Buck riprese i sensi, ma non le forze. Rimase sdraiato là
dov'era caduto e gettò uno sguardo all'uomo dalla maglia rossa.
- "Risponde al nome di Buck", - disse tra sé l'uomo leggendo la
lettera del taverniere che gli annunciava la spedizione della
gabbia e del suo contenuto.- Bene, Buck, ragazzo mio,-
continuò bonariamente, - abbiamo avuto una piccola
conversazione, e la miglior cosa che si possa fare adesso è di
non pensarci più. Tu hai capito qual è il tuo posto e io so qual è
il mio. Se sarai un buon cane, tutto andrà benone, ma se sarai
un cane cattivo, te ne darò quante potrai portarne, capito?
Così parlando gli carezzava senza paura la testa che aveva
colpito così crudelmente, e sebbene il pelo di Buck si ergesse
istintivamente al tocco di quella mano, egli sopportò la carezza
senza protestare. Quando l'uomo gli portò dell'acqua, bevve
avidamente e poi mangiò una generosa porzione di carne cruda,
a pezzo a pezzo, prendendola dalla mano stessa dell'uomo.
Era stato vinto, lo sapeva; ma non prostrato. Capì una volta per
tutte che contro un uomo armato di un bastone non c'era niente
da fare, imparò la lezione e non la dimenticò più per tutta la
vita.
Quel bastone fu una rivelazione: lo introdusse nel regno della
legge primitiva. Le vicende della vita avevano adesso un
aspetto più fiero; ed egli le affrontò con tutta la sagacia
nascosta nella sua intelligente natura. Nei giorni successivi giunsero altri cani, in gabbie o al guinzaglio, alcuni docilmente
altri infuriando e latrando come aveva fatto lui e, ad uno ad
uno, li vide sottomettersi al dominio dell'uomo dalla maglia
rossa. Ogni volta osservò lo spettacolo brutale e si fissò in
mente la lezione: un uomo con un bastone fa legge, è un
padrone che deve essere obbedito anche se non
necessariamente amato. Su questo ultimo punto, Buck non
cadde mai in colpa, sebbene vedesse dei cani che dopo essere
stati picchiati facevano servilmente festa all'uomo,
scodinzolando e leccandogli la mano. Vide anche un cane che
non volle mai cedere né obbedire, e che infine fu ucciso nella
lotta.
sono affascinata dalla lettura de Il richiamo della forersta, Jack London.
sono affascinata, attratta e così stupita che mi sembra di aver scoperto una cosa nuova.
una nuova lettura, un nuovo modo di vedere il mondo, di scrivere e di leggere.
leggo di Buck e del suo modo di vedere gli uomini e di sentire la neve, di imparare dall'esperienza e di sopravvivere nel mondo.
sono stupefatta che si possa scrivere dal punto di osservazione di un cane e di sentirmene così piacevolmente coinvolta.
sono incredula di una capacità di inseguire la verità, da un altro punto di vista.
sono contenta perché leggo di un modo dove gli uomini sono uomini e i cani sono cani, non questa poltiglia immonda attuale in cui i cani, gli animali, sono oggetti di consumo tanto quanto un lecca lecca, dove tutto è stravolto dalla nevrosi imperante, dal desiderio di fare di ogni essere vivente un servo della propria inadeguatezza nel vivere le relazioni, di fare di cani e gatti esseri umani modificati, asserviti, molestati, truccati e travestiti.
basta, mi viene la nausea. è una perversione, la boutique del cane.
Buck è un cane e vive come un cane, è intelligente come un cane, sente gli uomini come un cane, conosce i limiti del suo mondo, lavora, lotta, dorme all'aperto, sopravvive e impara dall'esperienza, ha una sua dignità e il suo modo di riconoscere la realtà e farne buon uso. e gli uomini sono fatti così, come vuoi che siano fatti, usano i cani, a volte li amano, a volte li massacrano, a volte sviluppano con loro relazioni sane, adeguate ai propri ruoli in questo mondo chiamato Terra.
è fantastico, sono elettrizzata, qualcosa mi torna, finalmente.
Giorno e notte la nave vibrava sotto il continuo impulso delle
eliche, e sebbene i giorni scorressero eguali, Buck si accorse
che l'aria diveniva più fredda; infine, un mattino, l'elica si
fermò, e il Narwhal, fu pervaso da un'atmosfera di eccitazione.
Buck se ne accorse al pari degli altri cani, e capì che stava per
avvenire un cambiamento. François mise loro il guinzaglio e li
portò sul ponte. Al primo passo sulla superficie fredda le
zampe di Buck affondarono in qualche cosa di bianco e di
morbido, molto simile al fango. Balzò indietro sbuffando. Una
gran quantità di quel fango bianco si agitava nell'aria. Si
scosse; ma continuava a venirgli addosso. Annusò
curiosamente quella cosa e provò a leccarla. Sembrava fuoco e
subito scompariva. Buck non capiva.
Provò ancora con lo stesso risultato. Intorno a lui quelli che lo
guardavano ridevano forte ed egli si sentì pieno di vergogna
senza sapere perché: era la prima neve che vedeva.