bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

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sabato 5 maggio 2012

quando la notte. la solitudine della maternità

mi ha chiamata ieri. pensavo fosse per lavoro, fa la psicoterapeuta infantile, segue la figlia di una mia paziente.
no, mi dice, è per me.
è ricaduta in depressione, già tre anni fa aveva preso dei farmaci, ora è ripiombata nell'angoscia.
sono stanca mi dice, stremata: la figlia, di due anni, è in una fase difficile, non dorme, vuole solo lei, la chiama di notte. non dorme sua figlia, non dorme lei.
la capisco in un lampo. genuino autentico moto di compassione, di comprensione viscerale, molto più che professionale.
il caso vuole, o forse no, che ieri sera decida finalmente di guardarmi un film. Quando la notte di Cristina Comencini.

un film che non giudico nel suo complesso, alcuni aspetti narrativi non sono del tutto riusciti.
ma è un film che dice la verità, tutta la verità, niente altro che la verità sull'infinita solitudine della maternità.
oltre i luoghi comuni che vedono la madre come una creatura santificata e gratificata dal ruolo più creativo che la natura abbia ideato, oltre a quello c'è, e tutte le madri lo sanno, l'angoscia della solitudine, del sequestro, della espropriazione del sè, della sensazione di una fatica immane, molto oltre le nostre umane possibilità.
nel film l'amore fa spazio anche all 'odio, si alterna e forse è presente allo stesso modo, a volte, in uno stesso momento. ed è vero, inutile negarlo, quando quel pianto incessante richiedente dipendente ci martella il cervello fino a chiederci dove può arrivare il possesso da parte di "un altro" dei nostri corpo e mente, si arriva a dire: io non posso, io non voglio, io devo sopravvivere.
si tocca, per attimi, si avverte la mostruosità, la crudeltà. per poi morirne, annientate, dal senso di colpa.
questo film dice il vero, lo dice senza mezzi termini, lo dice e basta. finalmente lo dice, coraggiosamente.
il coraggio sta soprattutto nel mostrare la violenza che può esprimersi nella percezione dell'alienazione in una donna normale. non malata, non segregata, non abbandonata, non drogata, non psicotica. normale.
la maternità è anche fatica ingovernabile, è sfinimento, e non può essere portata avanti da sole, la maternità richiede aiuto, comprensione, sostegno. e sono i padri i primi a doverlo dispensare. come si dice nel film, e personalmente lo condivido, i figli si fanno per un uomo, quell'uomo che abbiamo scelto. e quell'uomo deve sapere come starci vicino, sostenerci, capirci e difenderci stanche sfinite inadatte inadeguate arrabbiate e violente. tutte insieme, tutte umanamente così.