celeste, dice il titolo dello spettacolo.
è il festival di Danae, dice il titolo della rassegna.
lei è
Raffaella Giordano,
ballerina dal lungo curriculun vitae: si vede, tanta esperienza nella danza contemporanea anche di Pina Bausch, anche di Carolyn Carlson. e molto altro che non conosco.
si vede che nulla è nel caso, nell'occorrenza temporanea, e lei si preoccupa: "sembra una danza spontanea?" chiede all'intervista che segue lo spettacolo.
no, le dico, non sembra, si vede che c'è lavoro, duro lavoro del corpo.
lei è ipnotizzante nello spiegare, e non spiegare, la natura del suo lavoro sul corpo.
le parole, dice, non ce la fanno, e per spiegarisi usa istintivamente il corpo.
diversamente, dice, non sa fare.
non è vero, ci sa fare anche con la parola. ed è chiaro, nel suo dire, che nell'uso del corpo non c'è pensiero, c'è altro. c'è solo corpo, allenato, provato, riprovato, sofferto, gioioso, studiato, ma solo corpo.
è chiaro. io lo capisco, quel che dice.
la sua danza, intendo, è il frutto di una lunga esperienza. penso alla mostra di Carlo Carrà, e poi ancora penso che per raggiungere la propria cifra ci vuole una vita. come Carlo Carrà anche Raffaella Giordano, che è ricca portatrice di danza Carlson e Bausch, alla fine, è approdata alla sua personalissima firma. vorrei dirle questo ma non voglio esagerare.
Celeste. Appunti per natura recita così durante lo spettacolo:
“ (…) Come i fiori nel prato, fanno capolino i temi di sempre. Il vestito come un cielo o come una terra, la campitura di colore dai contorni imprecisi, il segno di una porosità dell’anima. Caro spettatore ti dono questo mio sentiero, specchio riflesso di un canto celeste.” tratto da un libro che l'ha fortemente ispirata, L’estate della collina di J.A. Baker, bizzarro e misterioso scrittore inglese che racconta e descrive unicamente la natura.
io non colgo il celeste, e glielo dico, piuttosto un movimento che richiama suoni e voci e passeggiate diurne, risonanze del giorno, ma in uno spazio chiuso, in una camera, come in un passaggio notturno, forse in un sogno.
al termine dello spettacolo una luce, che non è mai comparsa in scena fino a quel monento, forte brillante e tagliente fa la sua comparsa, sulla sua bella intensa figura, come fosse la luce del mattino che filtra attraverso una finestra. penso a Sangiano, la mia mitologia. allora avevo ragione, penso, è la luce del mattino dopo una notte di sogni e di figure mascherate dell'inconscio. anche il gallo che si sente cantare annuncia il giorno che nasce.
bello, mi dice.
si, sono d'accordo, penso.
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