bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

lunedì 8 giugno 2020

e divorarono, intera, una lepre, col ventre gonfio di figli, afferrata nell’ansia dell’ultima corsa

Coro:
Un decennio è passato: in questo tempo Priamo
ha fatto esperienza di una coppia
spietata di nemici, Menelao e Agamennone.
Essi hanno raggiunto la sua terra
con mille navi, avidi di guerra:
come due avvoltoi
che girano, girano in alto,
facendo fischiare al vento le ali
pazzi di pena,
alla vista, laggiù, dei loro figli.
E un Dio, su loro- Apollo,
o Pan, o Zeus - con stridi d'uccello
guida lo spirito delle Erinni.
Così i figli di Atreo contro Paride
guida Zeus
ed ecco, per colpa di Elena dai molti amanti
quante braccia fiaccate in livide
lotte, quante ginocchia
sulla polvere, quante lance
rotte negli scontri, secondo la sorte
che tocca ora ai Greci ora ai Troiani.
Ciò che accade accade. Ma
il suo fine è necessario.
Né bruciando vittime,
né con libagioni,
si placherà l'ira degli dei.
Noi... noi siamo vecchi, già,
non possiamo adoprarci a lottare,
l'esercito è partito a difendere
il nostro diritto, e ci ha lasciati
quaggiù alle sue spalle.
Ce ne stiamo qua,
con le nostre povere forze,
come bambini.
Che cosa è un vecchio,
quando ogni fogliame muore?
Va su tre gambe, debole
più d'un ragazzo, va
come l'ombra d'un sogno
in pieno sole.
Cosa c’è figlia di Tindaro,
regina Clitennestra? Cosa c’è di nuovo?
Di’, che notizia dà forza
Alla tua speranza?
Perché ardono di offerte gli altari
Degli dei della città,
Spiegami tutto questo: o almeno
Ciò ch’io posso saperne!
Argina l’ansia della mia anima,
che ora smania…
Tutto quello ch’io so è il magico augurio
che salutò un giorno il nostro esercito
alla partenza. Ancora una forza
lasciano alla nostra età gli Dei:
la fede che ispira il canto.
Partirono i due grandi Re dei Greci
partirono a capo della nostra gioventù,
lancia e braccio pronti alla vendetta:
partirono al segno di un presagio
guerriero: due uccelli regali,
-uno tutto nero, uno col dorso bianco –
che apparvero presso il palazzo,
sopra un’altura. E divorarono, intera, una lepre,
col ventre gonfio di figli,
afferrata nell’ansia dell’ultima corsa.
Lugubre, lugubre canto s’intoni: ma il bene trionfi.!
Riconobbe il profeta dell’esercito, Calcante,
nei due divoratori della lepre,
riconobbe subito i due figli di Atreo
uniti nella volontà della vendetta:
e, spiegando quel prodigio, parlò:
“Giornò verrà che la città di Priamo
sarà distrutta da quest’armata pronta a partire;
e quante ricchezze le genti di Troia
avevano accumulate dentro le loro mura
violentemente il destino saccheggerà.
Ma attenti, che non ne nasca
qualche nuovo divino rancore,
e non crei una colpa
sull’esercito pronto a salpare.
Perché, tremante di pietà, la pura
Artemide, innamorata
dei fragili cuccioli d’ogni bestia,
vede gli alati cani del padre
sbranare – ed essa lo vieta –
la sciagurata lepre con i figli nel ventre:
ed essa odia quei pasti delle aquile!”
Così disse Calcante.
Lugubre, lugubre canto s’intoni: ma il bene trionfi.
E io invoco Apollo soccorritore
perché non scateni Artemide
sulle navi greche un vento nemico,
che le blocchi nel porto…
Perché non voglia,
a sua volta un sacrificio orribile,
contro ogni legge della natura
che faccia esplodere l’ira in cuore alla famiglia.
Un oscuro coro guarda questa casa,
le Erinni: esse ricordano, e vogliono
vendicare una vergine…
Lugubre, lugubre canto s’intoni: ma il bene trionfi.
Zeus, se questo è il tuo nome,
se con questo nome vuoi che t’invochi,
ho soppesato ogni cosa:
io non conosco che te,
a sciogliermi veramente
dall’incubo che mi pesa sul cuore.
Urano un tempo fu grande
il petto pieno di potente superbia:
- un giorno non si saprà nemmeno ch’è stato -
Poi venne Kronos: che presto
trovò chi pose fine al suo impero: Zeus.
È stato Lui a darci la ragione,
se è per Lui che vale la legge:
conoscenza attraverso dolore.


ho disperatamente cercato sul web la traduzione di Pasolini dell'Agamennone di Eschilo.
non l'ho trovata, ho postato altro.
ed è quella di Pasolini che l'attrice della Santa Estasi di Latella recita.
la traduzione di Pasolini è poesia.
oltre e più del testo di Eschilo, se mai fosse possibile.
il coro greco, recitato in greco, del gruppo teatrale ha una forza devastante.
e anche quello latino, il cui ritmo è scandito dal battere dei bastoni.
non tutto è all'altezza di alcui passaggi recitativi davvero potenti, come la morte di Agamennone e quella di Cassandra. molto del testo è urlato, sguaiatamente urlato, troppo, davvero troppo.
però ho dei passaggi nella testa..

Nessun commento: