frammenti.
non una narrazione.
un gran gusto per la fotografia.
tale che pure la guerra sembra bella.
perfino l'ora d'aria dei detenuti di Daesh, quei corpi in arancione che si appaiono e poi disgiungono su un terreno spoglio e sembrano minuscoli in un orizzonte senza fine, mette in risalto l'uomo, solo l'uomo, l'uomo solo, in uno spazio immenso.
ma sono soldati di Daesh. li vediamo poi stipati in uno spazio angusto, uno sopra l'altro, senza luce senza aria. gli stessi soldati descritti dai bambini in orrori senza fine, ritratti sui disegni con fiumi di sangue, gente impiccata, donne massacrate, teste e gambe mozzati, persone bruciate vive, o raccontati dalla voce traumatizzata balbuziente di un bambino di 10 anni.
le donne curde peshmerga si spogliano e si mettono intorno al fuoco che scalda il te.
in un istituto psichiatrico si mette in scena un piccolo spettacolo sulla follia che devasta il medioriente dalla notte dei tempi con i pazienti impegnati nella lettura dei testi.
i fuochi in lontananza dei pozzi petroliferi dell'Iraq infiammano il paesaggio di una bellezza mozzafiato.
diciamo che prevale il lirismo sulla durezza del reale.
non ho portato a casa la devastazione delle lotte ai confini tra Iran Iraq Siria e Kurdistan, ma l'immagine di un'umanità sopravvissuta, traumatizzata e rimpicciolita, in uno spazio strerminato che, invece, appare proprio senza confini.
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