Cinquantuno
di Giorgio Manganelli
La persona che abita lì, al terzo piano, non esiste. Non intendo dire che l’appartamento è sfitto, o inabitato: intendo dire che la persona che lo abita è inesistente. La situazione per un certo verso è semplice: una persona che non esiste non ha problemi sociali, non deve affrontare la minuta fatica della conversazione con i coinquilini. Se non saluta nessuno, è anche vero che non offende nessuno, e non ha questioni di sorta con alcuno. Ad esempio, nell’appartamento ora abitato dalla persona che non esiste, abitava prima un uomo di imprecisa professione, ma sgradevolmente noto per la sua tendenza a molestare indistintamente tutte le donne che a qualsiasi titolo accostava. Quel che era imbarazzante era proprio il fatto che non si trattava di un vizioso, per sistemare il quale sarebbe bastata una buona lezione: ma di un uomo che si innamorava con innaturale frequenza, aveva sempre intenzioni serie, e desiderava accasarsi, apparentemente con chiunque, anche donne già accasate, anziane madri, canute nonne dalla facile ciarla. In ogni caso, il signore era imbarazzante; tanto che un giorno aveva lasciato il suo appartamento, né aveva più dato notizia di sé. Poiché, dopo qualche tempo, era subentrata la persona inesistente, qualcuno s’era chiesto se tra il signore innamorato e l’inesistente non ci fosse nessun rapporto; e qualcuno disse anzi che l’inesistente altri non era che l’amoroso, da morto; ma gli fecero osservare che un dopomorto, o un fantasma, non ha nulla a che fare con un inesistente. Si sa, da principio ci furono chiacchiere, interrogativi, curiosità: poi, l’estrema discrezione dell’inesistente fece sì che venisse praticamente ignorato; non cercava di sposarsi, non manifestava rissose idee politiche, non sporcava le scale. In certo senso era un inquilino ideale. E qui appunto è cominciato il disagio; un vago cruccio, che minaccia la serenità del caseggiato, dei suoi tranquilli, dignitosi abitanti. Costoro si sentono tutti un poco in colpa, giacché, inevitabilmente, producono rumori, chiacchierano, quando si incontrano, di cose irrilevanti e forse indiscrete, battono i tappeti, sporcano le scale. Essi avvertono nella impeccabile condotta dell’inesistente una continua reprimenda. “Ma chi crede di essere, solo perché non c’è”, mormorano; è chiaro, hanno cominciato a invidiare, presto odieranno, la disinvolta, evasiva perfezione del nulla.
Giorgio Manganelli (1922-1990), Cinquantuno, da CENTURIA, 1979
legge Giole Dix (bel ritmo)
suona Ramin Bahrami (Bach in sintonia)
qualcosa di Manganelli mi ricorda Calvino (che ha scritto la prefazione al libro)
qualcosa di Manganelli mi ricorda Calvino (che ha scritto la prefazione al libro)
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