bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

martedì 27 ottobre 2020

il Gigante

 è tutto chiuso.

se anche mi arrivasse, dopo 5 giorni, l'esito del tampone di questa splendida regione della lombardia dell'eccellenza di sto piffero - ripeto CINQUE giorni - non avrei un solo posto dove andare.

quindi si riesumano serie TV, però insomma alla fine basta, oppure vecchi film, oppure oppure.

bene, ieri sera, con il morale a terra, ho visto il Gigante.

filmettino di 3 ore e 20 del 1956.

l'ultimo con James Dean.

uno dei tanti con Rock Hudson e Elisaberh Taylor.

un filmonissimo infinito epico ricco razzista strabordante denaro e boria di quella e questa fanastica America che non finisce mai di stupirmi, e di inorridirmi, e che aspetto al varco il 3 novembre se non si disintegrerà prima sotto il pandemonio apocalittico del coronavirus.

oggi acclamiamo l'arrivo della solita fanatica cattolica integralista antiabortista pistolera di destra Amy Coney Barrett. cara Ruth Bader Ginsburg, ci abbiamo perso non una, ma due volte con la tua insana decisione di andartene. 

tornando al Texas de il Gigante, tutto si svolge nella polvere assolatissima di quella terra sconfinata e, guarda guarda, si butta anhe un occhio sulle popolazioni messicane asservite povere malate e segregate. ed ecco l'occhio benevolo della grande Hollywood che vede la nostra eroina del Maryland (mammamia come si fa a passare dal Maryland al Texas senza finire stabile due volte a settimana nello studio di uno psicoanalista!!), nota come Elisabeth Taylor, occuparsi amorevolmente delle cenciose madri e dei loro rachitici figli mentre è alle prese con un marito conservatore e una sorella gelosa e uno spasimante piuttosto bizzarro, ttrattasi di James, ovviamente. il bel Dean. passano gli anni e i figli crescono e il Texas si riempie di pozzi di petrolio e il nostro Dean si fa una doccia di oro nero e diventa sfondato, da sfigato che era, di soldi e di alcool. i cenciosi messicani defraudati delle loro terre - mettetevi in fila, siete solo gli ultimi di una lunghissima serie di diseredati sottomessi e annientati, non si accettano più reclami, the doctor is out- in fondo sono ancora lì, muri o non muri, al confine con il Texas, in campi profughi di varia disumanità, in fondo si è trattato di una profetica anticipazione.





ovviamente la retorica di cui trasuda il film è la sua disarmante bellezza, ormai abbiamo decodificato tutto e non ci caschiamo più ma l'incrocio tra libertà e tortura, tra spazi e angustie, tra immagine eroica e menzogna narrativa è il marchio di fabbrica di queste produzioni cinematografiche colossali. 

cosa c'è di più irripetibile e consumato, masticato e digerito, dello stivale impolverato e del cappello da texano calcato sulla faccia scanzonata e bastarda di james dean? di un james dean a poche ore dalla sua morte.


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