si certo, in coda per il pane, scrive Scurati sul Corriere.
siamo in coda per il pane e non lo avremmo mai immaginato.
siamo carichi di gadget inutili, di vestiti da cocktail, di giacche eleganti, di device e di scarpe da centinaia di euro, siamo stati tirati su con le regole di un party in piscina e siamo, in verità, ora, nudi e poveri.
lo siamo sempre stati, e chi lo ha sempre saputo ora se la cava meglio, e chi invece non lo aveva ancora capito ora precipita nel baratro della mancanza, ma adesso siamo in coda per il pane e vale per tutti. non abbiamo più niente, rimane solo il fondo di noi. noi senza le stratificazioni delle nostre identificazioni progressive, noi senza ruolo, senza paraventi sociali, noi.
siamo abbastanza per vivere, noi stessi?
o senza i surplus di godimento non siamo niente?
i proclami della grande città sono spenti e io credo che nulla, io mi auguro, che nulla sarà più come prima. mi auguro che i calciatori guadagnino di meno, e invece molto di più un ballerino della Scala, e infinitamente di più un medico o un infermiere, un vigile del fuoco. mi illudo che i valori sulla scala sociale vengano rivalutati, ad oggi siamo soli nel mondo, immersi nelle grandi immense ingiustizie di questo capitalismo in rotta di collisione.
è tutto sbagliato, no?
lunedì alla coop prima di ripartire per tornare a casa con la mia spesa settimanale si ferma un conducente, lascia la macchina in seconda fila ed esce con la sua sporta della spesa, pensando di cavarsela con i soliti 10 minuti.
entro ed esco, avrà pensato, pensato?, il genio dell'ultima ora.
chi deve uscire con l'auto aspetterà.
un'ora e mezza?
naturalmente il posto per la macchina c'è, ovunque parcheggi vuoti, decine di metri di parcheggi vuoti.
ma per qualcuno il privilegio di comportarsi come una burino arrogante e ignorante è ancora un privilegio da difendere.
come per quei coglioni, gli oligarchi li chiamano, in Russia che si comprano i ventilatori polmonari, privatamente. li vorrei vedere mentre lo vestono annaspando senz'aria. ma sembra si siano comprati anche i medici. qualcuno non smette di sperare che il denaro faccia la differenza.
l'imbecillità è ancorata a certe carni, proprio non ne vuole sapere di sganciarsi, rimane incarnata nell'illusione che la povertà sia degli altri, appartenga agli altri. qualcuno ancora pensa che l'altro non sia lui stesso.
ha ragione Scurati, in un articolo davvero cupo e quasi disperato, siamo in fila per il pane.
ci tocca toccarci le tasche alla ricerca di qualche moneta. ne sarà rimasta qualcuna?
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