bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

giovedì 15 ottobre 2015

la Grande Madre

Il corpo, luogo di vulnerabilità, se non rischia la ferita che l’incontro può causare, incorre nel rischio ben maggiore di una sterile chiusura su di sé; non esiste la possibilità dell’intimità con altro da sé, del piacere e del godimento se non attraversando il rischio della ferita. La sicurezza e l’imperturbabilità che il solipsismo sembra promettere si schiantano con il desiderio infinito di sentire entrando in con-tatto con un altro, il senso e l’identità che ci lega al nostro corpo rimane legato alla verità e al senso dello sfioramento e del tocco, dell’afferrabilità e delle ferite, della concretezza di un corpo. Il corpo, nostro confine, nostra definizione, ci costringe alla realtà come per la madre migrante di Dorothea Lange, a un qui e ora che non è un ovunque e per sempre; ci obbliga alla decisione, ci costringe al rischio di scegliere, ci induce alla rinuncia del tutto desiderato da immaginare a favore della concretezza da vivere in un impatto che ferisce e che si offre allo stesso tempo come condizione necessaria per dare continuamente avvio, ogni volta e ogni volta più profondamente, a quel processo avviato alla nascita, che ci posiziona nella realtà.
da La lettura, Francesca Balocco, Il corpo della madre e la libertà del figlio

troppo vasta, troppo tutto, troppo di tutto.
hanno peccato di ingordigia i curatori di questa mostra.
alla sala 18, di 29, ero già finita.
peccato, o torno a rivedere le ultime sale o mi accontento di questa visione claudicante. eppure, le ultime, erano, forse, le più ricche dal punto di vista figurativo.
tant'è.
acune immagini sono notevolissime, di grande impatto, visivo ed emotivo.
strepitoso questo autoritratto, Self Portrait as My Mother Jean Gregory, di Gillian Wearing che si traveste e si fotografa come sua madre, come ai tempi di sua madre, riconoscendo una fusione in lei, un desiderio si somiglianza e continuità.

alcune annotazioni, reperibili su un libretto francamente eccessivo consegnato all'inizio della mostra (al posto di un'audio guida) con indicazioni su autori e opere che richiederebbero 4 ore di lettura e visioni, non sono sempre condivisibili.
per esempio, relativamente a questa famosissima foto di Dorothea Lange i curatori indicano nella foto Migrant Mother l'emblema della forza di una madre che resiste alle difficoltà, parliamo della Grande Depressione americana degli anni '30. io non vedo forza, vedo disperazione, vedo l'annullamento della maternità, l'angoscia che sopprime l'amore, lo sguardo nel vuoto che auspica la morte, l'impossibilità di accudire. questa è una madre che ha abdicato e i suoi figli la piangono come fosse morta, una statua di pietra.
brava Marisa Mori, la sua Ebbrezza fisica della maternità è un omaggio futurista al femminile, proprio quel femminile così denigrato dalla cultura maschile futurista: "noi vogliamo glorificare le belle idee per cui si muore e il disprezzo per le donne", pontificava quel fanatico di Marinetti. 
Rineke Dijkstra, 1994, dalla serie New Mothers fotografa questa mamma, appena mamma, nuova nuova nel suo essere madre, l'assorbente a raccogliere il suo sangue.
c'è tanto, tutto il corpo in questa mostra.
il corpo della Grande Madre.
ammirevole, per colore dimensioni forza espressiva, questa super mamma, Baloon Venus,  incinta, rossa e spaziale di Jeff Koons. che presenza, che portanza, che lucentezza, che mamma!!

travolgente questa installazione di Nari Ward, Amazing Grace, 280 passeggini abbandonati, sporchi, laceri, polverosi. un incubo.
ho camminato oppressa dall'angoscia, mi sembrava di camminare in uno sterminio.
ho pensato alla morte, alla morte dell'infanzia. e ai barboni per le strade, che adottano questi oggetti come mezzi di trasporto dei loro fagotti.
miseria e smarrimento.
che è questa deliziosa creatura che macina povere di stelle e ne nutre la luna?
si tratta di Papilla estellar (pappa stellare) di Remedios Varo, si tratta di una donna sola che alimenta una luna in gabbia, la alimenta di sogni notturni, di paesaggi stellari, si tratta del potere magico e misterioso della donna e del materno.

Boccioni mi impressiona con le sue raffigurazioni potenti della madre. quale monumentale figura nella sua vita: "Natura generatrice di tutte le cose".

qui, le sorelle Brown sono state fotografate ogni anno, dal 1975 ad oggi,  per quasi 40 anni, da Nicholas Nixon. come in Boyhood, questa è un'esperienza di corpo, questa è la testimonianza del tempo, questa è la storia di un legame, che si estenderà oltre la sua fisica conclusione.
Frau mit totem kind (donna con bambino morto) di Kathe Kollwitz.
senza parole, per me, troppo potente per poter dire.

La sua nascita / La sua famiglia / La sua abitazione, la sua casa / Imparare a gattonare […] Il fratello della sua migliore amica/Avere fame dopo aver saltato il pranzo/Imparare ad andare in bicicletta/La luna piena ilumina il cielo notturno  […]Spaventarsi / Andare spesso alle feste / Iscrivere al liceo / Sentire interferenze mentre si parla al telefono […] Specializzarsi in storia all'università/Fidanzarsi/Il suono del giradischi nella stanza accanto/Stare sveglia a guardare l'alba dal tetto/tagliarsi i capelli/Studiare la storia del proprio paese/Sposarsi di pomeriggio/La loro porta di casa/Lasciare l'università  […]Farsi estrarre i denti del giudizio / Guardare la luce rifrangersi attraverso la finestra della cucina / pranzare / Una mattina sulla sua scrivania in ufficio / Sapere che avrà un bambino […] I giorni sembrano correre più veloci / Avere problemi di respirazione / I nuovi mobili del soggiorno / Il marciapiede dietro l’angolo / Toccare il muro/Suo padre muore, dolore improvviso/Il cortile dietro la casa allagato durante una forte pioggia/Guardarsi allo specchio/Il matrimonio di suo figlio […] Guardarsi gli occhi allo specchio / Il pavimento su cui si sta in piedi / Pensare a suo marito / Guardarsi allo specchio / Pensare alla sua morte / La sua morte»
“Senza Titolo, Lista dalla nascita alla morte”, Matt Mullican

LA GRANDE MADRE 
Palazzo Reale Piazza Duomo 12, 
Milano 26 Agosto - 15 Novembre, 2015 
Attraverso le opere di oltre cento artisti internazionali, La Grande Madre analizza l'iconografia e la rappresentazione della maternità nell'arte del Novecento, dalle avanguardie fino ai nostri giorni.
Dalle veneri paleolitiche alle ‘cattive ragazze’ del post-femminismo, passando per la tradizione millenaria della pittura religiosa con le sue innumerevoli scene di maternità, la storia dell’arte e della cultura hanno spesso posto al proprio centro la figura della madre, simbolo della creatività e metafora della definizione stessa di arte. Archetipo e immagine primordiale, la madre e la sua versione più familiare di “mamma” sono anche stereotipi intimamente legati all’immagine dell’Italia.
La Grande Madre è una mostra sul potere della donna: partendo dalla rappresentazione della maternità, l’esposizione passa in rassegna un secolo di scontri e lotte tra emancipazione e tradizione, raccontando le trasformazioni della sessualità, dei generi e della percezione del corpo e dei suoi desideri.

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