volle calare all'inferno finché non ebbe trascinata con sé, come elmo, una viva parte del cielo. Ora piccoli uccelli volarono stridendo sul vortice ancora aperto. Un tetro frangente biancastro urtò contro i suoi bordi ripidi. Poi tutto crollò, e il gran sudario d'acqua tornò a mareggiare come aveva fatto cinquemila anni fa."

la verità è che sono in lutto.
nei miei interminabili trasferimenti milanesi, l'ho ascoltato, e a volte ri-ascoltato, per lunghissime ore da una voce narrante di profonda bellezza. mi ha incatenato e abbagliato e, soprattutto, mi ha fatto sognare.
ho sognato e immaginato, mi sono trasferita sul Pequod.
a ogni interruzione, per scendere da quella benedetta auto, ho provato un senso di smarrimento. devo andare? dove? a lavorare? non posso rimanere tra le onde concentriche della balena bianca e in balia dell'animo dannato di Achab? tra i rimpianti struggenti di Starbuck? tra le burla spocchiose di Stubb??
è finito tutto, il mio sogno è interrotto, sono triste. raramente ho provato un trasporto così intenso, raramente ho provato la sensazione di una dimensione "altra".
non sarei mai scesa, sono affondata, sono negli abissi e nel vortice che tutto trascina dietro di sè.
"Poi tutto crollò, e il gran sudario d'acqua tornò a mareggiare come aveva fatto cinquemila anni fa."


addio.

6 commenti:

Titaniumx7 ha detto...

a me capita con un bel film... un effimero quanto breve viaggio in una realtà diversa.


non ci sono i podcast??

Rossa ha detto...

ciao, mi fa piacere un tuo commento su questo post. un film dura un'ora e mezza, forse due. questo 26 ore di ascolto. di narrazione. di pesonaggi. secondo me è diverso, ancora più coinvolgente. io me lo sono fatto scaricare, per una cifra modesta, da un sito che ti posso dire se vuoi. te lo consiglio se hai curiosità. sarà un viaggio bellissimo, credimi.

Titaniumx7 ha detto...

accetto ben volentieri...

Rossa ha detto...

ma che bella questa cosa mi riempie di gioia sul serio, che ti sia venuta la curiosità di farti ammaliare...su itunes, lo trovi lì. credo di aver ascoltato 21 cd... sono 135 capitoli!!

Titaniumx7 ha detto...

Grazie

Rossa ha detto...

un vero piacere