àbse
(si dice di qualcosa di gigantesco ma rappresenta anche la vastità del vuoto; dialetto umbro).
Suggerisce questo vocabolo la poetessa Maria Farabbi, nata a Perugia nel 1959, autrice di versi, talvolta anche in dialetto, oltre che di romanzi e saggi; tra i suoi Abse (Il ponte di sale), Il segno della femmina (Lieto colle) e Dentro la O (Kammeredizioni).
«E' una parola che mi rimanda all'epifania di un'abissale vastità: quando mio padre raccontava un fatto, una cosa immensa, che non si poteva immaginare più grande, diceva àbse, e c'era proprio una fisiognomica del volto, che mutava, un'espressione che si allargava, come la meraviglia dei bambini. Ma àbse aveva anche il significato di vuoto: Com'è quella casa? Abse", una casa vuota ».
Come si dice felicità in dialetto- La lettura 5 febbraio 2017
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