sono arrivata così tardi, peccato, scorrono immagini d'arte che raccontano e reinventano il gesto materno, c'è anche Roberta Scorranese a condurre l'intervista, un vero peccato. si tratterà di vedere bene la Grande Madre a Palazzo Reale.
alla fine della conferenza inizia una performance di Justyna Koeke. chi è? non lo so.
Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci.
la performance mi piace.
una ragazza, praticamente nuda, mutande e maglietta color carne, su sandali con altissimo tacco, si ferma in mezzo alla grande sala d'onore della Trienale.
un'altra donna, immagino Justyna Koeke, inizia una vestizione progressiva della ragazza.
gli oggetti che, molto velocemente, con una frenesia che conosco bene, poggia uno dopo l'altro sono oggetti gonfi, penso di gomma piuma, coloratissimi, rappresentano oggetti disparati della vita quotidiana, di una donna.
di una madre.
si passa da gambe pelose con piedi emormi forniti di unghie pitturate di rosso a torte di compleanno, da ruote di una macchina a vulve rosse cangianti, da fiocchi blu a mammelle rosa con gocce di latte pendenti.
c'è della buona e sana ironia.
c'è della buona e sana ironia.
non manca nulla, dalla quotidianità lavorativa all'intimità più segreta, dalla festosità infantile alla gravosità domestica.
anche i sacchi neri (quelli grandi della spazzatura condominiale) che contenevano gli oggetti vengono aggiunti all'enorme ammontare di tutti gli altri.
la ragazza si è trasformata in un monumento ambulante, il monumento alla maternità ossessiva che non sa rinunciare a niente, un monumento che cammina pure sui tacchi, barcollando, rischiando di cadere, di farsi molto molto male.
too much.
applauso.
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